Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1659 del 19/01/2022

Cassazione civile sez. VI, 19/01/2022, (ud. 22/10/2021, dep. 19/01/2022), n.1659

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19722-2020 proposto da:

C.D., domiciliato in ROMA, VIA BERTOLONI, 44 presso lo studio

dell’Avv. Giuseppe De Vergottini e rappresentato e difeso dall’Avv.

Marco Manfredi per procura speciale in calce al ricorso

– ricorrente –

contro

A.M.A., domiciliata in Roma, Via del Casale Strozzi,

31 presso lo studio dell’Avv. Anna lisa Tacconi che la rappresenta e

difende per procura notarile in atti;

– costituita –

avverso la sentenza n. 558/2020 della CORTE D’APPELLO dell’AQUILA,

depositata l’08/04/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 22/10/2021 dal Consigliere Relatore Dott. SCALIA

LAURA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

1. C.D. ricorre con tre motivi per la cassazione della sentenza in epigrafe indicata con cui la Corte d’Appello dell’Aquila, in parziale accoglimento dell’impugnazione proposta da A.M.A. ed in riforma della sentenza di primo grado, adottata in un giudizio di separazione personale, ha riconosciuto all’appellante un assegno di mantenimento di Euro 300,00 mensili nei confronti del primo, nel resto confermando, per quanto ancora rileva in lite, la statuizione di primo grado in ordine all’affido condiviso della figlia minore.

2. Con il primo motivo il ricorrente fa valere la violazione dell’art. 156 c.c., in relazione

all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la Corte aquilana riconosciuto al coniuge, A.M.A., un assegno di contributo al suo mantenimento nonostante la stessa non avesse provato la precarietà dell’incarico di insegnante e non avesse prodotto la dichiarazione dei redditi.

La Corte di merito non ha fatto corretta applicazione delle norme di legge e del principio di diritto per il quale il giudice deve tenere conto, nel valutare il diritto all’assegno di mantenimento, delle obiettive capacità di lavorare e di mantenersi del coniuge e della sua mancanza di colpa nel reperire un’occupazione lavorativa.

3. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 91 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la Corte territoriale condannato il ricorrente alle spese del doppio grado, compensate per la metà, in ragione del parziale accoglimento dell’appello proposto dalla controparte.

I giudici di appello non hanno valutato, invece, la sostanziale reciproca soccombenza delle parti sulle questioni dirimenti della lite, estremo che li avrebbe dovuto portare alla compensazione integrale delle spese.

4. Con il terzo motivo il ricorrente deduce violazione dell’art. 337-quater c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e omessa motivazione, per avere la Corte territoriale respinto la richiesta del padre di affido esclusivo della figlia minore.

5. I motivi sono infondati e, per taluni profili, inammissibili nei termini di seguito esposti.

6. Il primo motivo è infondato.

La Corte d’Appello ha riconosciuto alla signora A. l’assegno di mantenimento in applicazione dell’art. 156 c.c., come interpretato dalla giurisprudenza di legittimità.

6.1. Il diritto al mantenimento, in seguito a separazione personale, sorge non solo quando il coniuge beneficiario incolpevole versa in stato di bisogno, ma anche quando i redditi dello stesso non sono adeguati a sostenere il tenore di vita tenuto in precedenza; la prova della ricorrenza di tali estremi, che incombe su chi chiede il mantenimento, non deve essere necessariamente specifica e diretta, essendo sufficiente che venga dedotta anche implicitamente una condizione inadeguata a mantenere il precedente tenore di vita, ferma restando la possibilità dell’altro coniuge di contestare la pretesa inesistenza o insufficienza di reddito e sostanze, indicando beni o proventi che evidenzino l’infondatezza della domanda (Cass. 17/02/1987, n. 1691).

6.2. Si è ancora affermato da questa Corte che, in materia di separazione dei coniugi, grava sul coniuge richiedente l’assegno di mantenimento, ove risulti accertata in fatto la sua capacità di lavorare, l’onere della dimostrazione di essersi inutilmente attivato e proposto sul mercato occupazionale per mettere a frutto le proprie attitudini professionali, perché il riconoscimento dell’assegno a causa della mancanza di adeguati redditi propri, previsto dall’art. 156 c.c., essendo espressione del dovere solidaristico di assistenza materiale, non può estendersi a ciò che l’istante sia in grado, secondo il canone dell'”ordinaria diligenza”, di procurarsi da solo (Cass. 21/0/2021, n. 20866).

