Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16618 del 03/07/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 16618 Anno 2013
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: FORTE FABRIZIO

SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 21002 del Ruolo Generale degli
affari civili dell’anno 2006, proposto:
DA
IMMOBILIARE

SILVIA DI COSTETTI SILVIA s.a.s.,

con sede in

Treviso inpersona del legale rappresentante p.t. Silvia
Costetti, elettivamente domiciliata in Roma alla Via Lucrezio
Caro n. 62, presso l’avv. Simone Ciccotti, rappresentata e
difesa, per procura a margine del ricorso notificato il 10
luglio 2006, dall’avv. Luigi Fadalti del foro di Treviso.
030Dtelikb’7.GS RICORRENTE

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CONTRO
FINIMM s.r.1.,

in persona del legale rappresentante p.t. nel

Data pubblicazione: 03/07/2013

giudizio d’impugnazione di lodo svoltosi dinanzi alla Corte
d’appello di Venezia, domiciliato elettivamente in Venezia
Mestre presso l’avv. Davide Berardin, società nello stesso

avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia n. 908
del 10 febbraio – 26 maggio 2005. Udita la relazione del
Cons. dr. Fabrizio Forte e sentito il P.M., in persona del
sostituto procuratore generale dr. Lucio Capasso, che
conclude per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
Con sentenza n. 908 del 26 maggio 2005, la Corte d’appello di
Venezia ha respinto l’impugnazione per nullità proposta dalla
s.a.s. Immobiliare Silvia di Costetti Silvia, del lodo del 21
dicembre 2001 con cui era stato risolto per suo inadempimento
il preliminare di vendita stipulato con la FINIMM s.r.l. ed
essa era stata condannata a pagare a quest’ultima
200.000.000 e accessori, a titolo di risarcimento dei danni.
Il lodo era stato impugnato ai sensi dell’art. 829 n. 4
c.p.c. perché, ad avviso dell’impugnante, gli arbitri avevano
deciso la controversia secondo equità e non secondo diritto.
Il motivo d’impugnazione era stato però rigettato, affermando
la Corte d’appello che il lodo aveva deciso secondo diritto,
qualificando la domanda come di risoluzione per inadempimento
ex art. 1385, 3 ° comma, c.c.
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giudizio rappresentata e difesa dall’avv. Marcello Totara.
C,F.’,03kkStek-0261 INTIMATA

L’impugnante aveva dedotto l’errata qualifica di “essenziale”
riconosciuta dagli arbitri al termine previsto nel contratto
preliminare per la stipula del definitivo, in modo illogico e
senza individuare la volontà delle parti desumibile dal loro

giungendo a una conclusione aberrante perchè non aveva
trovato applicazione l’art. 1370 c.c., che avrebbe imposto
un’interpretazione della clausola sfavorevole alla FINIMM
s.r.l. che l’aveva predisposta.
Il lodo si fondava infatti sul presupposto indimostrato che
la parte sopra indicata era in grado di adempiere la sua
obbligazione e riteneva ingiustificato l’inadempimento della
Immobiliare; la Corte d’appello ha ritenuto motivato il lodo,
a suo avviso fondato su una corretta lettura del contratto e
su una esatta valutazione del comportamento delle parti, in
base a cui si era ritenuta inadempiente la sola Immobiliare
Silvia s.r.1., che ha impugnato la decisione arbitrale e
chiesto una diversa valutazione della condotta delle parti,
inammissibile nel giudizio di impugnazione, che non poteva
decidere su tale comportamento, essendo ad essa preclusa tale
decisione di fatto e di merito.
La stessa Corte ha negato che il lodo avesse disapplicato i
principi in materia di onere della prova, per rigettare la
domanda della Immobiliare Silvia sulla colpa della mancata
stipula del definitivo ) nondovuta alle modalità del pagamento
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comportamento ai sensi del secondo comma dell’art. 1362 c.c.,

che la futura acquirente avrebbe voluto scegliere (assegno
bancario e non circolare), ma solo a imprecisioni catastali e
a impegni del notaio rogante, che avevano determinato il
rinvio della stipula non imputabili in alcun modo alle parti

Si è poi respinto il terzo motivo d’impugnazione sulla
nullità del lodo per violazione dell’art. 829, comma primo e
secondo, c.p.c. e dell’art. 823, comma l, n. 3, dello stesso
codice di rito, per avere gli arbitri erroneamente letto la
clausola n. 12 del contratto, che limitava il risarcimento a
£ 50.000.000, ritenendola mera ripetizione di quella n. 3 che
fissava la caparra confirmatoria nella stessa misura.
Infatti chiara era stata la volontà delle parti di sanzionare
il futuro alienante, che avrebbe dovuto restituire il doppio
della somma ricevuta in caso di suo inadempimento o il futuro
acquirente che avrebbe potuto pretendere una identica
ulteriore somma di quella prevista in contratto, in caso di
mancata stipula del definitivo per colpa di controparte.
La Corte di appello ha ritenuto che gli arbitri hanno
esattamente applicato il terzo comma dell’art. 1385 c.c., per
non avere la FINIMM s.r.l. receduto dal contratto di vendita,
avendone invece chiesto la risoluzione per inadempimento
della s.r.l. Immobiliare Silvia condannata al risarcimento.
Ad avviso della Corte d’appello, il collegio arbitrale aveva
accolto la domanda di risoluzione e risarcitoria della FINIMM
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o ad una sola di esse.

