Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16628 del 11/06/2021

Cassazione civile sez. I, 11/06/2021, (ud. 25/02/2021, dep. 11/06/2021), n.16628

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14214/2019 proposto da:

R.M.A., rappresentato e difeso dall’avv. Antonino Novello,

del foro di Catania elettivamente domiciliato preso il suo indirizzo

di posta elettronica ex art. 366 c.p.c., come da precisazione in

ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’Interno, (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CALTANISSETTA, depositato il

20/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

25/02/2021 da Dott. GORJAN SERGIO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

R.M.A. – cittadino del Pakistan – ebbe a proporre ricorso avanti il Tribunale di Caltanissetta avverso la decisione della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Siracusa, che aveva rigettato la sua istanza di protezione internazionale in relazione a tutti gli istituti previsti dalla relativa normativa.

Il ricorrente deduceva d’aver dovuto lasciare il suo Paese poichè attivista di associazione politica che aveva promosso referendum per l’indipendenza del Kashmir e promotore di manifestazioni, poichè esponente locale di spicco del movimento, per tali ragioni era ricercato dalla Polizia.

Il Tribunale nisseno ebbe a rigettare il ricorso poichè ritenne non credibile il racconto reso dal richiedente asilo a giustificazione del suo espatrio; ritenne insussistenti in concreto, e con specifico riguardo alla zona di provenienza del ricorrente, le condizioni previste dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c; mentre in relazione alla domanda di protezione umanitaria riteneva non esser stato fornito elemento alcuno atto a lumeggiare la concorrenza di condizione di vulnerabilità e di apprezzabile inserimento sociale.

Il richiedente protezione ha proposto ricorso per cassazione avverso il decreto reso dal Collegio nisseno articolato su tre motivi.

Il Ministero degli Interni, benchè ritualmente evocato, ha depositato solo nota ex art. 370 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso svolto da R.M. appare inammissibile a sensi dell’art. 360 bis c.p.c. – siccome la norma è stata ricostruita ex Cass. SU n. 7155/17.

Con il primo mezzo d’impugnazione il ricorrente deduce violazione dell’art. 112 c.p.c. e del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5, poichè il Collegio nisseno non ha valutato le sue dichiarazioni circa le ragioni dell’espatrio secondo i parametri legislativi stabiliti al riguardo.

Difatti il suo narrato era verosimile e correlato alle notizie circa la situazione interna del Pakistan gravemente deficitaria in relazione al rispetto dei diritti umani ed alla protezione offerta ai propri cittadini dalla Polizia, come desumibile dai rapporti redatti da Amnesty International.

Con la seconda ragione di doglianza il ricorrente deduce violazione del disposto D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), posto che il Tribunale non ha valutato pienamente la fonte utilizzata per trarre le informazioni sulle quali ha basata la sua valutazione della situazione socio-politica del Kashmir, che in effetti appare connotata da una costante situazione di conflitto armato tra India e Pakistan lungo la linea di demarcazione, siccome desumibile da passi di altri rapporti, redatti da affidabili Organizzazioni internazionali, partitamente ritrascritti nel motivo di censura.

Le due ragioni d’impugnazione – come anche sottolineato dal ricorrente – sono strettamente connesse tra loro, sicchè possono esser esaminate unitariamente ed appaiono inammissibili.

La critica mossa appare generica – in entrambe le censure – posto che si limita ad apodittica contestazione delle statuizioni adottate dal Tribunale senza un effettivo confronto con la motivazione illustrata nel decreto impugnato.

Difatti il Collegio nisseno ha puntualmente indicato le ragioni, in forza delle quali ha ritenuto non credibile il racconto reso dal richiedente asilo, con specifico riguardo alla concreta azione politica sua e di suo fratello ed alla conoscenza della strutturazione del partito politico del quale asserisce d’esser militante in posizione di spicco.

