Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16621 del 03/07/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 16621 Anno 2013
Presidente: VITRONE UGO
Relatore: PICCININNI CARLO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Nicolì Costruzioni s.r.l.

in persona del legale

rappresentante, elettivamente domiciliata in Roma, via
Pisanelli 2, presso l’avv. Alberto Angeletti, che con
l’avv. Carlo Casciaro la rappresenta e difende giusta
delega in atti; – f. fo

r Of4Zq O 2,07S7- – ricorrente contro

Comune di Muro Leccese in persona del Sindaco,
elettivamente domiciliato in Roma via Casilina 1804,
presso l’avv. Stefano Stefano, rappresentato e difeso
dall’avv. Salvatore Corrado giusta delega in atti;
– controricorrente 4

352
2o t 3

Data pubblicazione: 03/07/2013

Regione Puglia in persona del Presidente della Giunta,
elettivamente domiciliata in Roma, via C. Mirabello 7,
presso l’avv. Laura Mocavero, rappresentata e difesa
dall’avv. Girolamo Tortorelli, giusta delega in atti;
– resistente –

452 del 5.7.2005.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 4.6.2013 dal Relatore Cons. Carlo
Piccininni;
Uditi gli avv. Angeletti per Nicolì e Tortorelli per la
Regione;
Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Immacolata Zeno, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
Con atto di citazione del 18.11.1994 la Nicolì
Costruzioni s.r.l. conveniva in giudizio davanti al
Tribunale di Lecce il Comune di Muro Leccese, per
sentirlo condannare al pagamento di quanto dovuto per
saldo ed interessi moratori, in relazione a lavori di
restauro e di recupero svolti in esecuzione di
contratto di appalto.
Il Comune, costituitosi, chiedeva il rigetto della
domanda e l’autorizzazione a chiamare in causa la

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avverso la sentenza della Corte d’appello di Lecce n.

Regione Puglia, in ragione del duplice rilievo che
l’obbligo di corresponsione di interessi sarebbe stato
escluso da clausola contrattuale ( clausola n. 5 ) e
che comunque il differimento del pagamento sarebbe
stato determinato dal ritardo con cui la detta Regione,

avrebbe erogato le somme necessarie.
La chiamata in causa, a sua volta, eccepiva il proprio
difetto di legittimazione, negava ogni responsabilità sostenendo che il denunciato ritardo sarebbe stato
determinato dal comportamento del Comune, che non si
sarebbe

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attivato tempestivamente per ottenere il

saldo nei modi di legge ” – ed erogava infine il
residuo contributo, così estinguendo la sorte capitale
ma non gli interessi moratori.
Il Tribunale rigettava la domanda con decisione che,
impugnata in via principale dall’attricé ed in via
incidentale dalla Regione, veniva confermata in sede di
gravame.
In particolare, sui diversi punti prospettati al suo
esame la Corte di Appello rilevava: a ) che,
contrariamente a quanto sostenuto, non vi sarebbe stata
ricognizione di debito o confessione da parte del
Comune, in relazione al prospettato debito per
interessi; b ) la società attrice avrebbe rinunciato

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che aveva assunto l’onere del finanziamento dell’opera,

agli interessi moratori per effetto della già citata
clausola contrattuale n. 5; c ) quest’ultima clausola
sarebbe valida, poichè la sanzione di nullità ex art. 4
1. 1981/741 delle pattuizioni in contrato con l’obbligo
di corresponsione degli interessi troverebbe

questione siano previsti come dovuti dal capitolato o
dal contratto, ipotesi viceversa non riscontrabile nel
caso di specie.
Avverso la decisione la Nicolì Costruzioni proponeva
ricorso per cassazione affidato a due motivi, poi
ulteriormente illustrati da memoria, cui resisteva con
controricorso il Comune, mentre la Regione depositava
comparsa di costituzione.
La

controversia

veniva

quindi

decisa

all’esito

dell’udienza pubblica del 4.6.2013.
Motivi della decisione
Con i motivi di impugnazione la Nicolì Costruzioni ha
rispettivamente denunciato:
l ) violazione degli artt. 1309, 1988 c.c. e vizio di
motivazione, con riferimento all’interpretazione della
documentazione prodotta, che sarebbe stata inidonea a
costituire un riconoscimento di debito in ragione del
fatto che si sarebbe trattato di semplici atti interni;
2 ) violazione degli artt. 35 D.P.R. 1063/62, 4 1.