s.r.l. e disposto la restituzione della caparra di £.
50.000.000 e accessori, liquidando quindi esattamente il
risarcimento secondo le regole ordinarie e non nei limiti di
cui alla clausola, per cui la impugnazione doveva, anche per

Immobiliare impugnante.
Per la cassazione di tale sentenza della Corte di appello di
Venezia propone ricorso di unico articolato motivo notificato
il 10 luglio 2006 la Immobiliare Silvia di Costetti Silvia
s.a.s., cui non replica in questa sede la FINIMM s.r.l.
Motivi della decisione
1. Il ricorso della Immobiliare Silvia s.r.l. deduce omessa,
insufficiente o contraddittoria motivazione della sentenza
della Corte di appello di Venezia su punti decisivi della
controversia, in ordine alle censure mosse dalla società con
l’impugnazione del lodo e delle statuizioni di esso, ai sensi
dell’art. 360, comma l, n. 5 c.p.c.
Per la ricorrente si doveva qualificare di mera equità il
lodo con cui s’era risolto il contratto di vendita per un suo
preteso inadempimento ed essa è stata condannata al
risarcimento del danno in favore della società FINIMM, pur in
mancanza di una specifica richiesta in tal senso di questa
ultima che, nelle conclusioni, aveva domandato solo il
risarcimento per l’ammontare di £ 500.000.000, mentre con
l’atto di accesso a giudizio arbitrale aveva chiesto di
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tale profilo, essere rigettata, con condanna alle spese della

rilevare l’inadempimento di controparte per la mancata
stipula del definitivo e di condannare la promittente
venditrice a restituire il doppio della caparra versata ai
sensi dell’art. 1385, 2 ° comma c.p.c., cioè a pagare £

arbitri avevano essi stessi deciso il contenuto equivoco,
prima ancora di provvedere su di essa.
Il lodo aveva rilevato che la caparra confirmatoria aveva
perso la sua funzione di liquidazione anticipata del danno,
per avere scelto la FINIMM l’opzione della domanda di
risoluzione e di risarcimento, senza limitare questo nei
limiti della somme di cui alla clausola del contratto,
chiedendo agli arbitri di ordinare almeno la restituzione
della somma versata a titolo di caparra.
Per la impugnante la Corte di merito aveva emesso una
sentenza con sola motivazione apparente su tale punto
decisivo e non aveva chiarito realmente le ragioni per cui
gli arbitri non avevano tenuto conto della caparra prevista
in contratto quale limite del risarcimento del danno.
Il difetto di motivazione si deduce pure in riferimento al
mancato riconoscimento della qualifica di “essenziale” del
termine di sessanta giorni dalla data del preliminare per la
stipula del definitivo, desumibile anche dalla condotta delle
parti che intendevano dare immediata esecuzione al loro
accordo, anche se di tale volontà delle parti nessuna
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100.000.000, per cui dell’ambigua domanda proposta gli

giustificazione emergeva dal lodo, risultando la stessa solo
dai motivi della sentenza impugnata sulla pretesa natura
“essenziale” di tale termine.
Il collegamento di questo al rischio di inadempimento del

cui la Corte d’appello non ha adeguatamente motivato, per la
qualifica da essa non riconosciuta di “essenziale” al tempo
di sessanta giorni, entro cui doveva essere stipulato il
contratto definitivo.
La Corte d’appello ha accertato la capacità patrimoniale di
FINIMM s.r.l. di adempiere ai suoi obblighi nel termine di
sessanta giorni, senza specifica motivazione su tale punto
decisivo al fine di qualificare inadempiente la Immobiliare
Silvia, per cui, anche per tale profilo, la sentenza deve
essere cassata.
2. Il ricorso, per ogni profilo, propone censure di merito e
di fatto, anzitutto rivolte al lodo e solo in parte relative
alla sentenza della Corte di appello ed già per tali due
ragioni, è inammissibile.
2.1. Per il primo profilo, la ricorrente deduce di non
essersi lamentata con l’impugnazione dell’omessa qualifica
data alla domanda dal collegio arbitrale “di risoluzione e di
risarcimento”, ma del fatto che gli arbitri avevano essi
scelto di definire l’azione come sopra rilevato, senza tener
conto della caparra prevista nella promessa di vendita a
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promittente compratore affermato dal lodo è circostanza su