6.3. Resta altresì fermo l’ulteriore rilievo che, in tema di separazione personale dei coniugi, l’attitudine al lavoro proficuo dei medesimi, quale potenziale capacità di guadagno, costituisce elemento valutabile ai fini della determinazione della misura dell’assegno di mantenimento da parte del giudice, qualora venga riscontrata in termini di effettiva possibilità di svolgimento di un’attività lavorativa retribuita, in considerazione di ogni concreto fattore individuale e ambientale e con esclusione di mere valutazioni astratte e ipotetiche (Cass. 09/03/2018, n. 5817).

6.4. Ciò posto, la Corte d’Appello, incontroversa la capacità di lavorare della richiedente, insegnante, ha condotto una valutazione sull’attivazione della stessa a mettere a frutto le proprie attitudini professionali per reperire sul mercato del lavoro una occupazione e tanto ha fatto valorizzando, proprio, l’incarico di docenza ottenuto quale supplente in una scuola che i giudici hanno apprezzato, però, non in grado, in quanto incarico precario e temporaneo, di modificare il quadro economico della richiedente.

Nell’indicata cornice fattuale non si registra, pertanto, di contro a quanto dedotto in ricorso, alcuna inversione dell’onere della prova, non avendo, la Corte d’Appello, per le raggiunte conclusioni, posto a carico del signor Car-li, per l’appunto, l’onere di provare lo svolgimento di attività lavorativa da parte del coniuge richiedente il contributo al mantenimento.

Piuttosto, nel definito quadro di prova, la Corte di merito ha accertato, in applicazione delle indicate regole di giudizio, da una parte l’attivazione della richiedente sul mercato del lavoro secondo proprie attitudini professionali e dall’altra l’insufficienza del reddito così conseguito al mantenimento del tenore di vita matrimoniale.

Ne’ il ricorrente ha diversamente dedotto, nel proposto mezzo, in applicazione della regola di riparto nell’onere della prova tra coniuge obbligato e beneficiato dall’assegno, di avere indicato, puntualmente, beni o proventi che avrebbero evidenziato l’infondatezza della domanda di corresponsione del mantenimento.

7. Quanto al secondo motivo lo stesso è infondato in applicazione della regola, costante nell’applicazione di questa Corte, per la quale, in tema di spese processuali, il sindacato della Corte di cassazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le stesse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, per cui vi esula, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione dell’opportunità di compensarle in tutto o in parte, sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca che in quella di concorso di altri giusti motivi (Cass. 17/10/2017, n. 24502).

La Corte territoriale ha compensato parzialmente le spese accogliendo, in riforma della sentenza di primo grado, la domanda di corresponsione dell’assegno di mantenimento di A. e tanto basta a sostenere l’adottata decisione nell’esercizio del potere discrezionale proprio del giudice di merito.

8. Il terzo motivo è inammissibile per le ragioni di seguito indicate.

La Corte territoriale ha adeguatamente valutato l’assolvimento al proprio ruolo genitoriale da parte della madre, richiamando al riguardo le conclusioni raggiunte dal nominato consulente tecnico di ufficio e le relazioni dei servizi sociali, ed ogni contestazione condotta sul punto dal ricorrente, che lamenta la mancata valorizzazione di condotte materne di sistematico rifiuto alla corretta applicazione dei provvedimenti sulle modalità di visita del minore con lesione del diritto alla bigenitorialità, sortiscono effetti non concludenti per genericità della doglianza, mancanza di autosufficienza nella definizione delle condotte e della loro tempestiva allegazione dinanzi al giudice dell’impugnazione e, comunque, perché sconfinante nel merito.

9. Il ricorso va in via conclusiva rigettato.

Nulla sulle spese nel rilievo che per l’intimata è stato depositato un atto denominato “Atto di costituzione”, in cui il difensore rassegna le proprie conclusioni dichiarando di costituirsi in giudizio “al fine di espletare l’attività consentita nei termini di legge”, ma che non risulta notificato al ricorrente e che è quindi, come tale, incapace di attivare il contraddittorio rispetto al ricorrente e non suscettibile di essere qualificato come controricorso ex art. 370 c.p.c..

Deve darsi atto, ai sensi del del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Si dispone che ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2003, art. 52 siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi in caso di diffusione del presente provvedimento.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Dispone che ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2003, art. 52 siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi in caso di diffusione del presente provvedimento.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2022

 

 

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