Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16624 del 08/08/2016


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Cassazione civile sez. I, 08/08/2016, (ud. 27/06/2016, dep. 08/08/2016), n.16624

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPPI Aniello – Presidente –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 490-2011 proposto da:

BANCA CR FIRENZE S.P.A. (c.f./p.i. 04385190485), in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA PRISCIANO 28, presso l’avvocato DANILO SERRANI,

rappresentata difesa dall’avvocato ANDREA VINCENZO SPECIALE, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

A.M. S.P.A. IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA, (c.f./p.i.

01148530429), in persona dei Commissario Straordinario pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BARNABA ORIANI 85, presso

l’avvocato VALERIO DI GRAVIO, che la rappresenta e difende, giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ANCONA, depositatoil 17/11/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/06/2016 dal Consigliere Dott. FRANCESCO TERRUSI;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato ANDREA SPECIALE che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato FILIPPO DE LUCA, con

delega, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per l’inammissibilità e la

condanna aggravata alle spese.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il tribunale di Ancona, con decreto in data 17-11-2010, rigettava l’opposizione della Cassa di risparmio di Firenze avverso lo stato passivo della A.M. s.p.a. in amministrazione straordinaria.

Reputava inammissibile la produzione effettuata per la prima volta all’udienza del 14-10-2010, osservando che, ai sensi della L. Fall., art. 99, comma 2, n. 4, era onere del creditore indicare nel ricorso in opposizione, sotto pena di decadenza, i mezzi di prova e i documenti prodotti.

Evidenziava che la banca aveva omesso di allegare le copie della domanda di insinuazione, della comunicazione del decreto opposto e dei documenti allegati nella fase anteriore, con conseguente impossibilità per il collegio di verificare la legittimazione dell’opponente, la tempestività del ricorso e la sua fondatezza nel merito. Ciò soprattutto in ragione della mancata allegazione dei contratti di conto corrente da cui il credito, secondo la postulazione, era originato.

La banca ha proposto ricorso per cassazione, affidandosi a tre motivi illustrati da memoria.

La procedura ha replicato con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Col primo motivo la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 99 e art. 738 c.p.c., sostenendo che il tribunale ha errato, e comunque omesso di motivare, in ordine alla non considerata modifica dell’art. 99 intervenuta col decreto correttivo n. 169 del 2007. In particolare l’eliminazione dell’art. 99, comma 8 avrebbe dovuto essere interpretata come finalizzata a stabilire non la limitazione, ma l’espansione del potere officioso del tribunale in punto di prova, in coerenza con la normativa generale dettata per i procedimenti in camera di consiglio.

In subordine la ricorrente eccepisce l’incostituzionalità della disposizione rispetto agli artt. 24 e 111 Cost., attesa l’impossibilità per il giudice di acquisire quanto necessario per la decisione a integrazione della documentazione già in atti.

– Il motivo è infondato, avendo questa corte già affermato il condivisibile principio per cui, in materia di opposizione allo stato passivo fallimentare, nel regime riformato, il ricorrente deve produrre i documenti di cui intenda avvalersi nel termine stabilito, a pena di decadenza, dall’art. 99, comma 2, n. 4, e l’inosservanza del termine è rilevabile di ufficio inerendo a materia sottratta alla disponibilità delle parti (v. Sez. lA n. 25174-15 e v. anche Sez. 1^ n. 24972-13).

L’esigenza di stretta interpretazione delle norme in materia di decadenza impone di considerare che la L. Fall., art. 99, comma 1, n. 4, allorchè esige 1′ indicazione specifica dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi e dei documenti prodotti, distingue tra prove costituende e prove precostituite. Per le prime è sufficiente la mera indicazione, essendo indiscusso che tali prove non sono espletabili nella fase della verifica dello stato passivo, che ha natura sommaria. Per le seconde (i documenti) è necessaria, a pena di decadenza, la produzione.

Nella specie il tribunale ha accertato che nessun documento era stato prodotto.

3. – Manifestamente infondata è la subordinata questione di costituzionalità.

Essa risulta ancorata a una fuorviante associazione tra il diritto di difesa, il giusto processo e il principio inquisitorio, mentre è del tutto ovvio che anche le norme che contemplano oneri probatori e decadenze sono sintoniche coi principi costituzionali.

4. – Col secondo e col terzo mezzo la ricorrente rispettivamente deduce: (1) violazione e falsa applicazione della L. Fall., artt. 98 e 99, e omessa motivazione del provvedimento, in quanto la domanda di insinuazione era stata parzialmente accolta dal giudice delegato, sicchè l’opponente non aveva alcun onere di dimostrare il rapporto bancario sottostante, già riconosciuto come vero nella prima fase; (2) violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 99, comma 11, e omessa motivazione del decreto impugnato, in quanto il tribunale, tenuto conto dell’essere stata la domanda in parte accolta dal giudice delegato, non aveva adeguatamente motivato in relazione alla specificità dell’opposizione.

5. – Il secondo motivo è infondato.

E’ sufficiente osservare che l’avvenuta parziale ammissione del credito, da parte del giudice delegato, niente toglie alla corretta considerazione del tribunale secondo cui la prova del credito medesimo, per il maggiore importo in effetti vantato, una volta proposta l’opposizione e censurata, quindi, la decisione relativa allo stato passivo, doveva essere fornita dall’opponente. Il terzo motivo è inammissibile, non essendo specificato su quale fatto controverso decisivo il tribunale avrebbe dovuto più concretamente motivare, una volta stabilito che i documenti necessari alla prova del maggior credito non erano stati prodotti.

Spese alla soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese processuali, che liquida in Euro 13.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella percentuale di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione prima civile, il 27 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 8 agosto 2016

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