Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16595 del 03/08/2020

Cassazione civile sez. lav., 03/08/2020, (ud. 21/11/2019, dep. 03/08/2020), n.16595

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. RAIMONDI Guido – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. CIRIELLO Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14320-2018 proposto da:

M.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LIVIO

ANDRONICO 24, presso lo studio dell’avvocato MARIA TERESA LOIACONO

ROMAGNOLI, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati

CRISTINA ALLEGRO, GIAMPAOLO LANDO;

– ricorrente –

contro

R. GIANTS S.R.L., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE LIBIA 4, presso lo

studio dell’avvocato ALESSANDRO GALIENA, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato ALDO CAMPESAN;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 962/2017 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 06/03/2018 r.g.n. 864/2016.

 

Fatto

RILEVATO

che il Tribunale di Vicenza, all’esito di giudizio intrapreso con rito c.d. Fornero, aveva nella fase sommaria, con provvedimento qualificato come sentenza, pur se reso a scioglimento di riserva, respinto le domande proposte dal ricorrente, poichè ritenute incompatibili con il rito utilizzato;

che, il ricorrente, in particolare, aveva chiesto, assumendo la nullità del contratto di tirocinio e del contratto di apprendistato nonchè del part-time stipulati, la reintegra nel posto di lavoro o in subordine la riassunzione oltre al risarcimento del danno;

che, all’esito della fase di opposizione, il medesimo tribunale aveva ritenuto inammissibile la stessa per essere stato definito il procedimento con sentenza non impugnata;

che la Corte di appello di Venezia con la sentenza n. 962/2017 in parziale accoglimento dei gravami formulati da M.M., ha dichiarato ammissibile il ricorso di primo grado, rigettando nel merito le domande del ricorrente;

che a fondamento del decisum, la corte, per quanto qui rileva, ha ritenuto ammissibile il rito cd. Fornero risultando le diverse domande di accertamento solo incidentali ai fini della principale domanda di reintegra o di riassunzione ai sensi dell’art. 18 Stat. Lav., ed ha poi rigettato nel merito la domanda di reintegra o riassunzione.

che la corte, preliminarmente, ha chiarito che il contratto di apprendistato professionalizzato oggetto di giudizio (stipulato dal ricorrente il 2.4.2009), risulta regolato dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 49 che rinvia per la sua disciplina concreta, al c.c.n.l. (artt. 42-46 e artt. dal 48 al 60), dalle disposizioni emanate dalla Regione Veneto con Delib. 28 febbraio 2005, n. 197 nonchè della L.R. 13 marzo 2009, n. 3 entrata in vigore pochi giorni prima della stipula del contratto;

che, in relazione a quanto previsto dalla normativa suddetta, la corte ha escluso l’illegittimità del contratto di apprendistato, da cui, nella prospettazione difensiva doveva derivare l’illegittimità del licenziamento, in ragione della dedotta mancanza del piano formativo individuale e nel difetto di formazione interna ed esterna; che, in particolare, la corte territoriale, sulla base della prova documentale valutata, ha escluso il vizio di mancanza di forma scritta del piano individuale formativo;

che la corte ha escluso, in definitiva, la cd. conversione dell’apprendistato in contratto di lavoro ordinario, presupposto dell’invocata tutela ex lege Fornero; ed infatti ha evidenziato, quanto alla mancanza di formazione formale esterna, che la società datoriale aveva documentato di aver proposto apposita domanda “per il limite massimo di due volte” e di non essere stata ammessa ad usufruirne; ha inoltre rilevato per un verso la genericità della contestazione sollevata dal ricorrente relative ad altre possibili domande presso altri enti di formazione e per altro verso che la normativa di cui alla L. n. 276 del 2003, art. 53, comma 3, come successivamente modificata, prevede una mera sanzione economica per l’ipotesi di inadempimento dell’erogazione della formazione esterna, peraltro solo allorchè di tale inadempimento sia “esclusivamente” responsabile il datore di lavoro, escludendo, in fatto, tale “esclusiva” responsabilità, sul rilievo che, in base ai dati normativi e deliberativi di provenienza regionale, la formazione formale non è obbligatoria ma solo possibile; Quanto alla formazione interna la corte ha evidenziato come il ricorrente a fronte di una specifica allegazione relativa alla intervenuta formazione effettiva da parte della resistente in primo grado, avesse genericamente dedotto la assenza della formazione effettiva interna, pervenendo su tale assunto al rigetto della relativa prova.

