Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16599 del 05/07/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 05/07/2017, (ud. 24/05/2017, dep.05/07/2017),  n. 16599

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – rel. Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12148-2015 proposto da:

R.A., R.A., R.S., elettivamente

domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE

DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato ANTONIO NATALE;

– ricorrenti –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARLA 29, presso la

sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso

unitamente e disgiuntamente dagli avvocati GIUSEPPINA GIANNICO,

LUIGI CALIULO, ANTONELLA PATTERI e SERGIO PREDEN;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2487/2014 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 02/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/05/2017 dal Consigliere Dott. ADRIANA DORONZO.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

R.A.M., R.A. e R.S., quali eredi di G.R.R., chiesero al giudice del lavoro del Tribunale di Lecce, per quanto qui ancora rileva, la riliquidazione della pensione di reversibilità, della quale era stata titolare la loro dante causa, a decorrere dal 1/12/1973, integrata al trattamento minimo, in applicazione della sentenza della Corte Costituzionale n. 495 del 1993, ovvero il ricalcolo della stessa nella misura del 60% della pensione, comprensiva del trattamento minimo che il padre dante causa fruiva o che avrebbe potuto fruire;

chiesero altresì che fosse dichiarato che l’importo mensile della pensione base di reversibilità fosse alla data della decorrenza originaria di L. n. 18 del 1990, ovvero il 60% del trattamento minimo; e per l’effetto chiesero che fosse dichiarato il diritto della madre alla corretta applicazione della L. n. 140 del 1985, art. 4, ovvero che i benefici previsti dovessero essere applicati sull’importo della pensione mensile non integrata spettante al 31/12/1984, con la conseguente condanna dell’Inps al pagamento dei ratei differenziali;

il giudice adito ritenne maturata la decadenza D.P.R. n. 639 del 1970, ex art. 47, e la Corte d’appello, sul gravame proposto dagli originari ricorrenti, ha escluso la decadenza in applicazione della decisione di questa Corte a sezioni unite n. 12720/2009, ma ha rigettato nel merito la domanda, richiamando il precedente di questa Corte n. 20104 del 2011;

per la cassazione della sentenza ricorrono i R. con tre motivi; l’Inps deposita controricorso;

la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata;

il collegio delibera di adottare una motivazione semplificata;

i ricorrenti denunziano la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. (primo motivo), la mancata applicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 495/1993 (secondo motivo), l’errata applicazione della L. n. 140 del 1985 (terzo motivo);

ritengono i ricorrenti che con l’atto di appello, oltre a censurare la sentenza di primo grado sotto il profilo della dichiarata decadenza, si era chiesta l’applicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 495 del 1993;

con il secondo motivo censurano la mancata applicazione della sentenza della corte costituzionale n. 495 del 1993, ribadendo che tale richiesta era già contenuta nel ricorso introduttivo del giudizio;

con il terzo motivo si denuncia l’erroneità della sentenza nella parte in cui non ha considerato che alla data del 1/1/1990 la pensione era superiore al trattamento minimo, con il conseguente diritto ai benefici previsti dal D.L. 22 dicembre 1990, n. 409, art. 1, convertito nella L. n. 59 del 1991, sussistendo le condizioni per l’integrazione al trattamento minimo della seconda pensione, nel rispetto dei limiti di reddito;

i primi due motivi sono fondati, con conseguente assorbimento del terzo motivo;

come si legge nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, debitamente trascritto nel ricorso per cassazione in ossequio al principio di autosufficienza e specificità dei motivi di gravame, i ricorrenti hanno chiesto l’applicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 495 del 1993 sulla pensione di reversibilità ovvero il ricalcolo della stessa nella misura del 60% della pensione, comprensiva del trattamento minimo che il dante causa originario fruiva o avrebbe potuto fruire;

su tale specifica domanda la Corte territoriale ha omesso ogni pronuncia, nè la stessa può ritenersi implicita nella statuizione di rigetto della domanda, fondata sul richiamo al precedente di questa Corte n. 20104 del 2011, stante la diversità delle ipotesi oggetto di esame;

giova infatti precisare che la sentenza n. 495 del 1993, ha dichiarato illegittimo la L. 21 luglio 1965, n. 903, art. 22, nella parte in cui non prevede che la pensione di reversibilità sia calcolata in proporzione alla pensione diretta integrata al trattamento minimo già liquidata al pensionato o che costui avrebbe avuto comunque diritto di percepire;

come è stato chiarito anche dalla sentenza appena richiamata, il titolare della pensione di reversibilità può vantare, ricorrendone le condizioni di legge, un autonomo diritto all’integrazione del proprio trattamento, ove questo, calcolato con le modalità indicate, risulti inferiore al minimo;

l’accertamento della sussistenza di tali condizioni va riferito alla persona dell’assicurato – dante causa, quando la questione dell’integrazione venga posta ai fini della determinazione della base di computo della quota reversibile; va, invece, riferita al titolare della pensione di reversibilità, quando sia questa stessa ad essere inferiore al trattamento minimo (Cass. 14/6/2006, n. 13726);

l’implicita disposizione venuta meno – e con efficacia ex tunc – a seguito della sentenza n. 495 del 1993 è chiaramente individuabile nel divieto di commisurare la pensione di reversibilità all’importo della pensione diretta determinato su base contributiva (c.d. importo a calcolo);

eliminato “ab origine” il detto divieto, appare evidente che, fin da quando era divenuta titolare del trattamento di reversibilità (1/12/ 1973) la G., dante causa degli attuali ricorrenti, aveva acquisito il diritto alla sua corresponsione sulla base della pensione diretta integrata al minimo (sempre che naturalmente, fosse dovuta la integrazione su questa pensione);

alla data, quindi, del decesso della stessa G. ((OMISSIS)) il credito alla maggiore prestazione pensionistica, sia pure condizionato alla verifica da parte dell’ente previdenziale, era già sorto in capo alla pensionata ed era quindi entrato nel suo patrimonio, diventando, come tale, trasmissibile agli eredi e legittimandoli a farlo valere, ciascuno nei limiti della propria quota, nei confronti dell’INPS (vedi Cass. 14/3/2002, n. 3745);

la corte territoriale ha omesso di pronunciarsi su tale specifica questione, nè può condividersi l’assunto dell’Inps secondo cui la Corte avrebbe sostanzialmente condiviso e fatto proprie le difese dell’Istituto, – secondo cui la pensione dell’originario dante causa sarebbe stata già ricalcolata in ossequio alla sentenza della Corte costituzionale, – in mancanza di una sia pur implicita affermazione della Corte leccese in tali sensi;

si impone pertanto, in dissenso dalla proposta formulata ex art. 380 bis c.p.c., la cassazione della sentenza e il rinvio ad altro giudice d’appello che provveda sulla domanda così come formulata dai ricorrenti.

PQM

 

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte d’appello di Lecce, in diversa composizione.

Motivazione Semplificata.

Così deciso in Roma, il 24 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2017

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