Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16615 del 16/07/2010

Cassazione civile sez. III, 16/07/2010, (ud. 12/05/2010, dep. 16/07/2010), n.16615

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. PETTI Giovanni Battista – Consigliere –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 19763/2009 proposto da:

V.S.M.E. (OMISSIS),

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CUNFIDA 20, presso lo studio

dell’avvocato BATTAGLIA Monica, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato CARAVAGGIO DOMENICO giusta delega a margine

del ricorso;

– ricorrente –

contro

P.A. (OMISSIS), FATA ASSICURAZIONI DANNI SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 12546/2009 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

di ROMA, Sezione Terza Civile, emessa il 5/3/2009, depositata il

28/05/2009, R.G.N. 26171/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/05/2010 dal Consigliere Dott. ADELAIDE AMENDOLA;

udito l’Avvocato MONICA BATTAGLIA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto, che si riporta alla relazione del relatore.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

1. Considerato in fatto che V.S.M.E. ha impugnato con ricorso per revocazione la sentenza in data 5 marzo/28 maggio 2009, n. 12546, che ha dichiarato inammissibile il ricorso da essa proposto avverso la sentenza della Corte d’appello di Trieste del 25 luglio 2008, mancando la procura speciale di cui all’art. 365 cod. proc. civ.;

2. che col primo motivo la ricorrente ha sostenuto l’erroneità di tale assunto. La decisione sarebbe invero basata sul solo dato fattuale che il ricorso era stato proposto in forza di mandato a margine dell’atto di citazione, benchè con esso la parte avesse delegato l’avvocato Caravaggio a rappresentarla, assisterla e difenderla in ogni stato e grado del presente procedimento e in ogni tipo di gravame, impugnazione o appello, con espressione chiaramente indicativa, dunque, della volontà di far valere le proprie ragioni percorrendo, se necessario, tutti i gradi del giudizio;

3. che, in relazione a tale motivo, la ricorrente ha formulato il seguente quesito di diritto: vero che l’orientamento della Suprema Corte circa la necessità di acquisire la procura speciale per il ricorso in cassazione successivamente al deposito della sentenza della Corte d’appello postula che il legale sottaccia al cliente l’esito sfavorevole della sentenza della Corte d’appello e contrasta con la volontà del cliente che, già all’inizio della causa, decida di affrontare tutti i gradi del giudizio con il rilascio di un’unica procura;

4 che con il secondo motivo V.S.M.E. ha denunciato violazione del diritto di difesa, ex art. 24 Cost., e del diritto al giusto processo in contraddittorio e in condizioni di parità tra le parti, ex art. 111 Cost., perchè la cancelleria della Corte di Cassazione aveva omesso di comunicare al difensore, avvocato Caravaggio, la data dell’udienza di discussione, benchè questi, al momento dell’iscrizione a ruolo della causa, ne avesse fatto formale richiesta. A giudizio della ricorrente del tutto indifferente sarebbe la circostanza che inizialmente ella non aveva eletto domicilio in Roma, perchè la ratio dell’art. 135 disp. att. cod. proc. civ., sarebbe proprio quella di consentire ai difensori non residenti in Roma di avere accesso alle informazioni. L’errore di fatto sarebbe quindi consistito nel ritenere assolto l’obbligo di comunicazione di cui all’art. 377 cod. proc. civ., comma 2, e art. 135 disp. att. cod. proc. civ., da parte della cancelleria, pur in mancanza dell’avviso prescritto da tali norme.

5. che, in relazione a tale motivo, la ricorrente ha concluso formulando il seguente quesito di diritto: vero che l’art. 365 cod. proc. civ., non prevede specificamente il momento in cui la procura speciale debba essere rilasciata e non stabilisce che la procura rilasciata in primo grado per ogni stato e grado del procedimento non risulti essere valida ai fini dell’esperimento del ricorso per cassazione;

6. che, depositata e comunicata la relazione, la parte ha, a sua volta, prodotto memoria;

7. rilevato che il ricorso è inammissibile per le ragioni che seguono:

7.1. anzitutto, posto che la sentenza di cui si chiede la revocazione è stata pubblicata il 28 maggio 2009, prima dell’entrata in vigore della L. 18 giugno 2009, n. 69, al relativo procedimento è applicabile, ratione temporis, l’art. 366 bis cod. proc. civ., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006: detta norma, peraltro attualmente abrogata, è, infatti, ai fini che qui interessano, pienamente operativa, in quanto oggetto di rinvio da parte dell’art. 391 bis, comma 1, laddove dispone che la revocazione è chiesta “con ricorso ai sensi degli articoli 365 e seguenti”; in base ad essa – anche a non volere ritenere necessaria la formulazione di un vero e proprio “quesito di diritto” – l’esposizione di ciascun motivo deve trovare un momento di sintesi (omologo di quel quesito) che individui puntualmente il fatto che si assume oggetto dell’errore e le ragioni per cui l’errore presenta i requisiti previsti dall’art. 395 cod. proc. civ., segnatamente le ragioni della decisività dell’errore stesso (Cass. civ. sez. lavoro, ordinanza n. 5076 del 26 febbraio 2008 Rv. 601892; sez. 3, ordinanza n. 4640 del 28 febbraio 2007, rv.

