Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1662 del 19/01/2022

Cassazione civile sez. VI, 19/01/2022, (ud. 26/10/2021, dep. 19/01/2022), n.1662

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LEONE Margherita Maria – Presidente –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18763-2020 proposto da:

ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, rappresentato e difeso

dagli avv.ti ANTONIETTA CORETTI, LELIO MARITATO, ANTONINO SGROI,

CARLA D’ALOISIO ed EMANUELE DE ROSE, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto;

– ricorrente –

contro

P.R., in proprio, ex art. 86 c.p.c., quale avvocato,

elettivamente domiciliata in Roma, presso lo studio dell’avv.

MASSIMO CESARO, Via Savoia 31;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5692/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 8/11/2019, NRG 89/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/10/2021 dal Consigliere Relatore Dott. BELLE’

ROBERTO.

 

Fatto

RITENUTO

CHE:

1. la Corte d’Appello di Napoli ha rigettato il gravame proposto dall’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (di seguito, INPS) nei riguardi della sentenza del Tribunale di Napoli con cui era stata dichiarata l’insussistenza dell’obbligo di Rita P., quale avvocato, al pagamento dei contributi e relative sanzioni alla gestione separata (L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26), per l’anno 2009;

2. la Corte territoriale riteneva, per un verso, che l’INPS non avesse fornito alcuna prova del carattere abituale dell’attività e, nel rilevare come, rispetto ad attività svolta in modo occasionale, l’obbligo di iscrizione alla gestione separata sussistesse solo ove risultasse superato il limite reddituale di 5 mila Euro annui, sosteneva che l’esiguità del reddito nel caso di specie – in cui esso era stato pari ad Euro 2.671,00 nell’anno di riferimento – poteva assurgere ad indice di un’attività occasionale;

3. la Corte riteneva in ogni caso che il credito fosse anche da considerare prescritto, in quanto il termine per il versamento era fissato al 16.6.2010 e quindi l’avviso di addebito notificato il 30.6.2015 era intervenuto oltre il quinquennio, né risultava dedotta una condotta dolosa del professionista, non potendo essere individuato un occultamento giuridicamente rilevante, ai sensi dell’art. 2941 n. 8 c.c., nella mancata compilazione del quadro RR della dichiarazione dei redditi, stante la sussistenza dei poteri ispettivi dell’ente che impedivano di riconoscere nell’inadempimento all’obbligo di dichiarazione un ostacolo insormontabile;

3. l’INPS ha proposto ricorso per cassazione con due motivi, resistito da controricorso di P.R.;

4. la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, e unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. ed entrambe le parti hanno depositato memorie difensive;

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. il primo motivo di ricorso è rubricato come violazione della L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 2631, del D.L. n. 98 del 2011, art. 18, comma 11 e 12, conv. con mod. in L. n. 111 del 2001, del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 53, modificato dal D.Lgs. n. 344 del 2003, della L. n. 576 del 1980, artt. 10,11 e 22, del D.L. n. 269 del 2003, art. 44, comma 2, conv. con mod. in L. n. 326 del 2003, nonché infine del D.L. n. 276 del 2003, art. 61, comma 3, per non avere la Corte territoriale ritenuto che, nonostante il mancato superamento del limite di reddito di cui al citato D.L. n. 269 del 2003, art. 44, l’attività professionale non potesse essere qualificata come abituale, evidenziandosi altresì come la titolarità della partita I.V.A. in capo all’avvocato attestasse, anche ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 1, la predetta abitualità e come non fosse corretto far derivare l’occasionalità dell’attività dal reddito riguardante un singolo anno di esercizio della professione;

2. il motivo è infondato;

3. premesso che l’onere probatorio dei requisiti utili alla pretesa contributiva (e, quindi, dell’abitualità dell’esercizio della professione o di un superamento del limite di reddito di Euro 5.000,00 di cui al D.L. n. 269 del 2003, art. 44, comma 2) spetta all’INPS, si rileva come questa S.C. abbia altresì precisato che, ai fini della prova dell’abitualità, non operano presunzioni legali, ma ogni elemento (misura dei redditi, iscrizione all’albo, accensione della partita IVA, organizzazione materiale predisposta dal professionista a supporto della sua attività, etc.) è valutabile nell’ambito del ragionamento che porta al convincimento indiziario (Euro 4419/2021);

4. in ragione della premessa fatta deve osservarsi che nella decisione in esame il giudice ha ritenuto che non sussistessero i requisiti della abitualità, per la esiguità del reddito prodotto, soggiungendo come l’Inps, risapetto a tale indicatore, non avesse fornito prova della non occasionalità;

5. si tratta, all’evidenza, di una valutazione di merito svolta dal giudice d’appello che in questa sede non può essere inficiata dal denunciato vizio di violazione di legge, come invece fatto dall’Istituto ricorrente.

7. il motivo va dunque disatteso e pertanto, rendendosi definitiva la pronuncia sull’insussistenza dell’obbligo, il secondo motivo, formulato con riferimento ai soli profili riguardanti la questione sulla prescrizione, resta assorbito;

8. le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore della controparte delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.500,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali in misura del 15 % ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello rispettivamente previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 26 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2022

 

 

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