Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16607 del 03/07/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 16607 Anno 2013
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: CRISTIANO MAGDA

SENTENZA

sul ricorso 4034-2006 proposto da:
VONA CARLO (C.F. VNOCRL41M13H501H), elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA MONTE ZEBIO 2, presso lo
STUDIO LEGALE GALELLA, rappresentato e difeso

Data pubblicazione: 03/07/2013

dall’avvocato PIZZUTELLI MARCO, giusta procura a
margine del ricorso;
– ricorrente –

2013
665

contro

ATER – AZIENDA TERRITORIALE EDILIZIA RESIDENZIALE
DELLA PROVINCIA DI FROSINONE, già ISTITUTO AUTONOMO

l

PER LE CASE POPOLARI, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA ZARA 16, presso l’avvocato
DE CILLA MICHELE, che la rappresenta e difende,

avverso la sentenza n.

1036/2005 della CORTE

D’APPELLO di ROMA, depositata il 07/03/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 18/04/2013 dal Consigliere Dott. MAGDA
CRISTIANO;
udito,

per

il

ricorrente,

l’Avvocato

MARCO

PIZZUTELLI che ha chiesto l’accoglimento del ricorso
(ma rinuncia al secondo motivo);
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PASQUALE FIMIANI che ha concluso per
l’accoglimento del primo motivo di ricorso.

giusta procura a margine del controricorso;
•C
ooADSS80604 ,
– controri correnti

2

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Frosinone, con sentenza del 28.12.01, accolse l’opposizione proposta
dallo IACP provinciale (oggi ATER) contro il decreto ingiuntivo che, ad istanza
dell’architetto Carlo Vona, gli intimava il pagamento della somma di £ 690.191.784 a
titolo di compensi professionali, pretesi in corrispettivo dell’attività di direzione dei

provvedimento monitorio.
L’appello proposto dal soccombente contro la decisione è stato respinto dalla Corte
d’Appello di Roma con sentenza del 7.3.05.
La corte territoriale ha rilevato che il contratto di prestazione d’opera professionale non
era stato stipulato nella richiesta forma scritta ad substantiam, in quanto, anche se vi
era stata un’espressa delibera dello IACP che prevedeva il conferimento delle varie
direzioni lavori al Vona, questa non si era mai tradotta in un atto sottoscritto dal legale
rappresentante dell’ente e dal professionista; ha inoltre ritenuto che, nella specie, il
contratto dovesse essere consacrato in un unico documento e non potesse ritenersi
concluso ai sensi dell’art. 1326 c.c., mediante lo scambio per iscritto di proposta ed
accettazione; ha infine dichiarato l’inammissibilità della domanda di indebito
arricchimento proposta per la prima volta dall’architetto con l’atto di citazione in
appello.
Carlo Vona ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, affidato a quattro
motivi, cui l’ATER ha resistito con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1) Con il primo motivo Carlo Vana denuncia vizio di omessa pronuncia della sentenza
sul motivo d’appello con il quale egli aveva dedotto di aver stipulato, nella richiesta
forma scritta ad substantiam, una specifica convenzione con lo IACP, avente ad
oggetto la direzione dei lavori nel solo cantiere di Sora.
La censura non merita accoglimento.

lavori svolta dall’architetto presso numerosi cantieri dell’Istituto i e revocò il

La corte territoriale ha escluso che i documenti versati in atti integrassero prova
dell’avvenuta stipulazione per iscritto di qualsivoglia contratto d’opera professionale fra
il Vona e l’Istituto, con ciò respingendo anche il motivo d’appello che, a dire del
ricorrente, non sarebbe stato oggetto di delibazione, ma che in realtà — atteso il
predetto accertamento negativo- non necessitava di una specifica statuizione di

Va aggiunto, per completezza, che la censura non può essere apprezzata sotto il
diverso profilo del vizio di motivazione, in quanto il Vona non ha chiarito se, e nel
corso di quale segmento temporale del processo, abbia prodotto la convenzione
relativa al cantiere di Sora, non ne ha illustrato il contenuto e non ne ha neppure
lamentato l’omesso esame da parte del giudice d’appello.
2)Col secondo motivo il ricorrente, denunciando violazione degli artt. 1325 n.4, 1326,
1350, 1418 c.c. e 17 Rd n. 2440/1923, nonché vizio di motivazione, contesta
l’affermazione della corte territoriale secondo cui il contratto di conferimento dei
plurimi incarichi professionali da lui espletati non potesse ritenersi concluso mediante
lo scambio per iscritto di proposta ed accettazione, così come previsto per i contratti
della P.A. stipulati con ditte commerciali. Ciò premesso in diritto, osserva, in punto di
fatto, che il giudice d’appello avrebbe dovuto tener conto che la delibera di incarico
adottata dallo IACP, trasmessagli in copia, equivaleva ad esternazione della proposta
e che la sua accettazione per iscritto era rawisabile nella copiosa documentazione da
lui rimessa all’Istituto nella qualità di direttore dei lavori, oltre che negli atti contabili
sottoscritti nella medesima qualità.
Anche questo motivo deve essere respinto.
Il ricorrente richiama in via del tutto generica “la copiosa documentazione” rimessa allo
IACP, senza minimamente accennare al suo contenuto e senza neppure specificare
se, ed-i1R-ertiefe-rrristra, essa sia rintracciabile all’interno del suo fascicolo di parte o di
quello d’ufficio. Tanto basta a precludere a questa Corte – cui non è consentito di
compiere indagini in fatto — di valutare la