che avverso la decisione di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione M.M., proponendo 4 motivi; che R. Giants s.r.l. ha resistito con controricorso; che il P.G. non ha formulato richieste scritte;

che le parti hanno depositato memorie illustrative.

Diritto

CONSIDERATO

che, con il ricorso per cassazione, in sintesi, si censura:

1) ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio ovvero il fatto della omessa indicazione/allegazione nel contratto di apprendistato del Piano Formativo Individuale, quale parte integrante dello stesso; ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.; la medesima omissione è censurata anche quale violazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 49, comma 4, lett. a), dell’art. 45 del CCNL Confcommercio, della Delib. Regione Veneto n. 197 del 2005, art. 5; ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell’art. 111 Cost. per apparente/illogica motivazione circa la conformità del contenuto del Piano Formativo Individuale ai requisiti previsti dalla legge e dal CCNL;

2) ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione degli artt. 1325,1418 e 1423 c.c. per nullità del contratto di apprendistato per difetto di causa in relazione al profilo della mancata formazione, nonchè la violazione dell’art. 1218 c.c. e dell’art. 2697 c.c. in materia di onere probatorio a carico del datore di lavoro circa l’adempimento all’obbligo di formazione oggetto del contratto di apprendistato; ai sensi dell’art. 360 c.p.c. comma 1, n. 4 la violazione dell’art. 111 Cost. per omessa/carente motivazione circa la pretesa assenza di “inadempimento esclusivo della società” (art. 360 c.p.c., n. 4);

3) ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 la violazione dell’art. 111 Cost. per apparente/tautologica motivazione ovvero manifesta e irriducibile contraddittorietà sul punto della specificità delle prove testimoniali richieste da R. Giants ai capitoli da 14 a 28; nonchè sul punto della contestazione generica, da parte del M., delle prove testimoniali di parte reclamata;

ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 2697 c.c. in materia di onere di allegazione e prova a carico del datore di lavoro in relazione al contenuto della formazione impartita al lavoratore apprendista;

ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 l’omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio relativo al contenuto della formazione impartita da R. Giants al lavoratore M.;

ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3., la violazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 49 dell’art. 58 del CCNL Confcommercio applicato tra le parti e della Delib. Regione Veneto n. 197 del 2005, artt. 2, 3 e 4 in materia di contenuto dell’obbligo formativo del contratto di apprendistato professionalizzante;

4) ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell’art. 111 Cost. per apparente motivazione sulla pretesa genericità del motivo inerente l’insussistenza di un valido contratto di part-time e la Violazione dell’art. 111 Cost. per omessa motivazione sull’infondatezza della domanda di nullità del part-time “perchè il contratto prevedeva un orario di 30 ore”;

che il primo motivo, con il quale il ricorrente formula varie doglianze sotto diversi aspetti, quanto alla mancanza nel contratto di apprendistato del piano formativo individuale,è infondato;

