Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16614 del 05/07/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 05/07/2017, (ud. 31/05/2017, dep.05/07/2017),  n. 16614

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13957-2016 proposto da:

M.T., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ASIAGO 2,

presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI CIMINO, rappresentata e

difesa dall’avvocato GIAN MARIO FOIS;

– ricorrente –

contro

L.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ATTILIO

FRIGGERI 106, presso lo studio dell’avvocato MICHELE TAMPONI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato TOMASO CAREDDU;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 546/2015 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 31/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 31/05/2017 dal Consigliere Dott. CORRENTI VINCENZO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che:

– M.T. propose opposizione avverso il d.i. emesso, in favore del geom. L.N., a titolo di compensi professionali per attività di progettazione;

– L’opposto si costituì e chiese il rigetto dell’opposizione;

– il Tribunale di Tempio Pausania, rigettate le eccezioni di prescrizione presuntiva e di difetto di legittimazione passiva sollevate dall’opponente, accolse in parte l’opposizione, escludendo il diritto al compenso soltanto per le prestazioni rivelatesi inadeguate;

– sui gravami proposti in via principale dalla Muretti ed in via incidentale dal L., la Corte di Appello di Cagliari confermò la pronuncia di primo grado;

– per la cassazione della sentenza di appello ricorre M.T. sulla base di due motivi;

– resiste con controricorso L.N.;

Atteso che:

– il primo motivo di ricorso (col quale si deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e artt. 115 e 132 c.p.c., per aver la Corte di Appello ritenuto, con riferimento alla progettazione dei 49 appartamenti, che ella non avesse contestato l’avvenuto conferimento dell’incarico al tecnico, laddove tale contestazione era stata sollevata sin dal primo atto difensivo, con la conseguenza che sarebbe stato onere del professionista dimostrare di aver ricevuto l’incarico) è inammissibile, in quanto:

1) in violazione del principio di specificità la ricorrente non coglie l’insieme della ricostruzione del fatto ed omette di trascrivere il proprio primo atto difensivo, in tal guisa precludendo la verifica sulla fondatezza dell’assunto formulato;

2) inconferente è il richiamo operato alla violazione dell’art. 132 c.p.c., il quale si riferisce al contenuto della sentenza;

3) non si è al cospetto della violazione del principio di ripartizione dell’onere probatorio, non avendo la corte territoriale posto a carico della ricorrente l’onere di dimostrare l’intervenuto conferimento dell’incarico, ma avendo chiaramente fatto applicazione del principio di non contestazione di cui all’art. 115 c.p.c., comma 1, valorizzando la circostanza che la M. avesse sottoscritto le istanze relative alla pratica edilizia;

4) il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e, quindi, implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione, come nel caso di specie, di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione. Il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (Sez. U, Sentenza n. 10313 del 05/05/2006 e, di recente, Sez. L, Sentenza n. 195 del 11/01/2016);

il secondo motivo di ricorso (col quale si deduce la errata e contraddittoria motivazione e la falsa applicazione degli artt. 115 e 132 c.p.c., per aver la Corte di Appello escluso che i tre assegni prodotti si riferissero al pagamento parziale della progettazione in sanatoria e manutenzione eseguita dal L.) è manifestamente infondato, in quanto:

1) sottopone alla Corte – nella sostanza – profili relativi al merito della valutazione delle prove, che sono insindacabili in sede di legittimità, quando – come nel caso di specie – risulta che i giudici di merito hanno esposto in modo ordinato e coerente le ragioni che giustificano la loro decisione (richiamando, tra l’altro, il carattere astratto che connota gli assegni bancari), sicchè deve escludersi tanto la “mancanza assoluta della motivazione sotto l’aspetto materiale e grafico”, quanto la “motivazione apparente”, o il “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”, figure queste – manifestazione di violazione di legge costituzionalmente rilevante sotto il profilo della esistenza della motivazione – che circoscrivono l’ambito in cui è consentito il sindacato di legittimità dopo la riforma dell’art. 360 c.p.c. operata dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori – ai sensi del nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, – non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830 e 629831);

2) inconferente è il richiamo operato alla violazione dell’art. 132 c.p.c., il quale si riferisce al contenuto della sentenza;

3) la corte territoriale ha, comunque, fatto corretta applicazione del principio secondo cui, quando il convenuto per il pagamento di un debito dimostri di aver corrisposto una somma di denaro idonea all’estinzione del medesimo, spetta al creditore, il quale sostenga che il pagamento sia da imputare all’estinzione di un debito diverso, allegare e provare di quest’ultimo l’esistenza, nonchè la sussistenza delle condizioni necessarie per la dedotta diversa imputazione, non può trovare applicazione nel caso in cui il debitore eccepisca l’estinzione del debito fatto valere in giudizio per effetto dell’emissione di più assegni bancari, atteso che, implicando tale emissione la presunzione di un rapporto fondamentale idoneo a giustificare la nascita di un’obbligazione cartolare, resta a carico del debitore convenuto l’onere di superare tale presunzione, dimostrando il collegamento tra il precedente debito azionato ed il successivo debito cartolare, con la conseguente estinzione del primo per effetto del pagamento degli assegni (Sez. 3, Sentenza n. 3008 del 28/02/2012; conf. Sez. 2, Sentenza n. 3194 del 18/02/2016);

– il ricorso è congetturale e si oppone alla logica ricostruzione del Giudice.

L’emissione di assegni comporta il riconoscimento del rapporto e la restituzione dimostra che il pagamento non c’era stato.

Donde il rigetto, con conseguente condanna della parte ricorrente, risultata soccombente, al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo;

– ricorrono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, applicabile catione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), per il raddoppio del versamento del contributo unificato.

PQM

 

rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 3200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie ed accessori di legge.

Dichiara la parte ricorrente tenuta al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.

La presente ordinanza è stata redatta con la collaborazione dell’assistente di studio Dott. P.A..

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile, il 31 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2017

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