Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16620 del 03/07/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 16620 Anno 2013
Presidente: VITRONE UGO
Relatore: DI VIRGILIO ROSA MARIA

Data pubblicazione: 03/07/2013

PU

SENTENZA

sul ricorso 20979-2006 proposto da:
VITALE

FRANCESCO

(C.F.

VTLFNC52M02G273T),

elettivamente domiciliato in ROMA, PIAllA DEI
CAPRETTARI 70 presso l’avvocato MARTINETTI
MAURIZIO, che lo rappresenta e difende unitamente
all’avvocato NOTO SARDEGNA ERCOLE, giusta procura
2013

in calce al ricorso;
– ricorrente –

927

contro

COMUNE DI MONREALE (C.F. 00231740820), in persona

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del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA DEI GRACCHI 187, presso l’avvocato
MAGNANO DI SAN LIO GIOVANNI, rappresentato e difeso
dall’avvocato RIZZUTO GIROLAMO, giusta procura in
calce al controricorso;

avverso la sentenza n.

controricorrente

709/2005 della CORTE

D’APPELLO di PALERMO, depositata il 23/05/2005;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 28/05/2013 dal Consigliere
Dott. ROSA MARIA DI VIRGILIO;
udito, per il ricorrente, l’Avvocato CATALANO
SALVATORE, con delega, che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso;
udito, per il controricorrente, l’Avvocato RIZZUTO
GIROLAMO che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PASQUALE FIMIANI che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

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Svolgimento del processo
L’ing. Vitale Francesco adiva gli kbitri per ottenere dal
Comune di Monreale il compenso in relazione agli incarichi
di progettazione e direzione dei lavori di completamento

dell’illuminazione pubblica in località Giacalone, e per
la progettazione, direzione, misura e contabilità dei
lavori dell’impianto dell’illuminazione artistica in
alcune vie cittadine, a seguito dell’incarico affidatogli
con le delibere della G.M. del 30/11/1988 e del
25/10/1989, ed annessi disciplinari.
Il Collegio arbitrale, con lodo adottato a maggioranza in
data 17/5/2002,rigettata l’eccezione di prescrizione
avanzata dal Comune, riteneva viziata da inefficacia
sopravvenuta, per effetto dell’art.22 della 1.regionale
10/1993, la clausola, presente in ambedue i disciplinari,
che subordinava il pagamento del corrispettivo
all’avvenuto finanziamento delle opere, e condannava il
Comune al pagamento al Vitale della somma di euro
30.105,55, oltre iva ed interessi al tasso ufficiale di
sconto, per il primo progetto, ed alla somma di euro
20.941,45, oltre iva ed interessi al medesimo tasso, per
l’incarico relativo al secondo progetto, oltre al
pagamento delle spese del procedimento.
Il lodo veniva impugnato dal Comune, e la Corte d’appello
di Palermo, con sentenza in data 16/2- 23/5/2005,
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dichiarata la nullità del lodo arbitrale, giudicando in
sede rescissoria, ha respinto le domande del Vitale,
compensando tra le parti integralmente le spese del
giudizio arbitrale e del giudizio di impugnazione.
La Corte del merito, esclusa la formazione del giudicato

interno sulla invalidità della clausola subordinante il
pagamento del compenso al finanziamento dell’opera, ha
ritenuto la violazione da parte degli Arbitri del
principio di cui all’art.11 delle preleggi, per avere
applicato ai due contratti del 12/10/88 e del 25/10/89, la
normativa innovativa di cui alla 1.regionale 10/1993.
Nel rescissorio, la Corte del merito, premesso che l’art.
13 dei due disciplinari stabiliva che “le somme per
onorario e spese dovute per lo studio e la redazione del
progetto / di cui alla presente convenzione, verranno
corrisposte al professionista soltanto dopo che l’opera
verrà finanziata…”, ha rilevato che nelle due delibere si
dava atto che le opere erano inserite nel piano triennale
delle 00,PP, “con fonte di finanziamento regionale ex 1. r.
36/84″, l’una,” con mutuo con la Cassa DD.PP.”, l’altra.
Ciò posto, la Corte: l) ha ritenuto la clausola non
contraria agli artt. 2233 e 36 Cost., ben potendo le parti
escludere il diritto al compenso del professionista, o
subordinarlo al verificarsi di una condizione, né
ipotizzabile la violazione dell’art.36 Cost., applicabile
solo al lavoro subordinato; 2) ha escluso la natura di
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condizione meramente potestativa e l’inefficacia per la
mancata approvazione specifica per iscritto, ex art.
1341,2 ° comma c.c., ritenendo che la clausola non limitava
la responsabilità del Comune, ma bensì il contenuto del
mandato, né si trattava di schema di contratto utilizzato

per una serie indefinita di rapporti, ed ha ritenuto
inapplicabile ratione temporis l’art. 1469 bis, introdotto
dalla 1. 52/1996.
La Corte palermitana ha escluso la stessa configurabilità
dell’avveramento della condizione per

