Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16603 del 22/07/2014


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 16603 Anno 2014
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: MANCINO ROSSANA

SENTENZA
sul ricorso 8534-2012 proposto da:
FGA INVESTIMENTI SPA 00513390013 – società incorporante di
I.T.C.A. PRODUZIONE SPA – in persona del procuratore speciale,
elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR 19, presso lo
studio dell’avvocato RAFFAELE DE LUCA TAMAJO, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato PERLINI ITALICO,
giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente contro
PRETE EUGENIO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
AURELIANA 25, presso lo studio dell’avvocato DI LIBERO

Data pubblicazione: 22/07/2014

MARIAFEDERICA, che lo rappresenta e difende, giusta delega a
margine del controricorso;
con troricorrente avverso la sentenza n. 1895/2011 della CORTE D’APPELLO di

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
10/06/2014 dal Consigliere Relatore Dott. ROSSANA MANCINO;
udito per la ricorrente l’Avvocato Antonio Armentano (per delega avv.
Raffaele De Luca Tarnajo) che si riporta ai motivi del ricorso ed insiste
per raccoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato Mariafederica Di Libero che si
riporta al controricorso e insiste per il rigetto del ricorso.

Rie. 2012 n. 08534 sez. MI – ud. 10-06-2014
-2-

ROMA del 24.2.2011, depositata il 02/04/2011;

udienza l O giugno 2014

L La sentenza impugnata, respingendo il gravame svolto dalla ITCA
produzione s.p.a. avverso la sentenza di prime cure, ha dichiarato violato
l’obbligo datoriale, ex art. 1, commi 7,8 L.223/1991, di comunicazione
ed esame congiunto dei criteri di individuazione dei lavoratori da
sospendere e delle modalità della rotazione prevista nel citato comma 8
e, conseguentemente, dichiarato illegittimo il provvedimento di
collocazione in C.I.G.S., ha condannato la predetta società al pagamento,
in favore del lavoratore, del differenziale retributivo per i mesi di
illegittima sospensione dal lavoro.
2.

La Corte d’appello di Roma, per quel che qui interessa, precisa che:
a) le indicazioni contenute nell’accordo sindacale del 23 luglio 2002
risultavano del tutto carenti quanto ai criteri di individuazione dei
lavoratori alternativi alla rotazione (per il primo trimestre successivo
al 1°.9.1992) e totalmente generiche quanto alle modalità applicative
della rotazione medesima;
b) non era stata fornita validamente alcuna prova che criteri di
individuazione specifici fossero stati forniti alle 00.SS.;
c) la carenza di informazioni non poteva ritenersi sanata dal
raggiungimento, con il verbale del 23 luglio 2002, di un accordo
sindacale in ordine alla procedura di collocamento in C.1.G.S. dei
lavoratori;
d) tale effetto sanante, insussistente nella specie, avrebbe potuto
verificarsi solo in ipotesi di accordo sindacale recante individuazione
di criteri di scelta con un minimo contenuto di specificità;
e) privo di rilievo doveva ritenersi l’assunto secondo cui il d.P.R. n.
218 del 2000 avrebbe delegificato la legislazione sulla Cassa
integrazione guadagni.

Rossana Mancino est.