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applicazione nel solo caso in cui gli interessi in

741/81, 4 e 52 1.r. Puglia n. 27/85, 3 e 4 1.r. Puglia
56/86 e vizio di motivazione, per il fatto che il
Capitolato Generale dei Lavori Pubblici sarebbe
richiamato da legge regionale, circostanza da cui
discenderebbe l’applicabilità dell’art. 4 1. 741/81 e,

rinuncia agli interessi moratori.
Osserva il Collegio che è infondato il primo motivo di
impugnazione, con il quale la ricorrente ha denunciato
l’errore in cui sarebbe incorso il giudice del merito
nel ritenere insussistente il prospettato
riconoscimento di debito, nel presupposto asseritamente
errato che si trattasse di atti interni, e quindi
inidonei a rappresentare la volontà dell’ente.
In particolare non è configurabile il ravvisato vizio
di motivazione, in quanto dalla lettura della sentenza
impugnata si evince che la Corte di appello ha
analiticamente preso in esame la documentazione
indicata dall’odierno ricorrente ( p. 4 della sentenza
), documentazione giudicata inidonea a ” vincolare la
pubblica amministrazione nel senso voluto dall’impresa
Nicolì ” ( p. 5 ), trattandosi di atti relativi ” a
fasi diverse dell’esecuzione del contratto di appalto..
o ad atti amministrativi interni ” ( p. 4 ).
La decisione sul punto è dunque sorretta da motivazione

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conseguentemente, la nullità della citata clausola di

sufficiente immune da vizi logici ( rispetto alla
quale, fra l’altro, la Nicolì non si è neppure doluta
dell’inosservanza dei canoni ermeneutici di cui agli
artt. 1362 e segg. c.c. ), e non è pertanto sindacabile
in questa sede di legittimità.

della normativa in tema di ricognizione di debito
atteso che, come questa Corte ha già avuto modo di
rilevare, la ricognizione di debito ha natura di
negozio unilaterale ricettizio, e pertanto la sua
efficacia è subordinata al fatto che essa esca
volontariamente dalla sfera del suo autore e si renda
accessibile al terzo. Ne consegue che l’effetto
normativamente previsto, che si traduce nell’astrazione
processuale della

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causa debendi si verifica

soltanto se la dichiarazione negoziale sia indirizzata
alla persona del creditore ( C. 06/23803, C. 04/13642,
C. 98/130 ), ipotesi incontestabilmente non
verificatasi nel caso di specie.
E’ viceversa fondato il secondo motivo di ricorso, con
il quale la ricorrente ha sostenuto l’applicabilità al
contratto oggetto di giudizio della disciplina dettata
dal capitolato generale che prevede, per la parte di
interesse, la nullità delle clausole di esclusione di
interessi moratori.

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E’ ugualmente insussistente la rappresentata violazione

In particolare la Corte di appello, pur avendo
rilevato che l’art. 4 1. 1981/741 vieta alle parti
di escludere contrattualmente la corresponsione di
interessi dovuti ai sensi degli artt. 35 e 36 del
capitolato generale sugli appalti pubblici, ha

disposizione, per essere questa collegata ,
strettamente al fatto che gli interessi siano
previsti nel capitolato o nel contratto “, ipotesi
non ravvisate nel caso in esame.
In ordine al secondo profilo non possono sorgere
perplessità o riserve alla luce del contenuto della
sopra citata clausola n. 5, con la quale le parti
hanno concordato di escludere la corresponsione di
interessi.
Diversamente deve invece dirsi per il primo aspetto
richiamato, che presuppone l’implicita affermazione
della inapplicabilità del Capitolato Generale dei
Lavori Pubblici, avendo questo valore normativo e
vincolante soltanto per i contratti stipulati dallo
Stato, e non anche per quelli definiti da enti
pubblici diversi, come verificatosi nella specie.
Tale ultima affermazione non è tuttavia
condivisibile nella sua assolutezza, in ragione del
disposto

dell’art.

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1.r.

