Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1660 del 24/01/2020

Cassazione civile sez. lav., 24/01/2020, (ud. 07/11/2019, dep. 24/01/2020), n.1660

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elisa – rel. Consigliere –

Dott. CIRIELLO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26780-2014 proposto da:

D.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA BALDUINA

7, presso lo studio dell’avvocato CONCETTA MARIA RITA TROVATO, che

lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

I.N.A.I.L. ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI

INFORTUNI SUL LAVORO, C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

IV NOVEMBRE 144, presso lo studio degli avvocati EMILIA FAVATA,

LUCIANA ROMEO, che lo rappresentano e difendono;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 728/2014 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il n. 26780/2014 R.G.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Con sentenza n. 728 del 19.6.2014 la Corte di appello di Bologna, confermando la pronuncia del Tribunale di Ferrara, ha respinto la domanda di D.A. promossa nei confronti dell’Inail per l’accertamento di un infortunio sul lavoro intervenuto l'(OMISSIS), con conseguente torsione del ginocchio destro (e rottura del menisco e del legamento), ritenendo non dimostrata la causa violenta quale fatto generatore della lesione;

2. per la cassazione della sentenza ricorre il D. affidandosi a due motivi, illustrati da memoria, e l’Inail resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. con due motivi, il ricorrente, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, denuncia violazione e falsa applicazione “di norme di diritto” ed omesso esame di fatti decisivi, assumendo che erroneamente la Corte territoriale ha ritenuto superfluo rinnovare la consulenza tecnica d’ufficio, senza considerare la mancata contestazione del fatto in primo grado, la produzione della trascrizione della dinamica dell’evento da parte dell’Inail, la produzione di due buste paga di febbraio e marzo 2000 e l’errata attribuzione, da parte del consulente d’ufficio, di patologie pregresse del ginocchio sinistro al ginocchio destro, soprassedendo sulla inattendibilità del teste L., in posizione di conflitto di interessi in quanto capocantiere;

2. il ricorso non merita accoglimento avendo la Corte territoriale – con valutazione di merito di apprezzamento delle risultanze processuali – accertato che le allegazioni contenute nel ricorso in appello erano talmente confuse (facendo riferimento a tre-quattro date diverse con riguardo all’unico episodio) che non consentivano di comprendere il giorno in cui era avvenuto l’infortunio, mancando, dunque, un sufficiente riscontro probatorio in ordine ai fatti costitutivi della domanda;

3. preliminarmente, pur soprassedendo sulla mancata indicazione delle disposizioni normative ritenute violate, la censura è prospettata con modalità non conformi al principio di specificità dei motivi di ricorso per cassazione, secondo cui parte ricorrente avrebbe dovuto, quantomeno, trascrivere nel ricorso il contenuto del ricorso in appello, fornendo al contempo alla Corte elementi sicuri per consentirne l’individuazione e il reperimento negli atti processuali, potendosi solo così ritenere assolto il duplice onere, rispettivamente previsto a presidio del suddetto principio dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 (Cass. n. 3224 del 2014; Cass. SU n. 5698 del 2012; Cass. SU n. 22726 del 2011);

4. inoltre, la pretesa violazione di legge ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 nella sostanza si traduce in una contestazione della ricostruzione della vicenda storica quale operata dalla Corte territoriale, preclusa dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, anche quando si contestino gli atti di acquisizione probatoria che incidono soltanto sul merito delle valutazioni in fatto compiute dal giudice (Cass. n. 17247 del 2006; conforme: Cass. n. 19072 del 2004) e soprattutto alla luce delle modifiche apportate dal D.L. n. 83 del 2012 (convertito con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012) che ha circoscritto il vizio-motivo all’omesso esame di un fatto storico decisivo (cfr. sul punto Cass. Sez. U. n. 19881 del 2014), riducendo al “minimo costituzionale” il sindacato di legittimità sulla motivazione (Cass. Sez. U. n. 8053 del 2014);

5. è, inoltre, inammissibile l’invocazione del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 per sostenere il mancato esame di deduzioni istruttorie, di documenti, di eccezioni di nullità della sentenza non definitiva e degli atti conseguenti, di critiche rivolte agli elaborati peritali (ovvero di semplici allegazioni difensive a contenuto tecnico), o della “non contestazione” di un fatto (un fatto che non sia stato “oggetto di discussione tra le parti” è, d’altro canto, fuori dall’ambito dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 per sua stessa definizione), o per lamentarsi di una “motivazione non corretta” (Cass. S.U. n. 8053 del 2014);

6. infine, deve ritenersi corretta, in quanto conforme ai principi enunciati in materia da questa Corte di legittimità, la decisione che ha ritenuto attendibile la deposizione del teste L. (persona addetta al cantiere edile della ditta datrice di lavoro del D.) avendo questa Corte ripetutamente affermato che l’interesse che dà luogo ad incapacità a testimoniare, a norma dell’art. 246 c.p.c., è l’interesse giuridico, personale, concreto, che legittima l’azione o l’intervento in giudizio, sicchè il lavoratore dipendente di una parte in causa non è, per ciò solo, incapace di testimoniare, nè può ritenersi, per questa sola ragione, scarsamente attendibile (Cass. n. 2075 de 2013, Cass. n. 15197 del 2004);

7. alla stregua delle esposte considerazioni, il ricorso deve essere rigettato e le spese di lite sono regolate in base al criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 c.p.c..

8. Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013) pari a quello – ove dovuto – per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed in Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 7 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 gennaio 2020

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