Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16619 del 16/07/2010
Cassazione civile sez. III, 16/07/2010, (ud. 12/05/2010, dep. 16/07/2010), n.16619
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PREDEN Roberto – Presidente –
Dott. PETTI Giovanni Battista – Consigliere –
Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –
Dott. CHIARINI Maria Margherita – Consigliere –
Dott. AMENDOLA Adelaide – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 3632/2006 proposto da:
C.V. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA DEI GOZZADINI 30, presso lo studio dell’avvocato PROSPERINI
Alberto, che lo rappresenta e difende giusta delega a margine del
ricorso;
– ricorrente –
contro
V.F., UNIPOL COMPAGNIA ASSICURATRICE S.P.A.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 9685/2005 del TRIBUNALE di NAPOLI, Sezione
Dodicesima Civile, emessa il 28/5/2005, depositata il 03/10/2005,
R.G.N. 1963/2003;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del
12/05/2010 dal Consigliere Dott. ADELAIDE AMENDOLA;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
APICE Umberto, che ha concluso per l’accoglimento.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1 C.V. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del Tribunale di Napoli in data 3 ottobre 2005 che, in sede di appello, ha condannato V.F. e Unipol s.p.a. in solido tra loro, al pagamento, sulla somma di Euro 1.549,37, già riconosciuta dal Giudice di Pace di Napoli a titolo di ristoro dei danni patiti dall’attore in conseguenza di un incidente verificatosi per colpa del V., della svalutazione monetaria e degli interessi compensativi nonchè di somme, ulteriori rispetto a quelle liquidate dal giudice di prime cure, a titolo di spese processuali, compensando integralmente tra le parti quelle del giudizio di gravame.
2 Il ricorrente ha formulato un solo motivo di ricorso e ha notificato l’atto a V.F. e alla Compagnia Assicuratrice Unipol s.p.a..
Nessuno degli intimati ha svolto attività difensiva.
3 Nell’unico mezzo ha lamentato l’impugnante violazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., ex art. 360 cod. proc. civ., nn. 3 e 5.
Premesso che il proposto appello era stato accolto integralmente, e non già parzialmente, come erroneamente ritenuto dal giudice a quo, critica il ricorrente l’affermazione che gli appellati non avevano dato causa al giudizio di appello, atteso che le modalità di calcolo degli interessi e il riconoscimento della rivalutazione monetaria integrerebbero una questione interpretativa, mentre il regolamento delle spese processuali non sarebbe nella disponibilità delle parti.
3 Le critiche sono fondate.
Mette conto rilevare che, nei giudizi ai quali, ratione temporis, non si applica la L. 28 dicembre 2005, n. 263, che, modificando l’art. 92 cod. proc. civ., ha introdotto l’obbligo del giudice di indicare le ragioni della compensazione delle spese di lite, la decisione di provvedere in tal senso non è censurabile in sede di legittimità, salvo i casi di mancanza assoluta di motivazione – integrando siffatta ipotesi gli estremi della violazione di legge di cui all’art. 92 cod. proc. civ. (confr. Cass. civ. 19 novembre 2007, n. 23993) – ovvero di enunciazione di ragioni palesemente e macroscopicamente illogiche, idonee cioè a inficiare, per la loro inconsistenza o evidente erroneità, lo stesso processo formativo della volontà decisionale (Cass. civ., 11 febbraio 2008, n. 3218).
Nella fattispecie i motivi addotti dal decidente a supporto della scelta operata in dispositivo urtano con l’elementare criterio per cui le spese devono, in via di principio, gravare sul soccombente, nonchè con rilievi di comune buon senso. E’ invero a dir poco ovvio che le questioni controverse implicano problemi interpretativi e che il regolamento delle spese è sottratto alla disponibilità di entrambe le parti, anche di quella che, avendo ragione, non ha dato causa al processo. Non a caso, la giurisprudenza di questa Corte ha già avuto modo di affermare che le spese sostenute dal chiamato in causa su istanza di parte o iussu iudicis, sono legittimamente poste a carico dell’attore soccombente, a nulla rilevando che, questi non abbia formulato domanda alcuna nei confronti del terzo evocato in giudizio (Cass. civ., 21 marzo 2008, n. 7674).
In tale contesto il ricorso deve essere accolto. La sentenza impugnata deve conseguentemente essere cassata in relazione al motivo prospettato. Peraltro, potendo la causa essere decisa nel merito senza ulteriori accertamenti di fatto, ex art. 384 cod. proc. civ., la Corte provvede tout court alla liquidazione delle spese del processo di appello, insieme a quelle del presente giudizio di legittimità, che seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, pronunciando nel merito, liquida le spese del giudizio di appello in Euro 1.200,00 (di cui Euro 200,00 per spese), oltre spese generali e accessori. Condanna gli intimati in solido al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 900,00 (di cui Euro 200,00 per spese), oltre spese generali e accessori.
Così deciso in Roma, il 12 maggio 2010.
Depositato in Cancelleria il 16 luglio 2010