Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16599 del 11/06/2021

Cassazione civile sez. III, 11/06/2021, (ud. 02/12/2020, dep. 11/06/2021), n.16599

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35723/2019 proposto da:

A.J., elettivamente domiciliato in Verona, via Stella, 19,

presso l’avv. PAOLO TACCHI VENTURI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI VERONA,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso la sentenza n. 4552/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 23/10/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

02/12/2020 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CRICENTI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il ricorrente A.J. è cittadino pakistano. Racconta di essere fuggito dal suo paese in quanto aveva preso parte alla campagna elettorale del partito politico PPP, cui aveva aderito, attirandosi le rappresaglie degli avversari.

Giunto in Italia ha chiesto la protezione internazionale e quella sussidiaria, ma la Commissione territoriale non ha creduto al suo racconto ed ha respinto le richieste.

Il ricorrente ha adito il tribunale che però ha confermato il giudizio di inverosimiglianza, fatto proprio altresì dalla corte di appello di conferma della decisione di primo grado.

A.J. ricorre con tre motivi.

V’è costituzione del Ministero.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

p..- La ratio della decisione impugnata.

La corte di merito ha ritenuto inverosimile il racconto del ricorrente; ha escluso che in Pakistan via sia una situazione di conflitto armato generalizzato, ai fini della protezione sussidiaria; ha infine escluso la protezione umanitaria con l’argomento che la sola dimostrazione della integrazione in Italia non è sufficiente.

p..- Il primo motivo denuncia violazione della L. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c).

Il ricorrente ritiene che, pur avendo la corte fatto riferimento a fonti aggiornate ed attendibili, oltre che plurime, tuttavia non ha effettuato un “reale approfondimento delle condizioni di vita nella zona specifica” e nulla ha detto “in relazione allo specifico episodio che l’istante ha riferito e che si lega in modo inscindibile alla situazione politica pakistana”.

Il motivo è infondato.

Va premesso che, ai fini della protezione sussidiaria, non rileva una qualsiasi condizione del paese di origine, bensì, trattandosi della dell’art. 14 citato, lett. c), occorre valutare se vi sia una situazione di conflitto armato generalizzato, cosi che non coglie nel segno l’obiezione che non sono state considerate le condizioni di vita nella zona specifica, che non hanno alcuna rilevanza ai fini dell’accertamento richiesto.

Nè la valutazione andava condotta tenendo presente il racconto del ricorrente, dal momento che tale racconto è stato ritenuto inverosimile.

p..- Il secondo motivo denuncia omesso esame di un fatto decisivo e rilevante, vale a dire la dichiarata appartenenza ad un partito politico, che avrebbe portato ad affermare una stretta relazione tra la militanza e l’aggressione subita.

Il motivo è infondato.

La corte invero ha tenuto in considerazione il fatto che il ricorrente avesse una tessera di partito, ma ha escluso, con giudizio di fatto che qui non è contestato (si contesta erroneamente l’omessa considerazione della militanza) che il possesso della tessera di partito potesse dimostrare di per sè le minacce di morte ricevute.

p..- Il terzo motivo denuncia, in una prima parte, violazione dell’art. 116 c.p.c., ed in tale parte è infondato, in quanto censura il giudizio di fatto relativo alla credibilità, ma soprattutto assume che la corte ha deciso senza approfondimento istruttorio e senza mettere a confronto le dichiarazioni rese davanti alla Commissione e davanti al Tribunale.

Invero, la corte ha tenuto conto di entrambe e non doveva procedere ad alcun approfondimento istruttorio, avendo ritenuto intrinsecamente inverosimile il racconto.

La seconda parte del terzo motivo denuncia violazione L. n. 286 del 1998, art. 5.

Il ricorrente si duole della mancata comparazione, ai fini del riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari, tra la sua situazione di integrazione in Italia e la situazione nel paese di origine.

Il motivo è fondato.

La ratio della decisione impugnata sul punto è chiara: non basta la sola integrazione in Italia a concedere protezione umanitaria. Il che è vero, ma è insufficiente, in quanto occorre, oltre ad un certo livello di integrazione, che la situazione del paese di origine non sia tale, quanto alla violazione sistematica dei diritti umani, da essere di ostacolo al rimpatrio.

La corte si è limitata ad escludere che possa avere rilievo la sola integrazione ma non ha tenuto in alcun conto la situazione del paese di origine, che ovviamente, ai fini del giudizio sulla protezione umanitaria, non deve presentare un conflitto armato generalizzato (situazione che rileva ai fini della sussidiaria) ma deve caratterizzarsi per la violazione dei diritti umani o per condizioni di vita tali da rendere vulnerabile il ricorrente in caso di rimpatrio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo motivo, nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Venezia in diversa composizione anche perle spese.

Così deciso in Roma, il 2 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 giugno 2021

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