Svolgimento del processo e motivi della decisione

4. I tre motivi del ricorso denunciano, in sintesi: 1°) violazione e falsa
applicazione della L. 23 luglio 1991, n. 233, art. 1, commi 7 e 8; 2°)
violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1366 e 1367 cod.
civ., e omessa, insufficiente motivazione circa un fatto controverso e
decisivo per il giudizio, censura, quest’ultima, ribadita nel terzo mezzo
d’impugnazione.
5. Tali sono le diverse questioni poste dalla società e qui illustrate, in breve,
in ordine logico:
a) la legge n. 59 del 1997, che regolò la delegificazione di norme
concernenti procedimenti amministrativi, avrebbe inciso anche nella
materia in esame in quanto il d.P.R. n. 218 del 2000 (“Regolamento
recante norme per la semplificazione del procedimento per la
concessione del trattamento di CIGS e di integrazione salariale a
seguito della stipula di contratti di solidarietà, ai sensi dell’art. 20 della
legge n. 59 del 1997, allegato 1 n. 90 e 91″), avrebbe delegificato la
legislazione sulla Cassa integrazione guadagni sicché il predetto
decreto presidenziale costituirebbe ormai l’unico regolamento della
materia con la conseguente sostituzione, per abrogazione esplicita od
implicita per incompatibilità, di tutte le altre disposizioni anche di
fonte legale. In questo diverso contesto normativo, tanto la
comunicazione datoriale di avvio della procedura quanto l’esame
congiunto dovevano intendersi disciplinati esclusivamente dal d.p.r.,
con esclusione di ogni possibilità di integrazione con la legge n. 223,
con conseguente venir meno del diritto delle organizzazioni sindacali,
e di riflesso dei lavoratori, ad essere informati sin dalla
comunicazione di avvio della procedura circa i criteri di selezione dei
lavoratori da sospendere e le modalità di rotazione. La Corte
territoriale non avrebbe dato spiegazione alcuna di tale portata
innovativa;

b) quanto alla necessaria specificazione dei criteri di selezione dei
lavoratori da sospendere e di applicazione della rotazione, in sede di

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Romana Mancino est.

3. Propone ricorso la FGA Investimenti s.p.a. (incorporante la ITCA
Produzione s.p.a.), affidato a tre motivi, cui ha resistito, con
controricorso, il lavoratore.

e) si assume, infine, l’effetto sanante dell’esame congiunto rispetto
alla comunicazione di avvio della procedura, muovendo dai rilievi
secondo cui i criteri sarebbero stati adeguatamente specificati in tale
atto e i verbali di esame congiunto avrebbero il valore di atti
amministrativi che certificano la regolarità della procedura.
6. Sulla prima questione, pur prescindendo dal duplice rilievo che la

censura svolta deducendo un vizio della motivazione si colloca nel
paradigma della violazione della regolamentazione giuridica della
fattispecie, e premesso che la Corte di merito ha dato atto, per sintesi,
del principio affermato da Cass. 28464/2008, vale la pena di richiamare il
predetto arresto del 2008 al quale è seguito un orientamento consolidato
di questa Corte, espresso in una lunga teoria di sentenze, che affermò il
seguente principio: la disciplina del d.p.r. n. 218 del 2000 non ha alcuna
efficacia abrogativa della legge n. 223 del 1991 e, quindi, degli oneri di
comunicazione di cui all’art. 1. Più specificamente non incide in alcun
modo sulle disposizioni di cui al combinato disposto degli artt. 5 della
legge 164 del 1975 e 1, comma 7, della legge 223 del 1991 riguardante
l’obbligo datoriale di comunicare in avvio della procedura per
l’integrazione salariale alle organizzazioni sindacali i criteri di
individuazione dei lavoratori da sospendere, nonché le modalità di
rotazione. Il d.P.R. tende a semplificare la fase propriamente
amministrativa, di rilevanza pubblica, del procedimento di concessione
della integrazione salariale, senza in alcun punto ridurre i diritti dei
lavoratori e le prerogative delle organizzazioni sindacali ad essi funzionali
(v., Cass. 28464/2008 e successive conformi).

3
Rossana Mancino est.

comunicazione di avvio della procedura ai sensi dell’art. 1, comma 7,
L 223/1991, era stato individuato l’ambito oggettivo dell’intervento di
ristrutturazione aziendale e le modalità dell’intervento e l’ambito
soggettivo di individuazione del personale da sottoporre
all’intervento di integrazione salariale con sospensione del lavoro per
relationem con l’intervento riorganizzativo e di ristrutturazione, e tali
elementi di fatto non contestati, unitamente al criterio di selezione
delle esigenze organizzative, costituivano un sistema oggettivo di
selezione del personale;

c.p.c.)”.
8. Quanto alla necessità della specificazione dei criteri in sede di
comunicazione di avvio della procedura ai sensi dell’art. 1, comma 7,1.
223/1991, anche per tale profilo la decisione impugnata si è conformata
alla giurisprudenza di legittimità espressa in modo costante.
9. La norma guida (art. 1, comma 7, della legge 223 del 1991) è molto
chiara nello stabilire che “devono” formare “oggetto della