ed invero dalla mera lettura della sentenza impugnata emerge la inconsistenza della doglianza di “omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio” (il fatto della omessa indicazione/allegazione nel contratto di apprendistato del Piano Formativo Individuale quale parte integrante dello stesso), poichè anzi la corte di merito ha escluso il vizio (di mancanza di forma scritta del piano individuale formativo), alla luce della produzione datoriale di fotocopia del piano formativo individuale, sottoscritto dal ricorrente il giorno di inizio della attività lavorativa, contestualmente al contratto di apprendistato (cfr. pag. 15 sent.); deve essere, infatti, evidenziato che, il ricorrente, nel dolersi della violazione di legge, quanto al preteso contrasto tra la valutazione operata dalla corte rispetto alla delibera regionale e al CCNL, in realtà si duole della valutazione svolta dalla corte di merito nel ritenere soddisfatti i requisiti formali di cui alla delibera, che la corte evidentemente considera, e pone a base della sua decisione (cfr. pag. 15 primo capoverso) con motivazione che il ricorrente esplicitamente considera generica (cfr. pag. 14 ricorso) e illogica (cfr. pag. 15 ricorso); è evidente, anche dal mero tenore letterale delle espressioni usate, che il ricorrente, pur deducendo formalmente l’omessa valutazione di fatto decisivo e la violazione di legge, propone in realtà doglianze relative ad un vizio, di illogicità e insufficienza della motivazione, che non risulta più sottoponibile al sindacato di questa corte per sentenze pronunciate dopo il 12 settembre 2012, in accordo alla nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

Ed infatti trova applicazione alla presente fattispecie l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo novellato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, e, perciò, non è più deducibile quale vizio di legittimità il semplice difetto di sufficienza della motivazione, nè di illogicità/contraddittorietà della stessa.

Nel nuovo quadro normativo, se pure è da ribadire che i provvedimenti giudiziari non si sottraggono all’obbligo di motivazione previsto in via generale dall’art. 111 Cost., comma 6, e, nel processo civile, dall’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, si deve affermare che tale obbligo è violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero essa risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (per essere afflitta da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili oppure perchè perplessa ed obiettivamente incomprensibile).

In tal caso, si concreta una nullità processuale deducibile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 (cfr. Cass. 25/09/2018 n. 22598 e 12/10/2017n. 23940).

Come ricordato da questa Corte (cfr. Cass. Sez.U. 07/04/2014 n. 8053) la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione vizi nella specie insussistenti.

che le suddette considerazioni valgono anche per il terzo motivo, primo periodo, con il quale il ricorrente si duole della valutazione delle allegazioni delle parti che sarebbe stata svolta dalla corte con motivazione apparente, contraddittoria (sul punto della specificità delle prove testimoniali richieste da R. Giants ai capitoli da 14 a 28; nonchè sul punto della contestazione generica, da parte del M., delle prove testimoniali di parte reclamata), dovendosi escludere i caratteri della motivazione apparente nel caso di specie, come sopra delineati (cfr. pag 18 sent. impugnata).

che il secondo motivo, con il quale il ricorrente si duole, sotto diversi profili, della decisione di appello che avrebbe erroneamente escluso la nullità del contratto di apprendistato, nonostante la mancanza di formazione, ed erroneamente valutato l’assenza di inadempimento da parte della società all’obbligo formativo, male applicando gli oneri probatori in ordine all’avvenuta formazione, che sono a carico del datore, è infondato.

Ed infatti la corte di appello, nella sostanza, si è conformata ai principi elaborati da questa corte, quanto alla natura e ai termini, dell’adempimento degli obblighi formativi oltre che alle conseguenze scaturenti dall’inadempimento.

E’ stato da tempo chiarito come, in tema di contratto di formazione e lavoro, l’inadempimento degli obblighi di formazione ne determina la trasformazione, fin dall’inizio, in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato ove l’inadempimento abbia un’obiettiva rilevanza, concretizzandosi nella totale mancanza di formazione, teorica e pratica, ovvero in una attività formativa carente o inadeguata rispetto agli obiettivi indicati nel progetto di formazione e trasfusi nel contratto, ferma la necessità per il giudice, in tale ultima ipotesi, di valutare, in base ai principi generali, la gravità dell’inadempimento ai fini della declaratoria di trasformazione del rapporto in tutti i casi di inosservanza degli obblighi di formazione di non scarsa importanza. (Sez. L, Sentenza n. 1324 del 26/01/2015, Rv. 634083 – 01).