fictio

iuris,

non

avendo il Comune alla data della stipula interesse
contrario rispetto al professionista; nel resto, ha
evidenziato che non risultavano mai intervenuti i
finanziamenti in oggetto, non suscettibili di prova
comunque a mezzo della chiesta C.T.U.
Ha infine dichiarato inammissibile la domanda volta al
riconoscimento dell’indennizzo per indebito arricchimento,
essendo stata detta domanda dichiarata inammissibile dagli
Arbitri e non avendo proposto il Vitale impugnazione
incidentale sul punto.
Ricorre avverso detta pronuncia Vitale Francesco, sulla
base di cinque motivi( il paragrafo sub VI non costituisce
motivo, trattandosi di mera espositiva del quantum della
pretesa del Vitale).
Si difende il Comune con controricorso.
Motivi della decisione
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1.1.- Con il primo motivo, il ricorrente si duole della
motivazione insufficiente, in relazione alla ritenuta mera
natura di

obiter dictum della statuizione degli Arbitri

sulla invalidità della clausola in oggetto per contrarietà
alle norme imperative di cui agli artt.2233 c.c. e 36

Cost.
1.2.- Il motivo è infondato, atteso che la Corte
d’appello, valutando specificamente l’eccezione di
giudicato interno, sollevata dal Vitale, secondo cui il
lodo si era espresso anche per la nullità

ex tunc della

clausola, ha, con argomentazione congruamente e
logicamente esposta, rilevato che la frase del lodo, pure
espressa tra parentesi, secondo cui la clausola era in
contrasto con principi di rango costituzionale, costituiva
un mero

obiter dictum,

come era reso evidente dalla

riconosciuta efficacia ex nunc,

mentre, ove gli Arbitri

avessero ritenuto la nullità, la pronuncia sarebbe stata
di invalidità

ex tunc.

E di contro a detto specifico

rilievo, nulla ha opposto il ricorrente.
2.1.- Col secondo motivo, il ricorrente si duole del vizio
di falsa applicazione dell’art.11 disp. preliminari al
codice civile, atteso che, come accertato dagli Arbitri,
all’entrata in vigore della 1.regionale 10/93, il rapporto
di cui è causa non aveva ancora esaurito i suoi effetti,
in pendenza della condizione sospensiva, che li aveva
differiti ad un momento successivo.
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2.2.- Il motivo è infondato.
La Corte del merito ha correttamente applicato il
principio di cui all’art.11 delle preleggi, avuto riguardo
alla data di conclusione dei contratti, quale

dies

al

quale fare riferimento per la individuazione della

normativa applicabile; la diversa impostazione del
ricorrente è basata sull’erronea prospettazione degli
effetti ancora in essere del contratto, in quanto
sottoposto all’evento futuro ed incerto del finanziamento.
Ma è agevole rilevare che il fatto generatore delle
obbligazioni è il contratto, ed alla data di conclusione
dello stesso occorre avere riguardo per la individuazione
della normativa applicabile.
Ed infatti, come affermato nelle pronunce 2926/67 delle
S.U., 2433/00 e 14073/02, il principio
dell’irretroattività della legge comporta che la legge
nuova non possa essere applicata, oltre che ai rapporti
giuridici esauriti prima della sua entrata in vigore, a
quelli sorti anteriormente ed ancora in vita se, in tal
modo, si disconoscano gli effetti già verificatisi del
fatto passato o si venga a togliere efficacia, in tutto o
in parte, alle conseguenze attuali e future di esso; lo
stesso principio comporta, invece, che la legge nuova
possa essere applicata ai fatti, agli status e alle
situazioni esistenti o sopravvenute alla data della sua
entrata in vigore, ancorché conseguenti ad un fatto
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passato, quando essi, ai fini della disciplina disposta
dalla nuova legge, debbano essere presi in considerazione
in se stessi, prescindendosi totalmente dal collegamento
con il fatto che li ha generati, in modo che resti escluso
che, attraverso tale applicazione, sia modificata la

disciplina giuridica del fatto generatore.
La nuova legge, pertanto, 252221E9 non può incidere
negativamente sul fatto generatore del diritto alla
prestazione, le cui condizioni di esistenza restano, nel
caso in oggetto, definitivamente regolate dalla clausola
del disciplinare.
3.1.- Col terzo mezzo, sub a), il ricorrente si duole
della violazione e falsa applicazione degli artt. 1418,1 0
comma c.c., 1419 c.c., per avere la Corte palermitana
escluso la nullità per contrasto con le norme imperative
ex artt. 2233 c.c. e 36 Cost.
3.2.- Dette censure sono infondate.
A riguardo, la più recente giurisprudenza,a seguito della
sentenza delle S.U. 18450/05, si è espressa nel senso che
la clausola con cui in una convenzione tra un ente
pubblico ed un ingegnere, al quale il primo abbia affidato
la progettazione di un’opera pubblica, il pagamento del
compenso per la prestazione ree è condizionato alla
concessione di un finanziamento per la realizzazione
dell’opera, è valida in quanto non si pone in contrasto
con il principio di inderogabilità dei minimi tariffari ex
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1. 340/1976, né la clausola, espressione dell’autonomia
contrattuale, viene a snaturare la causa della
prestazione, incidendo sul sinallagma(Cass. 18450/05), né
è pertinente il richiamo all’art.36 Cost., posto che il
precetto della retribuzione proporzionata e sufficiente

