Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16602 del 05/07/2017
Cassazione civile, sez. VI, 05/07/2017, (ud. 07/04/2017, dep.05/07/2017), n. 16602
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DOGLIOTTI Massimo – rel. Presidente –
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –
Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –
Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –
Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 23788/2014 proposto da:
L.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TRAGLIAMENTO
55, presso lo studio dell’avvocato NICOLA DI PIERRO, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato LAURA BERGAMO;
– ricorrente –
contro
M.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ORAZIO 3,
presso lo studio dell’avvocato ROBERTO FACCINI, rappresentata e
difesa dall’avvocato ENRICO BARBATO;
– controricorrente –
e contro
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.
(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la
sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso
unitamente e disgiuntamente dagli avvocati SERGIO PREDEN, LUIGI
CALIULO, ANTONELLA PATTERI E LIDIA CARCAVALLO;
– resistente –
avverso la sentenza n. 1385/2014 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,
depositata il 04/06/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 07/04/2017 dal Presidente Consigliere Dott. MASSIMO
DOGLIOTTI.
Fatto
FATTO E DIRITTO
L.L. e M.G. sono state entrambe coniugate con S.R.. Il Tribunale di Padova, decidendo su giudizio introdotto da M.G., ex moglie che beneficiava di assegno divorzile, ha deciso che la pensione di reversibilità dello scomparso dovesse essere corrisposta in parti uguali. L’impugnativa proposta da L.L. è stata rigettata dalla Corte d’Appello di Venezia. La Corte di merito ha considerato che il meccanismo divisionale non è uno strumento di perequazione economica fra le posizioni degli aventi diritto, ma è preordinato alla continuazione della funzione di sostegno economico assolta a favore dell’ex coniuge e del coniuge convivente, durante la vita del dante causa, rispettivamente con il pagamento dell’assegno di divorzio e con la condivisione dei rispettivi beni economici da parte dei coniugi conviventi. La ripartizione del trattamento economico va quindi effettuata, oltre che sulla base del criterio della durata dei rispettivi matrimoni, anche ponderando ulteriori elementi, quale l’entità dell’assegno di mantenimento riconosciuto all’ex coniuge, le condizioni economiche dei due e la durata delle rispettive convivenze prematrimoniali. La Corte territoriale ha quindi confrontato le condizioni economiche delle parti e rigettato l’impugnazione.
Nel ricorso per cassazione si contesta l’omessa considerazione della diversa durata dei due matrimoni contratti da S.R. con le parti in causa, ma si è già chiarito che la Corte di merito ha spiegato di aver legittimamente valorizzato sia questo dato che altri, con giudizio di fatto non censurabile in questa sede. Si critica, poi, che se l’ammontare della quota di spettanza della M. dovesse risultare superiore alla somma percepita quale assegno di divorzio il risultato apparirebbe “iniquo”. Questa considerazione ipotetica non è in grado di inficiare la corretta applicazione delle norme vigenti operata nella sentenza impugnata, nonchè la valutazione in fatto operata dalla Corte d’Appello e compiutamente motivata.
Non si ravvisano pertanto violazioni di legge, in ordine alle quali le censure sono peraltro proposte in modo inadeguato.
In sostanza la ricorrente, pur invocando la violazione di norme di diritto, propone soprattutto contestazioni in ordine a profili e situazioni di fatto, per larga parte insuscettibili di controllo in questa sede, a fronte di una decisione impugnata che appare invece caratterizzata da motivazione adeguata e non illogica.
La decisione della Corte d’Appello risulta del resto conforme alla giurisprudenza della Suprema Corte (Cass. 16093/12; 6019/14; 21598/14), e le contestazioni proposte in ricorso non inducono a modificare l’orientamento.
Il ricorso appare pertanto manifestamente infondato.
Le spese seguono la soccombenza nel rapporto L. – M.; vanno compensate in confronti dell’INPS, che non ha svolto attività difensiva, non essendosi costituito.
PQM
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 2.100 comprensivi di Euro 100 per esborsi, oltre accessori di legge, a favore di M.G.; la competenza nei confronti dell’INPS.
Omettere dati anagrafici e identificativi.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quatere, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti dell’obbligo di versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 7 aprile 2017.
Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2017