Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16618 del 16/07/2010

Cassazione civile sez. III, 16/07/2010, (ud. 12/05/2010, dep. 16/07/2010), n.16618

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. PETTI Giovanni Battista – Consigliere –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 6359/2005 proposto da:

CONDOMINIO (OMISSIS) (OMISSIS) in persona

dell’amministratore pro tempore Arch. M.C.,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ORAZIO 31, presso lo studio

dell’avvocato TONELLI ORAZIO, rappresentato e difeso dall’avvocato

BOCCARDI Ercole giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

SUD IMPORT SRL in persona del legale rappresentante Sig. T.

M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ASIAGO 8, presso lo

studio dell’avvocato AURELI Stanislao, che la rappresenta e difende

unitamente agli avvocati CICCHETTI RODOLFO, AURELI MICHELE giusta

delega in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

M.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 482/2004 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

Sezione Prima Civile, emessa il 21/11/2003, depositata il 16/03/2004,

R.G.N. 84/1997;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

12/05/2010 dal Consigliere Dott. ADELAIDE AMENDOLA;

udito l’Avvocato ORAZIO TONELLI; udito l’Avvocato STANISLAO AURELI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto, che ha concluso per l’inammissibilità.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 496 del 1986 il Tribunale di Rimini, all’esito di un giudizio civile proposto da Sud Import s.r.l. nei confronti di M.A., giudizio nel quale era intervenuto il Condominio (OMISSIS), che qui ricorre, condannava il M. a corrispondere a Sud Import s.r.l. gli importi richiesti, contestualmente convalidando il sequestro conservativo ottenuto da Sud Import su un immobile di proprietà del debitore.

A seguito di tale pronuncia, convertito il sequestro conservativo in pignoramento, Sud Import promuoveva, nei confronti del M., procedura esecutiva immobiliare, nella quale interveniva altresì, dopo la prima udienza fissata per l’autorizzazione alla vendita, il Condominio (OMISSIS), in vista della realizzazione del proprio credito per spese condominiali non corrisposte.

Venduto il bene all’incanto per una somma insufficiente a soddisfare entrambi i creditori, il credito del Condominio non trovava collocazione nel piano di riparto, ex art. 563 cod. proc. civ., e segg..

In sede di discussione, il Condominio contestava il mancato inserimento del suo credito, sostenendone la natura privilegiata ovvero la prededucibilità.

Con sentenza depositata il 5 novembre 1996, il Tribunale di Rimini, all’esito dell’espletamento del giudizio di opposizione, ex art. 512 cod. proc. civ., dichiarava la natura di credito prededucibile delle spese condominiali per il periodo innanzi indicato.

Interponeva gravame Sud Import s.r.l., chiedendo la conferma del piano di riparto e, quindi, il rigetto dell’opposizione. Il Condominio, costituitosi, resisteva all’impugnazione, proponendo altresì appello incidentale, al fine di ottenere il riconoscimento del privilegio anche sugli interessi maturati nonchè la corretta liquidazione delle spese di primo grado.

Il contraddittorio veniva integrato con la citazione del M., il quale restava contumace.

La Corte d’appello di Bologna, con sentenza del 21 novembre 2003, in riforma della decisione di prime cure respingeva l’opposizione proposta dal Condominio (OMISSIS).

Avverso detta pronuncia ha proposto ricorso per cassazione il soccombente, chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio al giudice di merito per l’esame anche dell’impugnazione incidentale.

Ha resistito con controricorso Sud Import s.r.l. prospettando, in via preliminare, la necessità dell’integrazione del contraddittorio nei confronti di M.A., e, nel merito, insistendo per il rigetto del ricorso.

Con ordinanza in data 13 gennaio 2009 il collegio ha ordinato l’integrazione del contraddittorio nei confronti di M.A..

