Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1662 del 24/01/2020

Cassazione civile sez. lav., 24/01/2020, (ud. 07/11/2019, dep. 24/01/2020), n.1662

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elisa – rel. Consigliere –

Dott. CIRIELLO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27484-2014 proposto da:

I.N.A.I.L. ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI

INFORTUNI SUL LAVORO, C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

IV NOVEMBRE 144, presso lo studio degli avvocati LUCIANA ROMEO,

LUCIA PUGLISI;

– ricorrente –

contro

G.C., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato ORLANDO OLIVIERI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 387/2014 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il n. 27484/2014 R.G.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Con sentenza n. 387 del 15.5.2014 la Corte di appello di Ancona, in riforma della pronuncia del Tribunale della medesima sede, ha accolto la domanda di Carletto G. promossa nei confronti dell’Inail per l’accertamento dell’origine professionale della patologia sofferta (sindrome ansioso depressiva) con conseguente condanna alla costituzione di una rendita nella misura del 40%, respingendo, per il resto, la domanda di risarcimento del danno nei confronti del datore di lavoro, società Preca Brummel;

2. la Corte ha ritenuto, alla luce di una rinnovata consulenza tecnica d’ufficio, la natura professionale della malattia denunciata valutando il danno pari al 40%;

3. per la cassazione della sentenza ricorre l’Inail a tre motivi e il G. resiste con controricorso illustrato da memoria;

4. la trattazione del ricorso, fissato per la camera di consiglio del 29.9.2016, è stata rinviata all’odierna udienza.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. con tre motivi, il ricorrente, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 79 e del D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 13, comma 6, nonchè omessa motivazione su un fatto decisivo discusso tra le parti, avendo, la Corte territoriale, trascurato – ai fini del calcolo della invalidità dell’assicurato – la pregressa inabilità extralavorativa pari al 67%, già presente in sede di assunzione, nell’anno 1995, che determinò il ricorso al collocamento obbligatorio;

2. preliminarmente, non può ritenersi fondata l’eccezione di inesistenza del ricorso promossa dalla controparte sul presupposto della notifica del ricorso per cassazione presso il procuratore del G. revocato e successivamente sostituito in grado di appello, posto che questa Corte, a Sezioni Unite, ha affermato che il luogo in cui la notificazione del ricorso per cassazione viene eseguita non attiene agli elementi costitutivi essenziali dell’atto; ne consegue che i vizi relativi alla individuazione di detto luogo, anche qualora esso si riveli privo di alcun collegamento col destinatario, ricadono sempre nell’ambito della nullità dell’atto, come tale sanabile, con efficacia ex tunc, o per raggiungimento dello scopo, a seguito della costituzione della parte intimata (anche se compiuta al solo fine di eccepire la nullità), o in conseguenza della rinnovazione della notificazione, effettuata spontaneamente dalla parte stessa oppure su ordine del giudice ai sensi dell’art. 291 c.p.c. (sentenza n. 14917 del 2016; successivamente confermata da Cass. n. 23903 del 2018);

3. la notifica del ricorso per cassazione effettuata alla parte presso il procuratore sostituito in grado di appello non è inesistente ma nulla per inesatta individuazione della persona del destinatario, non potendosi ritenere effettuata presso persona e in luogo non aventi alcun riferimento con il destinatario dell’atto; ne consegue che la predetta nullità è sanata ove l’intimato abbia svolto la propria attività difensiva, come è avvenuto nel caso di specie con la notifica del controricorso (in tal senso, Cass. n. 13325 del 2018; Cass. nn. 11485, 10846, 5133 del 2018; Cass. n. 16053 del 2017; precedentemente alla pronuncia delle Sezioni Unite innanzi citate, Cass. n. 21505 del 2014, Cass. n. 16578 del 2008);

4. il ricorso merita accoglimento avendo questa Corte chiarito più volte che in caso di infortunio sul lavoro, se si accerta la sussistenza di fattori patologici preesistenti non aventi origine professionale, il giudice deve, anche di ufficio, fare applicazione del D.P.R. n. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 79 (norma applicabile altresì alle malattie professionali ex art. 131 D.P.R. citato) secondo cui il grado di riduzione permanente dell’attitudine al lavoro causata da infortunio, quando risulti aggravata da inabilità preesistenti derivanti da fatti estranei al lavoro, deve essere rapportata non alla normale attitudine al lavoro ma a quella ridotta per effetto delle preesistenti inabilità, e deve essere calcolata secondo la cosiddetta “formula Gabrielli” espressa da una frazione avente come denominatore la ridotta attitudine preesistente e come numeratore la differenza tra quest’ultima (minuendo) ed il grado di attitudine al lavoro residuato dopo l’infortunio (sottraendo) – senza che abbia rilievo la circostanza che l’inabilità preesistente e quella da infortunio incidano sullo stesso apparato anatomo-funzionale (vedi, per tutte: Cass. n. 6612 del 2017; Cass. n. 689 del 2014; Cass. n. 1890 del 2012; Cass. n. 4512 del 2010; Cass. n. 11703 del 2003; Cass. n. 6573 del 2001; Cass. nn. 13453 e 534 del 1999);

5. l’applicazione della suddetta disposizione – effettuabile anche d’ufficio, ove il consulente tecnico d’ufficio non ne abbia tenuto conto – è finalizzata – previa verifica della reale sussistenza dei suddetti fattori patologici preesistenti – ad ottenere un calcolo del grado di riduzione dell’attitudine al lavoro che sia il più possibile corrispondente al danno effettivamente subito dal lavoratore.

6. nel caso in esame, la Corte territoriale non ha dato alcun conto di come il consulente tecnico d’ufficio abbia applicato la c.d. formula Gabrielli nè ha proceduto, d’ufficio, a considerare il principio formulato nel D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 79 e D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 13, comma 6;

7. in conclusione, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata va cassata e rinviata alla Corte di appello di Ancona, in diversa composizione, che procederà alla valutazione del grado di invalidità del G. secondo il principio innanzi indicato, liquidando altresì le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Ancona, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 7 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 gennaio 2020

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