Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16591 del 03/07/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 16591 Anno 2013
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: PAGETTA ANTONELLA

ORDINANZA
sul ricorso n. 4416 -2012 proposto da:
BETTELLA ADRIANO, BITDRN62H02G2240, elettivamente domiciliato in ROMA,
PIAZZA DI PIETRA presso lo studio dell’Avv. GIANDOMENICO MAGRONE che
unitamente all’Avv. MASSIMO DRAGONE lo rappresenta e difende giusta procura a
margine del ricorso;

– ricorrente Contro
MINISTERO DELLA SALUTE -, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in
ROMA, VIA DEI PORTOGHESI N. 12, PRESSO L’AVVOCATURA GENERALE
DELLO STATO che ex lege lo rappresenta e difende,

controrícorrente

avverso la sentenza n. 63/2011 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA del
25/1/2011, depositata il 24/2/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/04/2013 dal
Consigliere Relatore Dott. ANTONELLA PAGETTA;

Data pubblicazione: 03/07/2013

è presente il P.G. in persona del Dott. COSTANTINO FUCCI che aderisce alla

Svolgimento del processo
Il Consigliere relatore nominato ai sensi dell’art. 377 cod. proc. civ. , ha depositato la
seguente relazione ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ. e 375 cod. proc. civ. :”
Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Venezia, in riforma della sentenza
di primo grado, dichiarava non dovuta la rivalutazione monetaria della somma
corrispondente alla indennità integrativa speciale quale componente
dell’indennizzo ex lege n. 210 del 1992.
Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso Adriano Bettella deducendo,
ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 , cod. proc. civ. , la violazione e falsa
applicazione dell’art. 2 L.. n. 210 del 1992 come modificato dal d. 1. n. 548 del
1996 conv. in L. n. 238 del 1997.
Ha sostenuto la illegittimità costituzionale dell’art. 2 comma 2 L. n. 210 cit. , per
violazione degli artt. 3, 32, e 38 Cost. ove interpretato nel senso della non spettanza
della rivalutazione della componente —indennità integrativa speciale.
Il Ministero ha resistito con controricorso.
Questa Corte aveva in passato affermato ( Cass. n. 21703 del 13/10/2009) che “In
materia di danni da vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni od emoderivati, la
rivalutazione annuale non si applica all’indennità integrativa speciale, prevista
all’art. 2, secondo comma., della legge 25 luglio 1992, n. 210, sia perché il
legislatore ne ha espressamente stabilito il riconoscimento solo per l’indennizzo,
autonomamente disciplinato dal primo comma dell’art. 2 cit. (così come modificato
dalla legge 25 luglio 1997, n. 238), sia perché l’indennità integrativa speciale ha
proprio la funzione di attenuare od impedire gli effetti della svalutazione monetaria,
per cui è ragionevole che ne sia esclusa normativamente la riva lutabilità . Con tale
pronunzia era stato così disatteso il precedente orientamento di cui a Cass. n. 15894
del 2005. La infondatezza della pretesa era stata poi confermata dalla successiva
sentenza n. 22112 del 2009,che si era data carico di risolvere il contrasto. Inoltre
con l’art. 11 comma 13 del d.l. 78/2010, convertito in legge 122/2010, si è disposto
che “Il comma 2 dell’art. 2 della legge 25 febbraio 1992 n. 210 e successive
modifiche si interpreta nel senso che la somma corrispondente all’importo della
indennità integrativa speciale non è rivalutata secondo il tasso di inflazione.”. Sul
quadro normativo e giurisprudenziale attestatosi nel senso della esclusione della
rivalutabilità della componente dell’indennizzo ex lege n. 210 del 1992 rappresentata
dalla indennità integrativa speciale, è intervenuta la Corte Costituzionale la quale
con la sentenza n. 293 del 2011, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale
dell’articolo 11, commi 13 e 14, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78 ritenendo
tale disciplina non conforme al parametro dettato dall’art. 3, primo comma,
Costituzione. In particolare la Corte costituzionale si è così espressa :: ” Va
premesso che, come questa Corte ha già chiarito, la menomazione della salute
conseguente a trattamenti sanitari può determinare, oltre al risarcimento del danno

relazione.