Il Tribunale ha sottolineato come il racconto reso dal richiedente asilo risulta contraddittorio e costantemente mutato e raffinato al fine di colorire la persecuzione di natura politica nel corso delle varie audizioni ed estremamente generico con riguardo ai fatti e contraddittorio circa la condanna all’ergastolo subita, posto che la sentenza risulta pronunciata da Giudice del settore civile e non penale, per giunta in relazione a reato che, secondo le fonti, risulta punito con pena massima di tra, anni di reclusione, nonchè del tutto vago con riferimento alla posizione della linea di demarcazione tra territori del Kashmir controllati dall’India o dal Pakistan.

Tale analitico accertamento operato dal Tribunale non viene attinto da specifica contestazione, limitandosi il ricorrente a proporre mera ricostruzione dogmatica astratta dell’istituto ed a lamentare genericamente che i parametri di valutazione della sua credibilità non erano stati applicati senza anche, in concreto, illustrarne la ragione fondante tale sua asserzione.

Con relazione, poi, alla situazione socio-politica del Kashmir, il Collegio nisseno ha puntualmente richiamato un passo al riguardo presente nel rapporto Easo del 2017 e valutato la specifica situazione della zona di residenza del richiedente asilo in relazione alle notizie attinte da detto rapporto, concludendo che, se anche presenti momenti di frizione tra i due Stati, che si manifestano esclusivamente lungo la linea di demarcazione, tuttavia la situazione sociopolitica nel resto della regione non appare connotata da conflitto armato e violenza diffusa secondo l’accezione data a tale concetto dalla Corte Europea.

A fronte di detta puntuale motivazione, il ricorrente si limita a riportare passi di rapporti internazionali che ricordano il verificarsi di scaramucce e scontri armati lungo la linea di demarcazione e la presenza di atti di violenza e terrorismo, anche a sfondo religioso, nel resto del Pakistan, per poi concludere che la situazione socio-politica rientra nella previsione D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c). Tuttavia la conclusione del Tribunale non risulta incisa dalla mera contestazione mossa dal ricorrente poichè rimasta allo stato di proposizione di tesi alternativa, per giunta priva del necessario confronto con la motivazione resa dal Tribunale in ordine alla specifica situazione personale del R.M. sulla scorta del suo narrato e della zona di sua residenza, non interessata dai fatti accaduti in altre parti del Pakistan.

Con la terza ragione di impugnazione il ricorrente deduce violazione della norma ex art. 112 c.p.c. ed D.P.R. n. 286 del 1998, art. 19 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, con riguardo al diniego della protezione umanitaria, in quanto il Collegio nisseno avrebbe disatteso anche detta sua domanda sulla scorta delle valutazioni fatte in relazione alle altre forme di protezione.

L’argomentazione critica esposta si compendia nell’apodittica contestazione del decisum assunto motivatamente dal Collegio nisseno sulla scorta della mera asserzione che il Giudice di prime cure non ebbe ad esaminare partitamente la specifica domanda, limitandosi a rigettarla sulle base delle medesime argomentazioni utilizzate per disattendere la domanda afferente le altre forme di protezione.

Viceversa il Tribunale ha partitamente esaminato la concorrenza di condizioni di vulnerabilità, escludendo ciò sulla scorta della non credibilità delle dichiarazioni rese dal richiedente asilo circa la sua vicenda personale e le condizioni vita in Patria, anche con riferimento al rispetto dei suoi diritti fondamentali, sulla scorta delle argomentazioni illustrate in occasione dell’esame delle altre forme di protezione chieste.

Il Tribunale siciliano ha, poi, rilevato come il ricorrente non presenta patologie e nemmeno ha fornito elemento alcuno – diverso dalla conoscenza della lingua italiana – al fine di valutare il suo inserimento sociale in Italia.

Alla declaratoria d’inammissibilità dell’impugnazione non segue, ex art. 385 c.p.c., la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di lite di questo giudizio di legittimità stante che l’Amministrazione resistente non s’è regolarmente costituita.

Concorrono in capo al ricorrente le condizioni processuali per l’ulteriore pagamento del contributo unificato.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza in Camera di consiglio, il 25 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 giugno 2021

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