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Puglia

27/1985,

affermato l’inapplicabilità della citata

intitolato ” Richiamo alle norme statali ” che, per
l’esecuzione delle opere pubbliche o di pubblico
interesse, prevede per l’appunto l’applicazione del
R.D. 25.5.1895, n. 350, del Capitolato Generale di
cui al D.P.R. 16.7.62, n. 1063, e delle altre norme

Risulta dunque errata l’apodittica affermazione
della Corte di Appello, secondo cui il Capitolato
Generale in questione sarebbe certamente
inapplicabile nella specie per la qualità di ente
locale territoriale dell’appaltante ( il giudice
del merito, per vero, non rende esplicita
dichiarazione in tal senso, ma la conclusione
indicata si desume dal tenore dell’argomentazione
svolta ).
Al contrario la richiamata normativa regionale ne
consentirebbe,

in via ipotetica ed astratta,

l’applicazione, circostanza che impone la
cassazione sul punto della sentenza impugnata per
un nuovo esame della Corte territoriale, che dovrà
nel concreto verificare, alla luce della normativa
vigente e del contenuto dell’accordo quale
desumibile dalla documentazione prodotta e dalle
argomentazioni delle parti, se l’art. 4 l. 81/741
sia o meno correttamente evocabile nella

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statali vigenti.

controversia oggetto di esame.
Il Comune per vero ha contrastato le deduzioni
della Nicolì Costuzioni contestandone il merito e
denunciando inoltre l’inammissibilità della
censura, essenzialmente per un duplice ordine di

ricorrente non avrebbe sollecitato declaratoria di
nullità della clausola contrattuale, sicchè sul
punto si sarebbe formato il giudicato; b ) le
argomentazioni, i motivi ed i presupposti giuridici
posti a base del ricorso sarebbero stati
rappresentati per la prima volta in sede di
legittimità e pertanto, essendo nuovi, avrebbero
reso la censura inammissibile.
Entrambi i rilievi sono tuttavia inconsistenti e
devono essere quindi disattesi.
Ed infatti, quanto al primo aspetto, dalla lettura
della sentenza impugnata si desume che il primo
giudice aveva considerato valida la clausola di
rinuncia agli interessi per ritardato pagamento,
ritenendola poi soggetta alla disciplina di cui
all’art. 1341 c.c.
La Corte di

appello aveva

irrilevante

la

questione

stimato quindi
concernente

l’applicabilità o meno dell’art. 1341 sicchè, non

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motivi, e cioè: a ) in sede di appello la

essendovi stata impugnazione sul punto, ogni
ulteriore considerazione al riguardo appare del
tutto ininfluente.
Ugualmente trattata sia in primo che in secondo
grado risulta anche la questione relativa alla

interessi in relazione del disposto dell’art. 4 1.
1981/741 ( pp. 2, 6 e 7 ), circostanza che rende
conseguentemente priva di pregio la doglianza
oggetto di esame.
La conclusione ora rappresentata in ordine al primo
profilo di inammissibilità, consistente come detto
nel fatto che, secondo quanto riferito nella
sentenza impugnata, l’applicabilità del citato art.
4 era stata comunque prospettata fin dall’inizio
del giudizio, determina poi l’infondatezza anche
del secondo aspetto di inammissibilità rilevato.
Nel merito la deduzione sarebbe comunque infondata,
vertendo l’oggetto del giudizio sulla validità o
meno della clausola di esclusione degli interessi e
costituendo, quindi, gli elementi rappresentati al
riguardo semplici profili argomentativi, articolati
a sostegno della domanda di nullità proposta al
giudice deputato a decidere in proposito.
Conclusivamente deve essere rigettato il primo

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/

validità o meno della clausola di esclusione degli

motivo di ricorso, mentre va accolto il secondo.
La sentenza impugnata va conseguentemente cassata
in relazione al motivo accolto, con rinvio alla
Corte di appello di Lecce in diversa composizione,
perché provveda ad una nuova delibazione in ordine

interessi oggetto di giudizio, alla luce delle
indicazioni contenute in motivazione.
Il giudice del rinvio provvederà infine anche alla
liquidazione delle spese del giudizio di
legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il
primo, cassa la sentenza impugnata in relazione al
motivo accolto e rinvia alla Corte di Appello di
Lecce in diversa composizione anche per le spese
del giudizio di legittimità.
Roma, 4.6.2013
Il co sigliere estensore

Il Presidente

alla validità o meno della clausola derogativa di

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