in base alla previsione dell’art. 2043 del codice civile, il diritto ad un equo
indennizzo, in forza dell’art. 32 in collegamento con l’art. 2 Cost., qualora il danno,
non derivante da fatto illecito,sia conseguenza dell’adempimento di un obbligo
legale, come la sottoposizione a vaccinazioni obbligatorie (fattispecie alla quale è
stato assimilato il caso in cui il danno sia derivato da un trattamento sanitario che,
pur non essendo giuridicamente obbligatorio, sia tuttavia, in base ad una legge,
promosso dalla pubblica autorità in vista della sua diffusione capillare nella societa:
sentenza n. 27 del 1998); nonché il diritto, qualora ne sussistano i presupposti a
norma degli artt. 2 e 38, secondo comma, Cost., a misure di sostegno assistenziale
disposte dal legislatore nell’ambito della propria discrezionalità (sentenze n. 342 del
2006, n. 226 del 2000 e n. 118 del 1996).La situazione giuridica di coloro che, a
seguito di trasfusione, siano affetti da epatite è riconducibile all’ultima delle ipotesi
ora indicate. E il legislatore, nell’esercizio dei suoi poteri discrezionali, è intervenuto
con la legge n. 210 del 1992, prevedendo (tra l’altro) un indennizzo consistente in
una misura di sostegno economico, fondato sulla solidarietà collettiva garantita ai
cittadini, alla stregua dei citati artt. 2 e 38 Cosi., a fronte di eventi generanti una
situazione di bisogno (sentenza n. 342 del 2006, punto 3 del Considerato in diritto),
misura che trova fondamento nella insufficienza dei controlli sanitari predisposti nel
settore (sentenza n. 28 del 2009).Le scelte del legislatore, nell’esercizio dei suoi
poteri di apprezzamento della qualità, della misura,della gradualità e dei modi di
erogazione delle provvidenze da adottare, rientrano nella sfera della sua
discrezionalità. Tuttavia, compete a questa Corte verificare che esse non siano affette
da palese arbitrarietà o irrazionalità, ovvero non comportino una lesione della
parità di trattamento o del nucleo minimo della garanzia (sentenze n. 342 del 2006 e
n. 226 del 2000). Ciò posto, si deve rilevare che con l’art. 2, comma 363, della legge
24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2008), è stato disposto che”L’indennizzo
di cui all’articolo 1 della legge 29 ottobre 2005, n. 229, è riconosciuto, altresì, ai
soggetti affetti da sindrome da talidomide, determinata dalla somministrazione
dell’omonimo farmaco, nelle forme dell’amelia, dell’emimelia, della focomelia e della
macromelia”. L’art. 1 della legge 29 ottobre 2005, n. 229 rinvia, a sua volta, ai
soggetti di cui all’art. 1, comma 1, della legge n.210 del 1992 e disciplina l’ulteriore
indennizzo ai medesimi spettante, determinandone importo e modalità di erogazione
(comma 1). Il comma 4 della norma statuisce che “L’intero importo dell’indennizzo,
stabilito ai sensi del presente articolo, è rivalutato annualmente in base alla
variazione degli indici ISTAT”. Per il richiamo effettuato dalla legge n. 24 del 2007
all’intero art. 1 della legge n. 229 del 2005 anche quest’ultima disposizione si applica
all’indennizzo riconosciuto ai soggetti affetti da sindrome da talidomide. Del resto, il
regolamento di esecuzione dell’art. 2,comma 363, della legge n. 244 del 2007, recato
dal decreto ministeriale del 2 ottobre 2009, n. 163 ribadisce nell’art. 1, comma 4, che
l’importo dell’indennizzo suddetto “è interamente rivalutato annualmente in base alla
variazione degli indici ISTAT”.
Orbene, come già chiarito da questa Corte, non è ravvisabile irrazionale disparità di
trattamento dei soggetti danneggiati in modo irreversibile da emotrasfusioni rispetto