Lo scopo del contratto di apprendistato, formazione e lavoro è, infatti, quello di favorire un ingresso guidato dei giovani nel mondo del lavoro, attraverso un supporto che dia loro anche gli strumenti per apprendere una determinata professionalità. E’ consentito al datore di lavoro l’uso di una circoscritta discrezionalità nel realizzare il programma di formazione, che si traduce nella possibilità di alternare la fase teorica con la fase pratica tenendo conto delle esigenze dell’impresa. Tale discrezionalità non può mai spingersi fino ad espungere una delle due fasi dalla esecuzione del contratto, atteso che entrambe sono coessenziali (Cass. 08/01/2003 n. 82). Ne segue che, qualora l’inadempimento abbia un’obiettiva rilevanza e l’inosservanza degli obblighi di formazione sia tale da non poter essere sanata in modo da consentire la formazione del giovane nel tempo stabilito, si giustifica la declaratoria di trasformazione del rapporto (Cass. 14/08/2004 n. 15878).

A tali principi si è attenuta la Corte d’appello, la quale, sostanzialmente, ha dato atto della non indispensabilità della formazione cd. formale, evidenziando, come per la formazione interna effettiva, a fronte di una analitica descrizione da parte della società, il ricorrente non avesse adeguatamente dedotto la carenza della stessa (ossia il fatto storico dell’inadempimento), limitandosi sul punto ad allegazioni estremamente generiche, tanto da rendere superflua la prova di controparte.

D’altra parte, neppure nel ricorso per cassazione il ricorrente evidenzia adeguatamente in quali aspetti concreti, la cui valutazione sarebbe stata omessa dalla corte, si sia tradotta la mancata formazione effettiva, in termini rilevanti in accordo al diritto vivente, nei principi sopra richiamati.

che anche i residui profili del terzo motivo, con il quale il ricorrente si duole delle violazioni di legge in cui sarebbe incorsa la corte quanto alle norme regolanti l’onere della prova, e a quelle, di cui al contratto collettivo e alla delibera che predicano i contenuti dell’obbligo formativo, nonchè deduce, quale vizio della motivazione, l’omessa motivazione “su un fatto controverso e decisivo per il giudizio” che consisterebbe nel “contenuto della formazione impartita da R. Giants al lavoratore M.”, sono infondati;

come emerge, infatti, dalla lettura del ricorso, parte ricorrente si dilunga a descrivere circostanze attinenti l’omissione di obblighi formali di formazione, dei quali ragionatamente la corte ha escluso la rilevanza ai fini auspicati, quali presupposti per la trasformazione del contratto e quindi della valutabilità del dedotto licenziamento, senza tuttavia richiamare, neppure testualmente, le precise allegazioni contenute in ricorso ove avrebbe spiegato concretamente e dedotto compiutamente il fatto storico in cui si sarebbe tradotto l’inadempimento dell’obbligo formativo.

La corte, a fronte di tale carenza di allegazione, di cui ha dato compiutamente conto, ha correttamente ritenuto la superfluità della prova liberatoria a carico del datore, applicando il principio generale di cui all’art. 1218 c.c. quanto agli oneri probatori in materia di inadempimento (che impongono al creditore di allegare e provare il fatto storico dell’inadempimento e al debitore, nel caso di specie, di provare l’adempimento).