Fissata per la discussione l’udienza del 12 maggio 2010, il Condominio ha depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 Preliminare e assorbente è l’esame della regolarità del rapporto processuale e la valutazione della idoneità delle attività spiegate dal ricorrente al fine della sua corretta instaurazione. Dalla lettura degli atti, consentita in questa sede in applicazione del principio per cui il giudice di legittimità è giudice anche del fatto tutte le volte in cui venga denunciata la violazione di una norma processuale, emerge che nel giudizio di gravame, con ordinanza del 24 maggio 1999, venne disposta l’integrazione del contraddittorio nei confronti del debitore esecutato e che l’atto di chiamata in causa dello stesso fu successivamente depositato, senza contestazioni di sorta.

Dalla certificazione prodotta all’udienza del 17 giugno 2009 è peraltro emerso che, nelle more del procedimento d’appello, e precisamente in data (OMISSIS), il M. è deceduto. Nè gli eredi sono mai stati evocati nel giudizio davanti a questa Corte.

2 I problemi posti da tale iter processuale si prestano a essere risolti in base ai principi enunciati nella sentenza 16 dicembre 2009, n. 26279 di questa Corte.

Hanno ivi stabilito le sezioni unite che l’atto di impugnazione della sentenza, nel caso di morte della parte vittoriosa, deve essere rivolto e notificato agli eredi, indipendentemente sia dal momento in cui il decesso è avvenuto, sia dal fatto che il soccombente abbia incolpevolmente ignorato l’evento, segnatamente precisando che, ove l’impugnazione sia proposta nei confronti del defunto, non può trovare applicazione la disciplina di cui, all’art. 291 cod. proc. civ..

L’arresto, ripercorsi i vari orientamenti emersi nella giurisprudenza di legittimità, segue, e rivitalizza, quello, più radicale, enunciato nella sentenza 19 dicembre 1996, n. 11394, dichiaratamente discostandosi, invece, dall’indirizzo espresso in altra pronuncia, anch’essa del più alto consesso (sentenza 28 luglio 2005, n. 15783) che, pur evidenziando la volontà legislativa, desumibile dall’art. 328 cod. proc. civ., di adeguare il processo di impugnazione alle variazioni intervenute nelle posizioni delle parti, sia ai fini della notifica della sentenza che del gravame (con piena parificazione, a tali effetti, tra l’evento verificatosi dopo la sentenza e quello intervenuto durante la fase attiva del giudizio e non dichiarato, nè notificato), aveva condizionato, nell’ottica di un’interpretazione costituzionalmente orientata, il dovere di indirizzare l’impugnazione nei confronti del nuovo soggetto effettivamente legittimato – almeno per i processi pendenti alla data del 30 aprile 1995, rispetto ai quali non opera la possibilità di sanatoria dell’eventuale errore incolpevole di cui al nuovo testo dell’art. 164 cod. proc. civ., come sostituito dalla L. n. 353 del 1990 – alla conoscenza o alla conoscibilità dell’evento, secondo criteri di normale diligenza, da parte del soggetto che propone l’impugnazione.

2 Il punto di snodo dell’iter argomentativo seguito dalle sezioni unite, integralmente condiviso dal collegio, è che le esigenze di tutela della buona fede dell’impugnante non possano compromettere il diritto di difesa dell’altra parte, laddove il dovere di indirizzare l’atto di impugnazione nei confronti degli eredi del soggetto deceduto trova il suo fondamento nel basilare principio, già enunciato dall’art. 101 cod. proc. civ., e ora ribadito dal nuovo testo dell’art. 111 Cost., per cui “ogni processo sì svolge nel contraddittorio tra le parti”. Tale principio, hanno esplicitato le sezioni unite, implica e contiene anche quello della “giusta parte”, quale non può evidentemente essere considerata la persona non più in vita, nel cui universum ius sono subentrati i successori.

Consegue da tanto che l’eccezionale deroga introdotta dall’art. 300 cod. proc. civ., che consente la prosecuzione del giudizio nei confronti della parte deceduta, se il suo procuratore non dichiara o notifica l’evento, non può essere ritenuta operante indefinitamente, anche nell’eventuale grado successivo del giudizio, in cui si incardina un nuovo rapporto processuale ulteriore e distinto, ancorchè collegato a quello ormai esaurito con la pronuncia della sentenza. Nè il difetto assoluto della qualità di “giusta parte” nel defunto comporta che all’invalidità derivante dall’instaurazione nei suoi confronti del giudizio di impugnazione può essere posto rimedio mediante lo strumento della rinnovazione, apprestato dall’art. 291 cod. proc. civ., non vertendosi, a ben vedere, in ipotesi di “un vizio che importi nullità nella notificazione della citazione”, qual è quello previsto da detta norma, ma piuttosto di errore incidente sulla vocatio in ius, in quanto rivolta verso un soggetto diverso da quello che avrebbe dovuto esserne il destinatario.

