Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16590 del 05/08/2016


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Cassazione civile sez. II, 05/08/2016, (ud. 16/06/2016, dep. 05/08/2016), n.16590

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. MATERA Lina – rel. Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6058-2012 proposto da:

G.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

DELLE QUATTRO FONTANE 15, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO

CANEPA, rappresentato e difeso dall’avvocato LIBERO COSLOVICH;

– ricorrente –

contro

F.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

FRANCESCO ORESTANO 21, presso lo studio dell’avvocato FABIO

PONTESILLI, rappresentata e difesa dagli avvocati MARIA ROSA CONTE,

FRANCESCA DE PASCAL;

– controricorrente –

e contro

T.C.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 346/2011 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 15/07/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/06/2016 dal Consigliere Dott. LINA MATERA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE ALBERTO che ha concluso per l’improcedibilità del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 241/2009 il Tribunale di Tolmezzo, in accoglimento del ricorso possessorio proposto dai coniugi T.C. e F.M. nei confronti di G.A., ordinava a quest’ultimo l’immediata reintegra dei ricorrenti nel possesso della porzione di fondo di loro proprietà oggetto dell’ampliamento in loro danno, oltre alla riduzione in pristino dello stato dei luoghi, sia per quanto concerne l’ampiezza della capezzagna, sia per quanto concerne i dislivelli determinati dagli scavi e dal riporto di ghiaia; condannava, inoltre, il convenuto a pagare ai ricorrenti, a titolo di risarcimento dei danni ai sensi degli artt. 88 e 96 c.p.c., la somma di Euro 12.000,00, oltre interessi legali e spese di giudizio, ponendo altresì a carico del resistente le spese dell’accertamento tecnico d’ufficio.

Avverso la predetta sentenza proponeva appello G.A., chiedendo che, in totale riforma della stessa, venisse ordinato ai coniugi T.C. e F.M. di retrocedere la siepe di metri 3,5 o di altra misura ritenuta di giustizia; venisse revocata la liquidazione degli onorari al C.T.U. o, in subordine, si procedesse alla loro liquidazione secondo il disposto del D.M. 30 maggio 2002, art. 12; venisse respinto il ricorso possessorio proposto dalle controparti; venisse emessa sentenza di usucapione di ogni eventuale diritto dei coniugi T. in favore dell’appellante; in via subordinata, venisse disposto che gli appellati tagliassero i rami della loro siepe fino al tronco, avendo cura di non lasciare spuntoni pericolosi per i passanti; venisse ordinato ai coniugi T. di chiudere le aperture abusive effettuate nel maggio e nel luglio 2007 nella loro siepe; venisse pronunciata la condanna degli stessi T. al risarcimento dei danni. L’appellante chiedeva anche che, in via preliminare, il giudice di appello dichiarasse che il confine tra i due fondi coincideva con la linea che unisce i due gelsi della siepe dei T. o, in subordine, 50 cm. verso Nord, e che i T. non avevano alcun diritto alla strada e dovevano tagliare i rami della siepe che erano pericolosi e ostruivano il passaggio. Chiedeva, inoltre, che, in caso di conferma del confine accertato dal C.T.U., venisse dichiarato che la strada era condominiale, era larga metri 7, era centenaria; che l’uso della strada era stato migliorato semplicemente dal compartecipe alla comunione; che i T. avevano rinunciato alla loro proprietà per non uso; che non vi era stato spossessamento; che i testi avevano dichiarato il falso.

Con sentenza in data 5-7-2011 (notificata il 3-2-2012) la Corte di Appello di Trieste rigettava il gravame.

Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso G.A., sulla base di dieci motivi.

F.M. ha resistito con controricorso, mentre T.C. non ha svolto attività difensive.

