Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16589 del 05/7/2017

Cassazione civile, sez. VI, 05/07/2017, (ud. 24/05/2017, dep.05/07/2017),  n. 16589

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6631-2016 proposto da:

O.F., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato CARLO LA SPINA;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARLA 29, presso la

sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso

unitamente e disgiuntamente dagli avvocati MAURO RICCI, EMANUELA

CAPANNOLO e CLEMENTINA PULLI;

– controricorrente –

nonchè contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, ASSESSORATO AL LAVORO DELLA

REGIONE SICILIANA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 282/2015 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 12/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/05/2017 dal Consigliere Dott. ROSA ARIENZO.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che, con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Messina rigettava il gravame dell’INPS avverso la decisione di primo grado che aveva dichiarato O.F. invalido civile nella misura dell’80% e disposto la condanna dell’istituto alla corresponsione, in favore del predetto, dell’assegno di invalidità con decorrenza dal gennaio 2011; che la Corte rilevava che il CTU officiato in secondo grado aveva confermato le conclusioni medico legali di quello di primo grado quanto alla sussistenza dello stato di invalidità (ritenendo, anzi, che questo dovesse retrodatarsi al 2008), e che pertanto la sentenza meritava conferma, nulla avendo contestato l’appellato in ordine alla decorrenza, quanto alle spese di secondo grado osservando che l’esito complessivo della lite ne giustificava l’integrale compensazione; che di tale decisione chiede la cassazione l’ O., affidando l’impugnazione ad unico motivo, cui ha opposto difese l’INPS, con controricorso, laddove le altre parti sono rimaste intimate; che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 – bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata;

2. che l’ O. si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., in relazione all’art. 360, n. 3, rilevando che la compensazione delle spese del giudizio di gravame è stata disposta in assenza di soccombenza reciproca e al di fuori del principio di causalità che deve regolarne l’attribuzione in favore della parte vittoriosa, che non abbia dato causa al processo o al suo protrarsi;

che invero nel caso di specie – sostiene la ricorrente – l’appellato non aveva svolto alcuna domanda sulla quale fosse stata ritenuta soccombente in sede di gravame, con ciò determinandosi una violazione delle norme invocate in relazione all’intervenuto pieno accoglimento delle ragioni dello stesso, limitatosi a richiedere il rigetto del gravame, e difettando gli elementi di coerenza e di compatibilità tra la decisione nel merito ed il criterio adottato dalla Corte per la regolamentazione delle spese di lite;

che si aggiunge che, di fronte all’acquiescenza dell’appellato alle statuizioni contenute nella sentenza gravata, non poteva aversi riguardo all’esito complessivo della lite e che pertanto era da ritenersi violato il criterio della soccombenza reciproca che doveva essere sotteso alla disposta compensazione;

che, analogamente, i giusti motivi alternativamente previsti dalla norma quale fondamento della compensazione delle spese non potevano essere desunti dalla struttura del tipo di procedimento contenzioso applicato, nè da particolari disposizioni che lo regolavano, laddove risultava incontrovertibile la chiara violazione di legge per effetto della mancanza di ogni motivazione in considerazione della totale conferma della sentenza appellata;

che infine, si deduce che l’evoluzione dell’orientamento legislativo è nel senso di una progressiva limitazione del potere discrezionale di compensazione delle spese di lite fino a quanto disposto dal D.L. n. 132 del 2014, n. 132, art. 13, conv. dalla L. n. 162 del 2014;

3. che il ricorso è manifestamente fondato;

3.1. che va premesso che il potere del giudice d’ appello di procedere d’ufficio ad un nuovo regolamento delle spese processuali, quale conseguenza della pronunzia di merito adottata, sussiste in caso di riforma in tutto o in parte della sentenza impugnata, in quanto il corrispondente onere deve essere attribuito e ripartito in ragione dell’esito complessivo della lite, mentre in caso di conferma della sentenza impugnata, la decisione sulle spese può essere dal giudice del gravame modificata soltanto se il relativo capo della sentenza abbia costituito oggetto di specifico motivo d’impugnazione (cfr., da ultimo, Cass. 14.10.2013 n. 23226);