596344);

7.2 l’errore di fatto revocatorio previsto dall’art. 395 cod. proc. civ., n. 4 – idoneo a costituire motivo di revocazione delle sentenze di cassazione, ai sensi dell’art. 391 bis cod. proc. civ. – deve consistere nell’affermazione o supposizione dell’esistenza o inesistenza di un fatto la cui verità risulti, invece, in modo indiscutibile, esclusa o accertata; deve essere decisivo, nel senso che deve esistere un necessario nesso di causalità tra l’erronea supposizione e la decisione resa; non deve cadere su un punto controverso sul quale la Corte si sia pronunciata; deve infine presentare i caratteri dell’evidenza e dell’obiettività (confr.

Cass. civ. 3^, ord. 28 febbraio 2007, n. 4640);

8. applicati al caso di specie, i principi sopra indicati impongono di ritenere il ricorso inammissibile sotto plurimi profili;

8.1. infatti, con riferimento ai quesiti, quanto al primo, l’assunto secondo cui la necessità di acquisire la procura speciale per il ricorso in cassazione successivamente al deposito della sentenza della Corte d’appello comporterebbe che il legale sottaccia al cliente l’esito sfavorevole della sentenza della Corte drappello è, a dir poco oscuro e contraddittorio, essendo semmai vero il contrario;

8.2. quanto al secondo, poi, il formulato quesito, in ordine alla portata normativa dell’art. 365 cod. proc. civ., e al momento in cui la procura speciale deve essere rilasciata, è assolutamente eccentrico rispetto al denunciato errore revocatorio; e in proposito neppure può la ricorrente giovarsi della formulazione di un nuovo quesito nella memoria depositata ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ., pacifico essendo che i motivi di ricorso non possono essere con questa integrati (confr. Cass. civ. 5 ottobre 2007, n. 20863);

9 in ogni caso, a prescindere dalla ritualità dei quesiti, ciò di cui la ricorrente si duole, nel primo motivo, con argomentazioni ulteriormente ribadite nella memoria, è – non già che la Corte sia incorsa in una falsa percezione della realtà, per avere dichiarato l’inammissibilità del ricorso per mancanza della procura speciale di cui all’art. 365 cod. proc. civ., laddove questa era versata in atti – ma piuttosto l’orientamento seguito in punto di requisiti essenziali di tale procura, quali la necessità che essa sia rilasciata per quel particolare giudizio davanti alla Suprema Corte e, quindi, dopo l’emanazione del provvedimento che si intende impugnare; trattasi, a ben vedere, di preteso errore connesso a una valutazione di diritto espressa dalla Corte, e cioè a una scelta ermeneutica peraltro conforme a una consolidata giurisprudenza di legittimità (confr. Cass. civ., 2 4 giugno 2008, n. 17145);

9.1. con riferimento al secondo motivo, il preteso errore non rientra nell’area normativa di cui agli artt. 395 cod. proc. civ., n. 4 e art. 391 bis cod. proc. civ.: questa Corte ha per vero già avuto modo di esplicitare che la mancata notifica dell’avviso di fissazione dell’udienza di discussione, ai sensi dell’art. 377 cod. proc. civ., costituisce un error in procedendo che non rientra nelle ipotesi di revocazione delle sentenze della Corte di Cassazione, per mancanza del requisito della decisività, non sussistendo un nesso causale diretto fra l’omessa notificazione dell’avviso dell’udienza di discussione e il contenuto della sentenza adottata dalla Suprema Corte;

9.2. resta il fatto che, per quanto è dato evincere dal ricorso, la ricorrente non aveva eletto domicilio in Roma, di talchè l’avviso al difensore venne comunicato con deposito in cancelleria; ora, secondo l’insegnamento delle sezioni unite di questa Corte (Cass. sez. un. 24 luglio 2003 n. 11526; Cass. civ. 24 agosto 2004 n. 16708), in relazione a procedimento in Cassazione in cui il ricorrente non abbia eletto domicilio in Roma, la notifica dell’avviso si perfeziona con la tempestiva consegna nella cancelleria della Corte, ai sensi del combinato disposto dell’art. 366 cpv. cod. proc. civ. e art. 377 cod. proc. civ., mentre l’art. 135 disp. att. cod. proc. civ., che prevede l’invio di copia dell’atto mediante lettera raccomandata al difensore che ne abbia fatto richiesta – con l’uso del termine “copia” e con l’impiego dello strumento della “raccomandata” – rende evidente che la formalità prevista ha funzione informativa e non costitutiva, ponendosi su un piano funzionale equivalente a quello della notizia che il domiciliatario è tenuto ad inviare al domiciliato dell’avviso di udienza pervenutogli;

in definitiva, per le ragioni esposte, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Nulla spese.

Così deciso in Roma, il 12 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 16 luglio 2010

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