Le censure in esame sono dunque palesemente inammissibili perchè, nonostante la veste formale della denuncia di violazioni di legge e di contratto, nella sostanza lamentano un errato apprezzamento da parte dei giudici di merito della vicenda storica che ha dato origine alla controversia, con una richiesta di riesame della quaestio facti che è preclusa in questa sede di legittimità, tanto più nella vigenza, come nei caso che ci occupa, dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, introdotto dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 conv. in L. n. 134 del 2012, come rigorosamente interpretato da Cass. SS. UU. nn. 8053 e 8054 del 2014.

che, infine, anche il quarto motivo, con il quale pure si deduce la motivazione apparente e l’omessa motivazione in ordine alla nullità del part-time, poichè la corte avrebbe sul punto affermato erroneamente la genericità della relativa domanda (qualificata dalla corte come illegittimità del contratto di apprendistato per non essere intervenuto part-time valido laddove – invece – si trattava di una deduzione della nullità del part-time – sia pure incidentale, affinchè all’esito della conversione scaturente non dalla stessa nullità ma dalle altre doglianze, in contratto a tempo indeterminato e “pieno” fosse poi pronunciata la relativa reintegra rispetto a tale tipo contrattuale), deve essere giudicato infondato.

Ed infatti, risulta irrilevante il denunciato errore, in ragione della non decisività della doglianza.

Il motivo in esame, con cui si denuncia un error in procedendo in cui sarebbe incorso il giudice distrettuale nel non esaminare la questione della nullità del part-time, risulta, infatti, privo della necessaria decisività che, come ricorda Cass. n. 16102 del 2016, avuto riguardo all’art. 360-bis c.p.c., n. 2, là dove implica che la violazione di norme del procedimento determini quella dei principi regolatori del giusto processo, “nell’unica lettura possibile per dare alla previsione un senso” comporta proprio che detta violazione abbia svolto un ruolo decisivo, dovendosi dimostrare che l’omessa pronuncia riguarda “una quaestio iuris astrattamente rilevante”; invero per costituire motivo idoneo di ricorso per cassazione, il vizio processuale deve necessariamente influire, in modo determinante, sulla sentenza impugnata, nel senso che la pronuncia stessa – in assenza del vizio denunciato – non sarebbe stata resa nel senso in cui lo è stata (v. per tutte: Cass. n. 22978 del 2015); infatti la lesione delle norme processuali non è invocabile in sè e per sè, essendo viceversa sempre necessario che la parte che deduce siffatta violazione adduca anche, a dimostrazione della fondatezza, la sussistenza di un effettivo pregiudizio conseguente alla violazione medesima (Cass. SS.UU. n. 3758 del 2009), poichè alla radice di ogni impugnazione deve essere individuato in interesse giuridicamente tutelato, identificabile nella possibilità di conseguire una concreta utilità o un risultato giuridicamente apprezzabile, attraverso la rimozione della statuizione censurata, e non già un mero interesse astratto ad una più corretta soluzione di una questione giuridica non avente riflessi effettivi sulla soluzione adottata (Cass. n. 18074 del 2014; Cass. n. 7394 del 2008; Cass. n. 13091 del 2003); pertanto sovente si trova dichiarato che dai principi di economia processuale, di ragionevole durata del processo e di interesse ad agire si desume quello per cui la denunzia di vizi dell’attività del giudice che comportino la nullità della sentenza o del procedimento, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), non tutela l’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce soltanto l’eliminazione del pregiudizio del diritto di difesa concretamente subito dalla parte che denuncia il vizio (v., per tutte, Cass. n. 26157 del 2014, la quale aggiunge che l’annullamento della sentenza impugnata è necessario solo se nel successivo giudizio di rinvio il ricorrente possa ottenere una pronuncia diversa e più favorevole a quella cassata);

nel caso di specie, essendo stata esclusa la conversione, con accertamento incidentale correttamente svolto, come evidenziato ampiamente, risulta non decisiva la questione della nullità del part-time, che non incide sulla illegittimità del contratto di apprendistato e che – pertanto – in un eventuale giudizio di rinvio, non condurrebbe ad una pronuncia diversa e più favorevole a quella cassata;

che alla stregua di quanto esposto il ricorso deve, pertanto, essere rigettato;

che al rigetto segue la condanna del ricorrente, secondo il principio della soccombenza, alla rifusione delle spese del presente giudizio di legittimità;

che, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti, come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 %, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 21 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 agosto 2020

 

 

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