Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16624 del 04/08/2020

Cassazione civile sez. trib., 04/08/2020, (ud. 04/10/2019, dep. 04/08/2020), n.16624

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. SAIJA Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. CORRADINI Grazia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19740-2015 proposto da:

BAIOCCHI SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA PIAZZALE CLODIO 22, presso lo

studio dell’avvocato DEBORATH FORTINELLI, rappresentata e difesa

dagli avvocati MARCELLO POGGIOLI, GIUSEPPE PIVA, giusta procura a

margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE DOGANE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 74/2015 della COMM. TRIB. REG. dell’Emilia

Romagna, depositata il 15/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/10/2019 dal Consigliere Dott. SALVATORE SAIJA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

STEFANO VISONA’ che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il controricorrente l’Avvocato PALASCIANO che ha chiesto il

rigetto del ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

A seguito di un p.v.c. del 19.5.2008, l’Ufficio delle Dogane di Forlì irrogò a Baiocchi s.r.l. sanzioni amministrative con atto n. (OMISSIS), per aver provveduto ad alcune spedizione di merci soggette ad accisa, peraltro assolta, sia intra-UE che extra-UE (rispettivamente, Malta e Bosnia), ma senza l’emissione del prescritto documento di accompagnamento semplificato (D.A.S.) di cui al Reg. CEE n. 3649/92. Proposto ricorso dalla contribuente, la C.T.P. di Forlì lo accolse con sentenza n. 200/2/10, rilevando come, essendo stata già versata la relativa imposta, l’inosservanza contestata assumeva rilievo meramente formale. Al contrario, la C.T.R. dell’Emilia-Romagna, adita dall’Ufficio, ne accolse l’appello con sentenza del 15.1.2015, rilevando come la contestata violazione, incidendo sulle possibilità di controllo dell’Ufficio nella circolazione di prodotti sensibili, assumeva invece carattere sostanziale, ciò giustificando l’irrogazione della sanzione.

Baiocchi s.r.l. ricorre ora per cassazione, sulla base di un unico motivo, cui resiste con controricorso l’Agenzia delle Dogane.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1 – Con l’unico motivo, si denuncia violazione e/o falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 3, nonchè del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 5-bis, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. La ricorrente sostiene l’erroneità della decisione impugnata laddove la C.T.R. ha escluso la valenza meramente formale della violazione in discorso, tanto più che sia la normativa comunitaria (Reg. CEE n. 3649/92, art. 2, comma 2), sia quella interna (D.M. n. 210 del 1996, art. 9, comma 1), consentono di assolvere l’onere in discorso, in alternativa all’emissione del D.A.S., anche con l’utilizzo di un documento commerciale (fatture, bolle di consegna, lettere di vettura, ecc.), purchè riportanti le medesime indicazioni previste per lo stesso D.A.S.; nella specie, aggiunge la ricorrente, essa era in possesso della documentazione CMR.

2.1 – Il ricorso è in parte inammissibile, in parte infondato.

