Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16626 del 16/07/2010

Cassazione civile sez. III, 16/07/2010, (ud. 09/06/2010, dep. 16/07/2010), n.16626

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. FEDERICO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 8393/2006 proposto da:

D.V.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA ANTONELLO DA MESSINA 35, presso lo studio dell’avvocato

FUCCI FRANCESCO, rappresentato e difeso dall’avvocato CRISCI

Alessandro con delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

G.D., U.F., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA NOMENTANA 263, presso lo studio dell’avvocato GUADAGNO

Alberto, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato DI

CINTIO LEANDRO con delega in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 782/2005 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

Sezione Prima Civile, emessa il 18/05/2005; depositata il 06/09/2005;

R.G.N. 1231/2003;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

09/06/2010 dal Consigliere Dott. GIOVANNI FEDERICO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto, che ha concluso per inammissibilità o rigetto.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato il 29.12.00 D.V.G. conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Bergamo G.D. e U.F. per sentirli condannare al risarcimento dei danni in via equitativa subiti a causa del loro recesso ingiustificato dalle trattative intercorse con l’attore per la stipula di un contratto di locazione di un immobile di loro proprietà in (OMISSIS) ad un canone di Euro 413,17 mensili.

Il G. eccepiva l’incompetenza territoriale del giudice adito, chiedendo il rigetto nel merito dell’avversa domanda, mentre l’ U. restava contumace.

Il Tribunale rigettava la domanda e, proposto da parte del D. V. appello, resistito da entrambi gli appellati, con sentenza depositata il 6.9.05 la Corte d’appello di Brescia rigettava il gravame.

Avversi detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il D. V., con quattro motivi, mentre gli intimati hanno resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 342 e 345 c.p.c., ed omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo, avendo erroneamente la Corte di merito ritenuto che esso ricorrente avesse introdotto nel giudizio d’appello una nuova causa petendi.

Con il secondo motivo deduce la violazione dell’art. 1327 c.c. e L. n. 431 del 1998, art. 1 ed omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo, avendo la Corte di merito erroneamente ritenuto che nella specie dovesse escludersi l’ipotesi dell’avvenuta stipulazione di un contratto di locazione per mancata produzione del relativo contratto scritto.

Con il terzo motivo deduce ancora la violazione degli artt. 1226, 1337 e 2697 c.c., ed omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo, avendo la Corte d’appello erroneamente ritenuto il difetto di L prova circa l’ammontare del danno lamentato.

Con l’ultimo motivo lamenta la violazione dell’art. 91 c.p.c., ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sul punto in oggetto.

1. Va preliminarmente presa in esame l’eccezione di nullità della notifica del ricorso agli intimati G.D. ed E. F., sollevata dagli stessi nel controricorso in riferimento alla circostanza che tale notifica è stata eseguita ad istanza dell’avv. Alessandro Crisci quale “procuratore di Lombarda srl in persona del legale rappresentante signor B.L.”.

Tale eccezione non può ritenersi fondata.

Infatti, posto che nel caso di specie la notificazione del ricorso è stata eseguita personalmente dal difensore, ai sensi della L. n. 53 del 1994, e che l’indicazione – ad opera del difensore stesso – di una parte assolutamente diversa da quella che ha sottoscritto la procura per l’introduzione del giudizio di cassazione costituisce indubbiamente causa di nullità della notifica medesima, deve però rilevarsi che la nullità in questione risulta certamente sanata per effetto della rituale e tempestiva costituzione degli intimati e, quindi, dall’accertato raggiungimento dello scopo della notifica stessa (Cass. S.U. n. 1242/2000; sez. 3^ n. 8592/2001; sez. 5^ n. 15081/2004).

Le stesse considerazioni valgono anche per l’altra eccezione di nullità della notificazione del ricorso all’intimata E., per essere stata essa eseguita all’avv. Leandro Di Cintio anzichè all’avv. Cesare Di Cintio.

2. Passando ora all’esame dei singoli motivi di censura, si rileva che il primo motivo non è fondato.

Ed invero, la Corte di merito ha spiegato, con motivazione congrua ed immune da vizi logici ed errori giuridici, le ragioni per le quali ha ritenuto che nel caso di specie il D.V. avesse introdotto una nuova causa petendi, con la conseguente inammissibilità della sua domanda ex art. 245 c.p.c., facendo correttamente riferimento alla circostanza che – postulando l’esistenza di un contratto di locazione perfezionatosi tra le parti in modo definitivo anzichè di una semplice promessa di conclusione del medesimo – l’odierno ricorrente abbia introdotto nel giudizio un sostanziale mutamento dei fatti costitutivi del diritto azionato attraverso la modificazione dell’oggetto sostanziale della azione e dei termini della controversia, in modo da porre in essere una pretesa diversa, per la sua intrinseca essenza, da quella fatta valere nel giudizio di primo grado e sulla quale non si è svolto in tale sede alcun contraddittorio.

Infatti, è stato giustamente ritenuto che nell’ipotesi in questione va escluso che ricorra una semplice diversa qualificazione giuridica di uno stesso fatto, dovendosi invece ravvisare l’allegazione di nuove circostanze di fatto e la conseguente prospettazione di un nuovo tema d’indagine e di decisione in relazione al mutato oggetto sostanziale dell’azione.

3. Anche il secondo motivo è manifestamente infondato, in quanto non può muoversi censura alcuna, sia sul piano della violazione di norme di diritto che su quello del vizio motivazionale, al rilievo della sentenza impugnata secondo cui la mancata produzione del contratto di locazione in forma scritta (richiesta ad substantiam ex L. n. 431 del 1998) costituirebbe ulteriore dimostrazione della conclusione tra le parti di una semplice promessa di locare anzichè di un perfetto contratto di locazione.

Se poi sì dovesse condividere, in via di mera ipotesi, l’assunto del ricorrente, secondo cui il raggiungimento di un completo accordo negoziale, ma non ancora espresso nelle forme solenni richieste dalla legge, sarebbe comunque equiparabile – ai fini del risarcimento del danno – alla conclusione in via definitiva del contratto, anche in tal caso l’argomentazione in parola resterebbe insindacabile in quanto logicamente ricompresa nella preclusa introduzione, da parte del ricorrente, di quella nuova causa petendi di cui si discuteva a proposito del primo motivo di ricorso.

4. Il terzo motivo è anch’esso infondato.

Infatti, la sentenza impugnata ha spiegato adeguatamente, con ricorso ad argomentazioni assolutamente logiche ed esenti da errori giuridici, le ragioni in base alle quali ha ritenuto che il ricorrente non avesse fornito la prova dell’ammontare del danno conseguente alla rottura delle trattative contrattuali, facendo correttamente riferimento alla circostanza che nella specie mancassero i presupposti fondamentali per l’esercizio del potere del giudice di liquidare il danno con valutazione equitativa, vale a dire “la prova, oltre che dell’esistenza ontologica del danno, anche dell’impossibilità di provarlo nel suo preciso ammontare”, nonchè l’indicazione degli elementi probatori e dei dati di fatto che potessero consentire quella valutazione.

5. Il quarto motivo è infine manifestamente infondato, in quanto la condanna del ricorrente alle spese di lite in favore degli appellati trova la sua piena legittimazione nella soccombenza del medesimo.

6. Il ricorso va, pertanto, rigettato, con conseguente condanna del ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che liquida, in favore di ciascuno degli intimati, in Euro 1.200,00, di cui Euro 1.000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 9 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 16 luglio 2010

 

 

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