4
Rossana Alamino est.

7. Tale ricostruzione è stata costantemente ribadita dalla giurisprudenza
successiva (cfr., tra le tante, Cass. 4053/2011) e costituisce ormai un
principio consolidato ai sensi dell’art. 360-bis, n. 1, c.p.c., come ha
rilevato la Sesta sezione civile in una serie di ordinanze emesse in camera
di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c. (cfr. per tutte, Cass. VI civilelavoro, 26587/2011: “In tema di procedimento per la concessione della
CIGS devono escludersi incompatibilità tra la normativa regolamentare
introdotta con il d.p.r. 10 giugno 2000, n. 218, e le disposizioni della
legge 23 luglio 1991 n. 223: la disciplina regolamentare, che si limita a
imporre all’imprenditore che intenda chiedere l’intervento straordinario
di integrazione salariale l’obbligo di dare tempestiva comunicazione alle
organizzazioni sindacali, attiene unicamente alla fase amministrativa di
concessione dell’integrazione stessa, e nulla dice sul contenuto concreto
della comunicazione, né detta alcuna disciplina in ordine ai criteri di
scelta e, pertanto, non ha in alcun modo inciso sugli obblighi di rilevanza
collettiva di cui all’art. 1, commi 7 e 8, della legge n. 223 citata. Né la
normativa regolamentare ha spostato l’informazione circa i criteri di
scelta e le modalità della rotazione dal momento iniziale della
comunicazione datoriale di avvio della procedura di integrazione salariale
a quello, immediatamente successivo, dell’esame congiunto, atteso che,
così opinando, il contenuto della norma di cui all’art. 2 del d.p.r. n. 218,
citato, risulterebbe del tutto estraneo all’ esigenza di semplificazione del
procedimento amministrativo, e avrebbe come conseguenza solo
l’alleggerimento degli oneri della parte datoriale con la compressione dei
diritti d’informazione spettanti al sindacato, delineando un sistema di
consultazione sindacale palesemente inadeguato rispetto alla finalità
perseguita. (Principio affermato ai sensi dell’art. 360-bis, comma 1,

10. Le Sezioni unite hanno escluso la fondatezza di interpretazioni riduttive
di tale disposizione, sottolineando, con la sentenza n. 302 del 2000, che,
in caso di intervento straordinario di integrazione salariale per
l’attuazione di un programma di ristrutturazione, riorganizzazione o
conversione aziendale implicante una temporanea eccedenza di
personale, il provvedimento di sospensione dall’attività lavorativa è
illegittimo qualora il datore di lavoro, sia che intenda adottare il
meccanismo della rotazione sia nel caso contrario, ometta di comunicare
alle organizzazioni sindacali, ai fini dell’esame congiunto, gli specifici
criteri, eventualmente diversi dalla rotazione, di individuazione dei
lavoratori che devono essere sospesi, in base al combinato disposto della
L. 23 luglio 1991, n. 723, art. 1, comma 7, e della L. 20 maggio 1975, n.
164, art. 5, commi 4 e 5.
11. L’orientamento si è consolidato del tempo, trovando conferma nella
successiva giurisprudenza di legittimità (per tutte: Cass. 7720/2004; Cass.
nn. 10236 e 15393 del 2009; Cass. 19235/2011).
12. Da ultimo, e peraltro con riferimento alla medesima procedura di
sospensione dell’attività lavorativa presso la ITCA produzione s.p.a.,
questa Corte, con la sentenza n. 7459 del 2012, ha così sintetizzato i
principi regolatori della materia:
a) il provvedimento di sospensione dell’attività lavorativa è
illegittimo qualora il datore di lavoro (sia che intenda adottare
il meccanismo della rotazione, sia in caso contrario) ometta di
comunicare alle organizzazioni sindacali, ai fini dell’esame
congiunto, ovvero di concordare con le stesse, gli specifici
criteri, eventualmente diversi dalla rotazione, di individuazione
dei lavoratori che devono essere sospesi, ed ai quali criteri la
scelta dei lavoratori deve poi effettivamente corrispondere
(Cass. 28464/2008);
b) la specificità dei criteri di scelta consiste nell’idoneità dei
medesimi ad operare la selezione e nel contempo a consentire