Il Reg. CEE n. 3649/92 ha istituito l’obbligo della persona responsabile della circolazione intracomunitaria di prodotti soggetti ad accisa, già immessi in consumo in uno Stato membro, di redigere un documento di accompagnamento semplificato (D.A.S.), a fini di controllo, secondo il modello allegato, ovvero (art. 2, comma 2), mediante altro documento commerciale (fattura, bolla, ecc.), purchè riportante gli stessi dati di cui al detto modello. Tale disciplina è confermata dal D.M. n. 210 del 1996, art. 9, il cui comma 1 così recita: “La circolazione degli oli minerali, dell’alcole e delle bevande alcoliche ad accisa assolta, di cui all’art. 12 del testo unico, e dell’alcole denaturato con denaturante generale, fatto salvo quanto disposto al comma 2, avviene con scorta del “Documento di Accompagnamento Semplificato”, d’ora in avanti indicato con la sigla “DAS”, di cui al Reg. (CEE) n. 3649/92, della Commissione, del 17 dicembre 1992. Esso può consistere: a) in un documento amministrativo di accompagnamento, qualora sia conforme al modello allegato al citato regolamento (CEE) n. 3649/92; b) ovvero in un documento commerciale, redatto su un modello di tipo diverso dal precedente, a condizione che contenga le stesse informazioni, contraddistinte dal corrispondente numero di riquadro, previste per il documento amministrativo”. Infine, con specifico riferimento alla casistica che qui interessa (birra), il D.Lgs. n. 504 del 1995 (TUA), art. 49, commi 1 e 2, nel testo applicabile ratione temporis, stabilisce che “1. I prodotti sottoposti ad accisa, anche se destinati ad usi esenti od agevolati, ad esclusione del vino e delle bevande fermentate diverse dal vino e della birra, trasportati senza la specifica documentazione prevista in relazione a detta imposta, ovvero con documento falso od alterato o che non consente di individuare i soggetti interessati all’operazione di trasporto, la merce o la quantità effettivamente trasportata, si presumono di illecita provenienza. In tali casi si applicano al trasportatore ed allo speditore le pene previste per la sottrazione del prodotto all’accertamento o al pagamento dell’imposta. 2. Nei casi di cui al comma 1, se viene dimostrata la legittima provenienza dei prodotti ed il regolare assolvimento dell’imposta, si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro da lire un milione a lire 6 milioni, salvo che per i cali di prodotti in cauzione, per i quali si applicano le specifiche sanzioni previste dal presente testo unico”.

2.2 – Ora, nel caso di specie, con un primo profilo di censura, la ricorrente lamenta il fatto che la stessa normativa prima richiamata non prevede che la redazione del D.A.S. debba essere indefettibile, essendo consentito al responsabile della circolazione del prodotto di munirsi anche di altra documentazione commerciale, purchè riportante gli stessi dati richiesti dal modello allegato al Reg. citato.

Tuttavia, la ricorrente, pur assumendo di essere in possesso di idonea documentazione (“documentazione CMR”, p. 8 del ricorso), non spiega anzitutto se essa sia mai stata prodotta in giudizio e dove sia rinvenibile, omettendo comunque di riportarne il contenuto, anche al fine di consentire a questa Corte di valutare, già dalla mera lettura del ricorso, se la questione possa dirsi rilevante ai fini dell’impugnazione. La censura, dunque, è stata formulata in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 ed è pertanto inammissibile.

2.3 – L’ulteriore profilo del mezzo è invece infondato.

Si assume, infatti, che non può essere irrogata una sanzione quando – come nella specie – la violazione contestata assuma carattere meramente formale, senza che possa configurarsi danno per il Fisco, e ciò in forza della previsione della L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 3, nonchè del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 5-bis.

In proposito, a parte le condivisibili considerazioni della C.T.R. sul carattere strumentale dell’adempimento richiesto, finalizzato ad agevolare i controlli, è lo stesso impianto normativo a sanzionare esattamente e specificamente la mancata emissione di un documento di accompagnamento della merce soggetta ad accisa (si tratti del D.A.S. o di altro idoneo documento commerciale); la mancanza del documento, anzi, determina la presunzione di provenienza illecita, evidentemente superabile mediante prova contraria (v. Cass. n. 24904/2013). Anche nel caso in cui detta prova fosse fornita, peraltro, e sempre che l’accisa fosse stata assolta (come pure pare essere avvenuto nel caso che occupa), il comportamento resterebbe comunque sanzionabile, come espressamente previsto, per detta specifica ipotesi, dall’art. 49, comma 2, TUA.

Insomma, posto che la mancata emissione di idoneo documento concreta la fattispecie sanzionata ex lege, affermarne il rilievo meramente formale (ed invocare, quindi, la normativa in rubrica, specialmente l’art. 10, comma 3, dello Statuto del contribuente) equivarrebbe a ritenere detta norma nella sostanza mai applicabile, il che costituisce, evidentemente, una conclusione tanto paradossale quanto impossibile da seguire, giacchè l’illecito amministrativo in discorso costituisce – per richiamare un concetto penalistico – un illecito “di pericolo”.

3.1 – Il ricorso è dunque rigettato. Le spese di lite, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

In relazione alla data di proposizione del ricorso per cassazione (successiva al 30 gennaio 2013), può darsi atto dell’applicabilità del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite, che liquida in Euro 1.415,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di cassazione, il 4 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2020

 

 

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