non è applicabile al rapporto di lavoro autonomo, ma solo
a quello dipendente, né confligge tale interpretazione con
i precetti costituzionali, avendo la Corte cost., nella
sentenza 75/1964, ritenuto che l’applicazione di detti
principi per il lavoratore autonomo va considerata nel
complesso nei modi e limiti in cui sia accertabile, e non
in relazione alle singole prestazioni in cui si esplica
l’attività del libero professionista (così, tra le ultime,
la pronuncia30590/2011).
4.1.- Col terzo mezzo, sub b), il ricorrente si duole
della esclusione da parte del Giudice del merito della
violazione dell’art.1341, 2 ° comma c.c., sotto il profilo
della violazione di legge e del vizio di motivazione.
4.2.-Le censure sopra esposte sono infondate.
Come affermato nella pronuncia 19000/2004, la clausola
contrattuale che sottoponga il sorgere del diritto al
compenso da parte del professionista incaricato del
progetto di un’opera all’intervenuto finanziamento
dell’opera progettata non limita la responsabilità del
committente il progetto, giacché non influisce sulle
conseguenze del suo eventuale inadempimento, ma piuttosto
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delimita il contenuto del mandato conferito, facendo
derivare i diritti del mandatario dal progetto finanziato
e non dal progetto solo redatto; ne consegue che una
clausola siffatta, non incidendo sulle conseguenze
dell’inadempimento del predisponente, non può ritenersi

vessatoria e non richiede, pertanto, la specifica
approvazione per iscritto.
La Corte del merito ha pertanto reso applicazione del
principio in oggetto; quanto alla censura relativa alla
violazione dell’art.1469 bis c.c., di contro al rilievo
della Corte d’appello, della inapplicabilità della norma
ratione temporis,

il ricorrente non ha opposto alcuna

censura, limitandosi a ripetere la sussistenza della
violazione di detta norma, senza alcuna specifica
argomentazione.
5.1.- Con il quinto motivo, il ricorrente fa valere i vizi
di violazione e falsa applicazione di legge e di
contraddittorietà di motivazione, in relazione alla
reiezione della prospettazione dell’avveramento della
condizione per fictio iuris.
5.2.- Il motivo, in tutte le sue prospettazioni, è
infondato.
Va a riguardo rilevato che la Corte del merito ha reso
corretta applicazione dell’art.1359 c.c., come inteso
dalla giurisprudenza, argomentando congruamente che, con
riferimento alla data di conclusione del contratto, il
10

Comune

non

aveva

interesse

contrario

a

quello

dell’ingegnere, ma bensì concorrente, dato che, ottenendo
il finanziamento, il Comune avrebbe potuto realizzare
convenientemente gli impianti di illuminazione delle
strade cittadine e della frazione di Giacalone.

Ed infatti, come affermato nelle pronunce 6423/03 e
23824/04, la norma dell’art. 1359 c. c., secondo cui la
condizione del contratto si considera avverata qualora sia
mancata per causa imputabile alla parte che aveva
interesse contrario al suo avveramento, non è applicabile
nel caso in cui la parte tenuta condizionatamente ad una
determinata

prestazione

abbia

anch’essa

interesse

all’avveramento di essa; la condizione può ritenersi
apposta nell’interesse di una sola delle parti contraenti
soltanto quando vi sia un’espressa clausola contrattuale
che disponga in tal senso ovvero allorché – tenuto conto
della

situazione

riscontrabile

al

momento

della

conclusione del contratto – vi sia un insieme di elementi
che nel loro complesso inducano a ritenere che si tratti
di condizione alla quale l’altra parte non abbia alcun
interesse;

in mancanza,

la condizione stessa deve

ritenersi apposta nell’interesse di entrambi i contraenti.
Nel resto, le deduzioni del ricorrente sono intese del
tutto genericamente a prospettare il comportamento del

./‘

Comune, che non avrebbe confermato negli anni la richiesta
di finanziamento, ed a reiterare la deduzione di
11

avveramento della condizione, per essere state realizzate
le opere: su detti profili si è pronunciata la Corte del
merito, rilevando che la prova del conseguimento del
finanziamento non sarebbe stata ottenibile a mezzo della
C.T.U., che avrebbe, al più, potuto documentare

dedotti in condizione, e su tali rilievi la parte non ha
svolto censure, limitandosi a ribadire il proprio opposto
convincimento.
6.1.- Il ricorso va pertanto respinto.
Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo,
seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al
pagamento delle spese di lite, liquidate per compenso in
euro 5000,00, oltre euro 200,00 per esborsi; oltre
accessori di legge.
Così deciso in Roma, in data 28 maggio 2013
Il Presidente

l’utilizzazione dei progetti, ma non i finanziamenti

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