garanzia del recesso delle parti, della quale dal lodo è
stato solo ordinato il rimborso.
Peraltro, come ripetutamente affermato da questa Corte, fermo
restando il principio del contraddittorio di cui non è

disapplicate le norme della procedura ordinaria ad iniziativa
degli stessi arbitri che nel caso hanno quindi legittimamente
esercitato i loro poteri, sentite le parti.
Il lodo ha condannato al risarcimento del danno la
Immobiliare Silvia, senza dare rilievo alla caparra di cui
alla compravendita, come era certamente possibile in diritto
(Cass. 7 febbraio 2007 n. 27717 e 3 maggio 2004 n. 8320 e sul
rapporto tra regole del processo ordinario e giudizio
arbitrale la recente S.U. 5 maggio 2011 n. 9859).
Il lodo ha deciso la causa sulla base delle domande formulate
dalle parti nel corso del procedimento, non rilevando alcuna
preclusione perché è da escludere ogni assimilazione della
domanda d’arbitrato alla citazione introduttiva del giudizio,
mancando in essa la vocatio in jus e non dovendo applicarsi
l’art. 163 c.p.c.; neppure sono precluse domande nuove o che
mutano quella originaria, perché quest’ultima è solo l’atto
preparatorio del rapporto processuale e deve contenere quindi
solamente la nomina dell’arbitro e la generica formulazione
dei quesiti al collegio arbitrale.
Il lodo ha rilevato che le domande della FINIM s.r.l. si sono
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dedotta la violazione, nel giudizio arbitrale, possono essere

concluse con la richiesta di risoluzione per inadempimento
del preliminare e la condanna di controparte al risarcimento
del danno e tale conclusione di certo è compatibile
pienamente con la decisione in base al diritto in concreto
applicato e non secondo equità, come preteso dalla
impugnazione.
Per tale profilo il ricorso che denuncia l’errato rigetto
della impugnazione dalla Corte di merito è infondato, mentre
è inammissibile, allorché censura la Corte d’appello per
avere ritenuto precluso il motivo d’impugnazione sulla
mancata applicazione dal lodo della caparra concordata dalle
parti a limitazione del danno eventuale da risarcire,
nonostante l’espressa previsione contrattuale di voler
limitare il risarcimento nei limiti di cui a tale clausola
penale.
Per tale profilo, il ricorso non fornisce elementi per
individuare l’iter logico del lodo impugnato sul punto della
disapplicazione della clausola, che prevedeva, come sembra
chiaro, quella che la FINIMM affermava costituire una caparra
nel preliminare di compravendita e richiamava specificamente
gli artt. 3 e 12 del preliminare, che non risultano
compiutamente riprodotti in esso per cui di essi nessuna
interpretazione è possibile in questa sede, non essendo
forniti gli elementi minimi, per superare la decisione
arbitrale, là dove ha escluso che l’art. 12 del contratto
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.

fosse una clausola penale, ai sensi dell’art. 1382 c.c.
La decisione conforme della Corte d’appello su tale punto
decisivo, con rigetto dell’impugnazione che comunque non
poteva fondarsi su una nuova lettura dei fatti e delle

In ordine agli errores in judicando dedotti al collegio
arbitrale, denunciandoli come vizi o mancanze di motivazione,
ma che sembra deducessero la violazione dei canoni
ermeneutici di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., il ricorso è
privo di autosufficienza, non fornendo gli elementi minimi
necessari per superare quanto da esso è dedotto in ordine
all’interpretazione data dagli arbitri e dalla stessa Corte
d’appello del lodo per la sua natura secondo diritto e non di
equità, costituente il punto decisivo della censura
indimostrato dalla parte ricorrente e impugnante.
Anche sulla natura del termine di cui s’è negato il carattere
“essenziale”, la censura è stata ritenuta infondata in sede
di impugnazione e tale resta in questa sede perché nessuna
valutazione di merito era possibile al fine di chiarire detto
carattere del tempo previsto per la stipula del definitivo in
sede di impugnazione del lodo, con la mera deduzione della
volontà delle parti nel porre in contratto la clausola che
tale termine di sessanta giorni imponeva per stipulare il
contratto definitivo.
E’ anche incensurabile in questa sede la valutazione degli
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clausole da parte degli arbitri, è stata quindi corretta.

arbitri sulla capacità della intimata di adempiere ai suoi
obblighi verso la ricorrente, attinente ad un classico
giudizio di merito, non correttamente censurato con la
impugnazione in questa sede, con conseguente preclusione, per

3. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato e nulla
deve disporsi per le spese del giudizio di cassazione in cui
l’intimata non si è difesa.
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso.
Così deciso il 16 maggio 2013 nella camera di consiglio della
prima sezione civile della Corte suprema di cassazione.

tale profilo, del ricorso per cassazione.

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