Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16613 del 05/07/2017

Cassazione civile, sez. VI, 05/07/2017, (ud. 31/05/2017, dep.05/07/2017),  n. 16613

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13432-2016 proposta da:

S.V., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI PRISCILLA

60, presso lo studio dell’avvocato LUCILLA LAURONI, rappresentato e

difeso dall’avvocato DOMENICO TRIPODI;

– ricorrente –

contro

T.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MORDINI

ANTONIO 14, presso lo studio dell’avvocato ANTONINO V.E. SPINOSO,

rappresentato e difeso dagli avvocati RENATO GIORGIO VITETTA e

SALVATORE BARILLA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 261/2015 della CORTE D’APPELLO di REGGIO

CALABRIA, depositata il 20/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 31/05/2017 dal Consigliere Dott. CORRENTI VINCENZO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che:

La Corte d’Appello di Reggio Calabria, riformando la sentenza di primo grado, rigettava la domanda di reintegrazione nel possesso proposta da S.V. nei confronti di T.G., con condanna alla rifusione delle spese di lite di entrambi i gradi giudizio in favore di quest’ultimo.

A sostegno di questa decisione la Corte territoriale evidenziava che le prove raccolte “…non hanno consentito di individuare spazialmente l’oggetto della situazione possessoria dedotta dallo S. e delle violazioni attribuite al T….”, a fronte di una situazione di incertezza derivante dal fatto che i due soggetti in causa avevano il possesso di porzioni di terreno limitrofe e non delimitate da confini. Inoltre affermava che l’istruttoria “…non ha consentito di accertare alcuna delle violazioni attribuite dal ricorrente al T….”, ragione per cui il mancato assolvimento dell’onere probatorio gravante sul ricorrente sia in fase interdittale sia nella fase di merito del ricorso possessorio, imponeva il rigetto della pretesa azionata dallo S..

Avverso questa decisione propone ricorso per cassazione S.V. formulando due distinti motivi. Resiste T.G. con apposito controricorso.

Le parti hanno presentato memorie.

Atteso che:

il ricorrente con il primo motivo di ricorso denunzia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e artt. 1168 e 1170 c.c..

In particolare lamenta che la Corte reggina, a differenza di quanto effettuato dal Tribunale, non ha proceduto a riqualificare l’originaria domanda di reintegra ex art. 1168 c.c. in turbativa del possesso ai sensi dell’art. 1170 c.c., così violando l’art. 112 c.p.c., che impone al giudice al fine di decidere di procedere alla corretta qualificazione della domanda, anche tenendo conto che in materia possessoria vale il principio in base al quale “nel più è compreso il meno”, cioè nella specie l’accertamento della mera turbativa. Inoltre i giudici di appello avrebbero errato nel ritenere che nessun riscontro probatorio era emerso in ordine alle condotte illecite del T., in quanto era stato Io stesso convenuto ad ammetterle.

Con il secondo motivo di ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 e n. 5, la violazione e falsa applicazione degli artt. 1168 e 1170 c.c., in particolare l’omesso esame di punti decisivi del giudizio, ossia che l’individuazione del terreno oggetto di lite non era contestato (il convenuto contestava invece il possesso altrui), e sotto altro profilo che emergeva, anche nell’ipotesi più negativa per lo S., una situazione di compossesso.

I due motivi di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente in quanto entrambi riguardano la corretta applicazione degli artt. 1168 e 1170 c.c., sono manifestamente infondati.

In via preliminare si richiamano i principi espressi da questa Corte nella recente sentenza: Sez. 2, Sentenza n. 19586 del 30/09/2016 (Rv. 641357 – 01), che in massima ha affermato: “In tema di azioni possessorie, la distinzione tra spoglio e molestia riguarda la natura dell’aggressione all’altrui possesso, nel senso che il primo incide direttamente sulla cosa che ne costituisce l’oggetto, sottraendola in tutto o in parte alla disponibilità del possessore, mentre la seconda si rivolge contro l’attività di godimento di quest’ultimo, disturbandone il pacifico esercizio, ovvero rendendolo disagevole e scomodo, altresì costituendo la qualificazione della fattispecie concreta un apprezzamento discrezionale del giudice di merito, da effettuarsi in base alle prove acquisite nel processo e sottratto al sindacato di legittimità ove scevro da vizi logici e di diritto”.

Nel caso di specie si evidenzia che il ricorrente nell’argomentare le sue censure non ha tenuto conto specificatamente delle motivazioni addotte dalla Corte d’Appello, in particolare ove essa ha affermato che l’istruttoria “…non ha consentito di accertare alcuna delle violazioni attribuite dal ricorrente al T…”, argomentazione che si attaglia sia con riguardo a presunte condotte di spoglio sia con riferimento a possibili turbative del possesso altrui.

Appare evidente che si tratta di accertamento di merito, insindacabile in sede di legittimità se non nei ristrettissimi limiti del vizio di motivazione. Va però ricordato che a seguito della riforma dell’art. 360 c.p.c., n. 5 apportata dal D.L. n. 83 del 2012, vi è stata la riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione. (così S.U. n. 8053/2014, Rv.629830; 629831).

Inoltre va evidenziato, quanto alle censure circa la cattiva valutazione da parte del giudice di secondo grado delle prove assunte, che ” qualora il ricorrente, in sede di legittimità, denunci l’omessa valutazione di prove testimoniali, ha l’onere non solo di trascriverne il testo integrale nel ricorso per cassazione, al fine di consentire il vaglio di decisività, ma anche di specificare i punti ritenuti decisivi, risolvendosi, altrimentijl dedotto vizio di motivazione in una inammissibile richiesta di riesame del contenuto delle deposizioni testimoniali e di verifica dell’esistenza di fatti decisivi sui quali la motivazione è mancata ovvero è stata insufficiente o illogica.” (così tra le altre Sez. L. n. 6023 del 2009, Rv. 607268 -01), onere processuale che il ricorrente ha ignorato così violando il cosiddetto principio di specificità del ricorso.

Con la memoria il ricorrente lamenta che non vi è stata pronunzia sulla turbativa ma la sentenza come dedotto, ha operato una valutazione complessiva dell’onere probatorio gravante sul ricorrente, per cui residua, se del caso, l’azione petitoria.

In forza di queste considerazioni il ricorso presentato da S.V. va perciò respinto.

Le spese di lite, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza del ricorrente.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso presentato da S.V. avverso la sentenza della Corte di Appello di Reggio Calabria.

Condanna S.V. a rifondere a T.G. le spese di giudizio che si liquidano in 2900 di cui 2700 per compensi oltre accessori e spese forfettizzate nel 15% dando atto dell’esistenza dei presupposti ex D.P.R. n. 115 del 2002 per il versamento dell’ulteriore contributo unificato.

Ordinanza redatta con la collaborazione dell’assistente di studio Dott. MARRA Giuseppe.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della seconda – sesta sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 31 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2017

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