5
Rossana Mancino est.

comunicazione” i “criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere
nonché le modalità della rotazione prevista dal comma 8”.

la verifica della corrispondenza della scelta ai criteri (Cass.
7720/2004);

d) la mancata specificazione dei criteri di scelta (o la mancata
indicazione delle ragioni che impediscono il ricorso alla
rotazione) determina l’inefficacia dei provvedimenti aziendali
che può essere fatta valere giudizialmente dai lavoratori, in
quanto la regolamentazione della materia è finalizzata alla
tutela, oltre che degli interessi pubblici e collettivi, soprattutto
di quelli dei singoli lavoratori (Cass. 12137/2003; Cass.
11660/2006).
13. La valutazione della rispondenza in concreto delle comunicazioni di
avvio della procedura di Cassa integrazione oggetto dell’esame giudiziale
ai requisiti su indicati, è una valutazione di merito in ordine al contenuto
dell’atto negoziale, che rimane estranea al giudizio di legittimità, quando,
come nel caso in esame, il giudice di merito abbia motivato la sua
decisione in modo sufficiente e privo di contraddizioni.
14. Infine, non meritevole di accoglimento è anche la critica alla sentenza
impugnata per il preteso effetto sanante dell’esame congiunto rispetto
alla comunicazione di avvio della procedura.
15. Anche per tale profilo la decisione della Corte territoriale si sottrae a
censure.
16. La tesi per cui l’accordo sindacale
conterrebbe un’adeguata
specificazione dei criteri di individuazione dei lavoratori da porre in cassa
integrazione e spiegherebbe adeguatamente le ragioni della impossibilità
del ricorso alla rotazione si risolve nella proposizione di un giudizio di
merito (basato anche su di una particolare rilettura della prova orale,
riportata peraltro per stralci), difforme rispetto a quello della Corte

6
Rossana Mancino esi.

c) la comunicazione di apertura della procedura di trattamento di
integrazione salariale la cui genericità rende impossibile
qualunque valutazione coerente tra il criterio indicato e la
selezione dei lavoratori da sospendere, viola l’obbligo di
comunicazione previsto dalla L. 23 luglio 1991, n. 223, art. 1,
comma 7, (Cass. 13240/2009);

17. Invero la possibilità di un effetto sanante di un accordo sindacale sui
criteri di scelta, laddove l’accordo li indichi in modo puntuale e
specifico, è stata ammessa solo in casi particolari e circoscritti, ma non
nell’ipotesi in cui la comunicazione è strettamente funzionale a mettere
in grado le organizzazioni sindacali di partecipare al confronto con la
controparte adeguatamente informate e ai lavoratori di avere contezza
delle prospettazioni aziendali. Né può essere ammessa, con effetto
retroattivo, rispetto a scelte in concreto già operate (v., funditus, Cass.
26587/2011 cit.; in generale sull’esclusione del carattere sanante
dell’accordo cfr., ex ~bis, Cass. nn. 13240 e 15393 del 2009).
18. Il ricorso proposto dalla società deve, pertanto, essere rigettato. Le spese
del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, devono essere
poste a carico della parte soccombente, con distrazione in favore
dell’avvocato Mariafederica Di Libero, antistatario.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento
delle spese del giudizio di legittimità che liquida in curo 2.000,00 per
compensi professionali, curo 100,00 per spese, oltre accessori di legge e
spese forfettarie in misura del quindici per cento, da distrarsi in favore
dell’avvocato Mariafederica Di Libero, dichiaratosi antistatario.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 10 giugno 2014.

d’appello. Tale valutazione, al pari di quella concernente la
comunicazione di avvio della procedura, spetta in via esclusiva al giudice
di merito e può essere censurata in cassazione solo negli stretti limiti del
giudizio di legittimità, che nel caso in esame vengono nettamente
travalicati.

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