a quanti abbiano ricevuto una menomazione permanente alla salute da vaccinazioni
obbligatorie, trattandosi di situazioni diverse che non si prestano ad entrare in una
visione unificatrice (sentenza n. 423 del 2000 e ordinanza n.522 del 2000). Non
altrettanto, però, può dirsi per la situazione delle persone affette da sindrome da
talidomide. Invero, la ratio del beneficio concesso a tali persone è da ravvisare
nell’immissione in commercio del detto farmaco in assenza di adeguati controlli
sanitari sui suoi effetti, sicché esso ha fondamento analogo, se non identico, a quello
del beneficio introdotto dall’art. 1, comma 3, della legge n. 210 del 1992. Nella
sindrome da talidomide, come nell’epatite post-trasfusionale, i danni irreversibili
subiti dai pazienti sono derivati da trattamenti terapeutici non legalmente imposti e
neppure incentivati e promossi dall’autorità nell’ambito di una politica sanitaria
pubblica. Entrambe le misure hanno natura assistenziale, basandosi sulla solidarietà
collettiva garantita ai cittadini alla stregua degli artt. 2 e 38 Costituzione. In questo
quadro non si giustifica, e risulta, quindi, fonte di una irragionevole disparità di
trattamento in contrasto con l’art. 3, comma primo, Cost., la situazione venutasi a
creare, a seguito della normativa censurata, per le persone affette da epatite posttrasfusionale rispetto a quella dei soggetti portatori della sindrome da talidomide. A
questi ultimi è riconosciuta la rivalutazione annuale dell’intero indennizzo, mentre
alle prime la rivalutazione (sulla base del tasso di inflazione programmato: art. 2,
comma 1, legge n. 210 del 1992) è negata proprio sulla componente diretta a coprire
la maggior parte dell’indennizzo stesso, con la conseguenza, tra l’altro, che soltanto
questo rimane esposto alla progressiva erosione derivante dalla svalutazione. E ciò
ad onta delle caratteristiche omogenee come sopra riscontrate tra i due benefici. La
tesi della difesa dello Stato, secondo cui essi in realtà resterebbero differenziati ab
origine., “nel senso che il relativo ammontare è comunque diverso”, anche a
prescindere dalla riva lutabilità o meno della componente commisurata alla indennità
integrativa speciale inclusa nella base di calcolo, non può essere condivisa. Infatti, il
diverso ammontare dell’indennizzo attiene alla determinazione del quantum e, quindi,
risponde a legittime scelte discrezionali del legislatore che non sono qui in
discussione. Esse, comunque, non incidono sulle ragioni unificanti sopra evidenziate.
Conclusivamente, alla stregua delle esposte considerazioni, deve essere dichiarata
l’illegittimità costituzionale dell’art. 11, comma 13, del d. I. n.78 del 2010, convertito,
con modifìcazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge n. 122 del 2010. La declaratoria
riguarda anche il successivo comma 14, trattandosi di disposizione strettamente
connessa alla precedente, in quanto diretta a regolare gli effetti intertemporali della
norma interpretativa, della quale, dunque, segue la sorte. . Né si può sostenere che
essendo stato individuato,dalla citata pronunzia della Corte Costituzionale, come
tertium comparazionii la legge in materia di talidomite n. 244 del 2007, la
decorrenza dell’adeguamento rivalutativo dovrebbe fissarsi dalla data di entrata in
vigore di quest’ultima legge. Non è infatti questo il dictum della Corte Costituzionale
,perché questa non ha posto limiti temporali alla pronunzia di incostituzionalità, e la
relativa statuizione non poteva che competere esclusivamente al Giudice delle leggi:
al contrario, la Corte ha dichiarato incostituzionale anche il comma 14 della legge
122/2010, il quale disponeva la cessazione degli effetti di tutti i provvedimenti

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese
del presente giudizio, alla Corte d’appello di Venezia in altra composizione.

Roma 18 aprile 2013

emanati al fine di rivalutare l’indennità integrativa speciale. “. Alla stregua della
richiamata pronuncia della Corte costituzionale il Collegio, riunito in camera di
consiglio, pertanto, dovrà valutare se il ricorso sia manifestamente fondato”
Ritiene questo Collegio che le considerazioni svolte dal relatore sono del tutto
condivisibili siccome coerenti alla ormai consolidata giurisprudenza in materia ,
Ricorre con ogni evidenza il presupposto dell’art. 375 cod. proc. civ. .
Conseguentemente il ricorso va accolto con conseguente cassazione della sentenza
impugnata e con rinvio anche ai fini delle spese del presente giudizio alla Corte
d’appello di Venezia in altra composizione.

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