In prossimità dell’udienza il ricorrente ha depositato una memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1) Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 132 c.p.c. e art. 111 Cost., omessa motivazione, violazione e falsa applicazione degli artt. 1140, 1144 e 1168 c.c., artt. 112 e 113 c.p.c., error in procedendo, omesso esame dell’atto notarile e della perizia. Deduce che dalla sentenza impugnata non si comprende cosa hanno dichiarato i testi, nè il nesso logico tra le deposizioni rese dai testi dei T. e il possesso degli stessi sia sulla “capezzagna” che sull'”ansa”; clic i testi indotti dai T. hanno mentito, come si desume dalle denunce sporte, dalle foto, dalla C.T.U., dal titolo di acquisto delle controparti.

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta violazione dell’art. 132 c.p.c. e art. 111 Cost., omessa motivazione, violazione e falsa applicazione degli artt. 1140, 1144 e 1168 c.c., artt. 112 e 113 c.p.c., error in procedendo, omesso esame dell’atto notarile e della perizia. Deduce che la Corte di Appello, ove avesse esaminato le falsità denunciate dall’appellante con il secondo motivo di impugnazione, sarebbe pervenuta alla conclusione che tutti i testi avevano mentito.

Con il terzo motivo il ricorrente si duole della violazione dell’art. 132 c.p.c., art. 111 Cost., omessa motivazione, violazione e falsa applicazione degli artt. 1140, 1144 e 1168 c.c., artt. 112 e 113 c.p.c., error in procedendo, omesso esame dell’atto notarile e della perizia, violazione dell’art. 2700 c.c.. Sostiene, in particolare: che non vi è stato alcuno spossessamento e, comunque, le controparti non possedevano la strada in contestazione, che per tutta la sua larghezza appartiene solo al G.; che il transito dei T. sulla strada per accedere alla loro proprietà costituiva mera tolleranza; che contro l’atto di acquisto degli attori non è stata proposta alcuna querela di falso; che, inoltre, la condominialità dell’area escludeva ogni possesso del bene; che, infine, il C.T.U. non aveva verbalizzato le dichiarazioni delle parti, tanto da essere denunciato, e la Corte di Appello, in violazione dell’art. 112 c.p.c., non ha esaminato la denuncia querela sporta nei confronti dell’ausiliario.

Con il quarto motivo il ricorrente lamenta violazione dell’art. 132 c.p.c., omessa motivazione, omesso esame degli atti, error in procedendo, perchè la sentenza impugnata non ha esaminato la foto 53 e le 5 foto del dott. C., nonchè il ricorso per accertamento tecnico preventivo e la relazione peritale, da cui si evince che i rami della siepe invadevano la mezzeria del tracciato carraio e misuravano metri 3,5; che i testi dei T. avevano dichiarato il falso; che i varchi erano stati fatti dai T. per ingannare il C.T.U. e, quindi, il giudice.

Con il quinto motivo viene dedotta violazione dell’art. 132 c.p.c. e omessa motivazione sul quinto motivo di appello, con cui si eccepiva la mancanza dello spossessamento, omesso esame dell’atto notarile e della perizia, error in procedendo, non avendo i T. alcun diritto di proprietà nè di possesso sull’area posta oltre la linea che unisce i due gelsi.

Con il sesto motivo viene denunciata violazione dell’art. 132 c.p.c., omessa motivazione, omesso esame dell’atto notarile e della perizia, error in procedendo, in quanto i T. non hanno alcun diritto di proprietà nè di possesso sull’area posta oltre la linea che unisce i due gelsi.

Con il settimo motivo il ricorrente si duole della violazione dell’art. 132 c.p.c., omessa motivazione, omesso esame dell’atto notarile e della perizia, error in procedendo, in quanto dalla C.T.U. risulta che i rami della siepe dei T. misurano anche metri 3,5, sono pericolosi e devono essere tagliati fino al tronco senza lasciare spuntoni che possono ferire persone che vi transitano.