ricorrenza del denunciato vizio di

rigetto.

motivazione e la decisività, ai fini di una diversa soluzione della controversia, della
predetta documentazione ed a rendere, pertanto, superfluo l’esame della questione di
diritto prospettata nella prima parte del mezzo di censura, che, quand’anche
astrattamente fondata, non potrebbe di per sé condurre alla cassazione della sentenza
impugnata in mancanza di risultanze istruttorie dalle quali desumere l’avvenuto

Tuttavia, non appare superfluo ricordare che questa Corte ha, in passato, già
esaminato e respinto la tesi del ricorrente, ripetutamente affermando che quando una
p.a., pur agendo iure privatorum, é parte del contratto d’opera professionale, resta del
tutto irrilevante, ai fini della richiesta forma scritta ad substantiam del contratto,
l’esistenza di una deliberazione con la quale l’organo collegiale dell’ente abbia
autorizzato il conferimento dell’incarico al professionista, ove questa non risulti essersi
tradotta nel necessario, distinto ed unico documento contrattuale sottoscritto dal
rappresentante esterno dell’ente stesso e dal professionista, dal quale possa
desumersi la concreta instaurazione del rapporto con le indispensabili determinazioni
in ordine alle prestazioni da svolgere ed al compenso da corrispondere (cfr. Cass. nn.
10910/011, 26010/010, 8044/09).
3) Con il terzo motivo l’architetto Vona, denunciando violazione degli artt. 112 e 345
c.p.c. (nel testo, applicabile ratione temporis al caso di specie, anteriore all’entrata in
vigore della I. n. 353/90), dei principi in materia di interpretazione della domanda
nonché vizio di motivazione, sostiene che la corte del merito sarebbe incorsa in un
evidente error in procedendo, non avvedendosi che alla domanda contrattuale, sottesa
alla richiesta di emissione del provvedimento monitorio, egli aveva affiancato, sin dalla
comparsa di costituzione e risposta, anche quella di indebito arricchimento, di cui lo
IACP non aveva mai eccepito la novità, accettando anzi il contraddittorio sulla stessa.
Anche questo motivo deve essere respinto.
Dall’esame degli atti processuali, consentito a questa Corte attesa la denuncia di un

error in procedendo, emerge che nel corso del giudizio di primo grado il ricorrente si é

scambio per iscritto di proposta e accettazione.

limitato ad osservare, in via del tutto ipotetica, che avrebbe avuto diritto ad essere
indennizzato dallo IACP ai sensi dell’art. 2041 c.c. anche nel caso (peraltro
espressamente negato) di nullità dei contratti, ma non ha mai dedotto a fondamento
della propria pretesa i presupposti, di fatto e di diritto, che lo avrebbero legittimato ad
agire per tale titolo né ha mai formulato, neppure implicitamente, la relativa domanda

La miglior conferma dell’insussistenza del vizio denunciato viene, del resto, dal
comportamento processuale dello stesso ricorrente, il quale, se avesse davvero
proposto la domanda di indebito arricchimento nel corso del giudizio di primo grado,
avrebbe dovuto dolersi, con apposito motivo d’appello, del fatto che il tribunale aveva
omesso di pronunciare sulla stessa.
4) Resta assorbito il quarto motivo di ricorso, con il quale il Vona contesta l’ulteriore
ragione di inammissibilità della domanda ex art. 2041 c.c. prospettata (anche se solo
ad abundantiam) dalla corte territoriale.
Tenuto conto della particolarità del caso di specie, in cui è pacifico che le prestazioni
dedotte in giudizio siano state rese e che lo IACP non le abbia remunerate, appare
giustificato compensare integralmente fra le parti le spese di lite.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.
Roma, 18 aprile 2013

di condanna contro l’Istituto.

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