Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1661 del 19/01/2022

Cassazione civile sez. VI, 19/01/2022, (ud. 14/12/2021, dep. 19/01/2022), n.1661

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21747-2020 proposto da:

M.P., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati

ARCANGELO ZAMPELLA, ALESSANDRO ZAMPELLA;

– ricorrente –

contro

COSTRUZIONI V. DI V.D. E C. SAS;

– intimata –

avverso la sentenza n. 6600/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 18/12/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 14/12/2021 dal Consigliere Relatore Dott.ssa

BOGHETICH ELENA.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Con sentenza n. 6600 depositata il 18.12.2019, la Corte d’appello di Napoli, confermando la pronuncia di primo grado, ha rigettato la domanda proposta da M.P. (e accolto parzialmente la domanda di S.G.), nei confronti della società Costruzioni V. di V.D. e C. s.a.s., per l’accertamento della natura subordinata (e il pagamento delle differenze retributive) dell’attività svolta, in qualità di muratore “pavimentista” dall’agosto 2009 al luglio 2012;

2. nella specie, la Corte territoriale ha ritenuto non fondata la prospettazione del lavoratore circa la natura subordinata del rapporto, considerata la genericità delle deposizioni testimoniali in ordine all’effettivo datore di lavoro, all’esatto periodo lavorativo, alle mansioni espletate;

3. avverso tale statuizione M.P. ha proposto ricorso per cassazione deducendo un motivo di ricorso; la società è rimasta intimata;

4. veniva depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. con l’unico motivo di ricorso si deduce “violazione ovvero omessa e/o insufficiente motivazione, ex art. 360 c.p.c. in relazione all’art. 2094 e degli artt. 115 e 116 c.p.c.”, avendo, la Corte territoriale, effettuato una interpretazione della prova assolutamente non condivisibile a fronte della prova certa, chiara e pacifica della intercorrenza del rapporto di lavoro subordinato con la società chiamata in giudizio: i testimoni hanno dimostrato, senza alcun dubbio, che il M. ha prestato attività alle dipendenze della società dal 21.8.2009 al 16.7.2012 con le mansioni di operaio specializzato pavimentista, con orario 8.00-16.30, con un’ora di intervallo, dal lunedì al venerdì, due volte al mese di sabato 7.00-13.00, non percependo la cassa edile, l’indennità di mensa e trasporto, gli assegni familiari, la retribuzione per il lavoro straordinario svolto, il T.F.R. e le indennità di fine rapporto.

2. Il ricorso è inammissibile.

3. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro come autonomo o subordinato, è censurabile in sede di legittimità soltanto la determinazione dei criteri generali ed astratti da applicare al caso concreto, mentre costituisce apprezzamento di fatto, come tale incensurabile in detta sede, se correttamente motivata, la valutazione delle risultanze processuali che hanno indotto il giudice del merito ad includere il rapporto controverso nell’uno o nell’altro schema contrattuale (cfr, explurimis, Cass. n. 9256 del 2009; Cass. n. 9808 del 2011; Cass. n. 24402 del 2021).

4. Nel caso di specie la Corte territoriale ha sviluppato il proprio iter argomentativo senza arrecare alcun vulnus ai criteri generali ed astratti da applicare al caso concreto in tema di qualificazione del rapporto di lavoro: ha ritenuto che non erano stati acquisiti elementi significativi della subordinazione, qualificata dall’esistenza di un potere direttivo che consente al datore di lavoro di disporre pienamente della prestazione altrui nell’ambito delle esigenze della propria organizzazione produttiva e, dunque, non erano invocabili all’art. 36 Cost. e art. 2094 c.c., non essendo stato dimostrato né chi era l’effettivo datore di lavoro (a fronte di più società appaltatrici nel medesimo cantiere edile), né l’orario di lavoro osservato, né la mansione disimpegnata.

5. Si tratta di apprezzamento condotto in conformità ai principi elaborati in tema dalla Corte di legittimità – secondo cui, in caso di prestazioni elementari o ripetitive, occorre fare ricorso a criteri distintivi sussidiari, quali la continuità e la durata del rapporto, le modalità di erogazione del compenso, la regolamentazione dell’orario di lavoro, la presenza di una pur minima organizzazione imprenditoriale e la sussistenza di un effettivo potere di autorganizzazione in capo al prestatore (ex aliis, Cass. n. 15631 del 2018) – ed alla stregua di argomentazioni congrue quanto alla valutazione delle circostanze ritenute in concreto idonee a far rientrare il rapporto controverso nell’uno o nell’altro schema contrattuale. La statuizione non appare, dunque, inficiata dalle formulate censure.

6. in conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile; in assenza della controparte nulla va disposto a titolo di spese di lite.

7. sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso, nulla spese.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile della Corte di cassazione, il 14 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2022

 

 

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