Con l’ottavo motivo si lamenta violazione dell’art. 132 c.p.c., omessa motivazione, omesso esame degli atti, violazione dell’art. 669 duodecies, falsa applicazione degli artt. 1140 e 1168 c.c., error in procedendo, perchè è stata pronunciata una ingiusta condanna al risarcimento dei danni, il convenuto ha dimostrato di volere ottemperare all’ordinanza del 19-1-2005, e non è stata esaminata, in violazione dell’art. 112 c.p.c., l’eccezione di incostituzionalità dell’art. 84 disp. att. c.p.c., nella parte in cui dispone che le parti e i loro difensori non possono dettare le loro deduzioni nel processo verbale se non autorizzati dal giudice.

Con il nono motivo (rubricato nel ricorso con il n. 11) il ricorrente denuncia violazione dell’art. 132 c.p.c., omesso esame della C.T.U., error in procedendo, in quanto le domande petitorie proposte dal convenuto erano ammissibili, perchè le foto in atti dimostrano la pericolosità dei rami, e perchè l’impossibilità del convenuto di eseguire l’ordinanza del 19-1-2005 è dipesa da fatto colposo del T., il quale, nonostante la raccomandata del 14-2005, si è sempre rifiutato di precisare se e come voleva che fosse attuato il ripristino.

Con il decimo motivo (rubricato nel ricorso con il n. 12), infine, il ricorrente lamenta omesso esame degli atti, error in procedendo e omessa motivazione, per non avere la Corte di Appello considerato che i T. non avevano usato la strada in contestazione per 27 anni e, pertanto, doveva essere accolta la domanda di usucapione di ogni diritto vantato dagli stessi su tale strada, e per avere il giudice di appello erroneamente considerato come nuova la domanda di accertamento dei confini, che era stata invece proposta con la comparsa di Costituzione.

2) Il ricorso è improcedibile.

Il ricorrente ha espressamente dichiarato, a pagina 1 del ricorso, che la sentenza della Corte d’Appello di Trieste era stata notificata il 3-2-2012. Egli, tuttavia, si è limitato a produrre copia autentica della sentenza impugnata, non accompagnata dalla relata di notificazione, in violazione di quanto stabilito, a pena d’improcedibilità del ricorso, dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2.

Dalla certificazione rilasciata dalla Cancelleria, infatti, risulta che “l’unica copia della sentenza della Corte di Appello di Trieste presente nel suddetto fascicolo è quella depositata in data 15/3/2012…….ed è copia conforme dell’originale, ma non recante la relata di notificazione”.

Secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza, dal quale non vi è ragione di discostarsi, la previsione – di cui al citato art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2 – dell’onere di deposito a pena di improcedibilità, entro il termine di cui al comma 1 della stessa norma, della copia della decisione impugnata con la relazione di notificazione, ove questa sia avvenuta, è funzionale al riscontro, da parte della Corte di Cassazione – a tutela dell’esigenza pubblicistica (e, quindi, non disponibile dalle parti) del rispetto del vincolo della cosa giudicata formale -, della tempestività dell’esercizio del diritto di impugnazione, il quale, una volta avvenuta la notificazione della sentenza, è esercitabile soltanto con l’osservanza del cosiddetto termine breve. Pertanto, nell’ipotesi in cui il ricorrente, espressamente od implicitamente, alleghi che la sentenza impugnata gli è stata notificata, limitandosi a produrre una copia autentica della sentenza impugnata senza la relata di notificazione, il ricorso per cassazione deve essere dichiarato improcedibile, restando possibile evitare detta declaratoria soltanto attraverso la produzione separata di una copia con la relata avvenuta nel rispetto dell’art. 372 c.p.c., comma 2, applicabile estensivamente, purchè entro il termine di cui dell’art. 369 c.p.c., comma 1, e dovendosi, invece, escludere ogni rilievo dell’eventuale non contestazione dell’osservanza del termine breve da parte del controricorrente (v. per tutte Cass. S.U. 16-4-2009 n. 9005).

Per le ragioni esposte il ricorso in esame deve essere dichiarato improcedibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento sostenute dalla resistente F.M. nel presente grado di giudizio, liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte dichiara improcedibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 5 agosto 2016

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