In sostanza le sezioni unite, pur non avendo escluso che possano venire in considerazione (nei processi in cui sono applicabili), al fine di sanare l’eventuale errore incolpevole consistito nell’indirizzare l’impugnazione nei confronti del defunto, anzichè degli eredi, l’art. 164 cod. proc. civ., come modificato dalla L. n. 353 del 1990 (che consente di emendare con effetto retroattivo le nullità della citazione, mediante la sua rinnovazione), o l’art. 153 cod. proc. civ., comma 2, inserito dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 46 (che ammette la rimessione in termini della parte incorsa in decadenze per causa ad essa non imputabile), si sono mosse nella stringente e consequenziale prospettiva che le parti, quando, definito un grado, deve aprirsene un altro, tornano nella situazione in cui si trova l’attore prima di proporre la domanda, e cioè nella condizione di dovere appurare la condizione di colui con il quale intende contrarre il rapporto processuale.

3 Tutto quanto sin qui detto, comporta che l’ordine di integrazione del contraddittorio nei confronti di M.A., andava tout court eseguito nei confronti degli eredi dello stesso, ricordandosi al riguardo che in tema di controversie sulla distribuzione del ricavato di una espropriazione forzata, il debitore è parte necessaria del giudizio (confr. Cass. civ., 13 maggio 2003, n. 7284;

Cass. civ. 14 ottobre 1998, n. 10179); che, come evidenziato dalle sezioni unite nell’arresto citato, la morte è evento ineluttabile sicchè l’eventualità che esso si verifichi nel corso del processo (senza essere dichiarato o notificato dal procuratore) o dopo la pubblicazione della sentenza, non è affatto remota; infine che, in tema di notificazione dell’atto di integrazione del contraddittorio in cause inscindibili, ai sensi dell’art. 331 cod. proc. civ., la sua omissione nel termine assegnato, che ha natura pacificamente perentoria, comporta l’inammissibilità dell’impugnazione (Cass. civ., 26 novembre 2008, n. 28223).

Non ha dunque senso l’evocazione del decesso del litisconsorte quale causa non imputabile della mancata ottemperanza all’ordine del collegio, contenuta nella memoria illustrativa, mentre manifestamente infondati sono prospettati dubbi di legittimità costituzionale degli artt. 512, 102, 331, 371 bis cod. proc. civ., in relazione all’art. 24 Cost.: è sufficiente ricordare, al riguardo, da un lato, che la Corte costituzionale, con riferimento ad analoga questione, sollevata in relazione al combinato disposto dell’art. 163 c.p.c., comma 3, n. 2, art. 164 c.p.c., comma 2 (nel testo anteriore alla riforma del 1990) e art. 359 cod. proc. civ., ha già avuto modo di sottolineare l’impossibilità di operare la reductio ad legitimitatem delle norme impugnate in termini univoci e costituzionalmente obbligati (Corte cost. 4 febbraio 2000, n. 27) e, dall’altro, che la ricostruzione dell’assetto normativo nei termini che si sono esplicitati è stato operato dalle sezioni unite proprio in vista della salvaguardia dei precetti costituzionali, primo fra tutti del principio del giusto processo definitivamente sacramentato nell’art. 111 Cost..

In tale contesto il ricorso deve evidentemente essere dichiarato inammissibile.

Le peculiarità dello sviluppo processuale e la difficoltà delle questioni, solo di recente risolte dalle sezioni unite in termini definitivi ed appaganti consigliano di compensare integralmente tra le parti le spese del giudizio.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio.

Così deciso in Roma, il 12 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 16 luglio 2010

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