3.2. che, in tema di spese giudiziali, i giusti motivi da indicarsi esplicitamente nella motivazione, in presenza dei quali, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2 (nel testo introdotto dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, applicabile ratione temporis), il giudice può compensare, in tutto o in parte, le spese del giudizio, non possono essere tratti dal tipo di procedimento contenzioso applicato nè dalle particolari disposizioni processuali che lo regolano o dalla semplicità della materia del contendere o, genericamente, dalla natura della lite, ma devono trovare riferimento in specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa (cfr. Cass. 15.12.11 n. 26987; Cass. 13.7.11 n. 15413). Diversamente, la compensazione delle spese si tradurrebbe – in specie ove l’importo delle spese sia prossimo a quello del danno economico che la parte abbia inteso evitare facendo valere innanzi al giudice un proprio diritto – in una sostanziale soccombenza di fatto della parte vittoriosa, con lesione del diritto di agire in giudizio e di difendersi ex art. 24 Cost. (cfr. Cass. 20188/2013, che richiama Cass. 10.6.11 n. 12893);

3.3. che, nella specie, il giudice del gravame ha disposto la compensazione integrale delle spese di lite del secondo grado in ragione dell’esito complessivo della lite senza soddisfare l’onere di indicare i motivi della disposta compensazione nei termini richiesti dalla norma di riferimento, atteso che rispetto al devolutum (l’INPS aveva contestato il requisito sanitario) non è sufficiente richiamare le ragioni che già avevano indotto alla compensazione delle spese di primo grado, ossia la decorrenza della prestazione da epoca successiva a quella della domanda amministrativa (peraltro, nella specie il CTU aveva rilevato che lo stato invalidante era sussistente nella misura di legge anche da epoca antecedente a quella accertata in primo grado), nè l’esito complessivo della lite, in ragione della sostanziale conferma di quanto già statuito in prime cure;

che, in particolare, proprio con riguardo alla formulazione dell’art. 92 c.p.c., comma 2, nel testo introdotto dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, comma 1, lett. a), è stato, ad esempio, osservato che la nonna dispone che il giudice può compensare le spese, in tutto o in parte, se vi è soccombenza reciproca o altri giusti motivi, esplicitamente indicati nella motivazione e che ciò non accade quando la compensazione si basi sulla “fattispecie concreta nel suo complesso”, in quanto tale formula è del tutto criptica e non consente il controllo sulla motivazione e sulla congruità delle ragioni poste dal giudice a fondamento della sua decisione (cfr. In tali termini Cass., sez. 1^, 18.2.1007 n. 26673);

3.4. che, nel caso considerato, dalla motivazione e ricostruzione del fatto contenute nella sentenza impugnata non emergono elementi di coerenza e compatibilità con una totale compensazione delle spese di lite, decisione che, assumendo una funzione accessoria rispetto a quella che definisce il giudizio, deve necessariamente valutarsi in stretta correlazione con la motivazione che sorregge la decisione di merito;

3.5. che, pertanto, considerate le circostanze cui si è fatto richiamo, relative alla infondatezza dei motivi di gravame proposti dall’INPS ed alla carenza di ogni altra argomentazione plausibile riferita al caso concreto, risulta non conforme a tali principi la disposta compensazione, per la mancata coerenza della stessa con il tenore della decisione (cfr., da ultimo, in termini, Cass. 15.9.2016 n. 18156), sicchè in adesione alla proposta del relatore il ricorso va accolto, con cassazione della decisione in ordine al capo sulle spese e rinvio alla Corte di appello designata in dispositivo per nuova statuizione sulle spese alla luce dei principi richiamati;

PQM

 

accoglie il ricorso, cassa la decisione in relazione al capo sulle spese e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Catania.

Motivazione Semplificata.

Così deciso in Roma, il 24 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2017

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