Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16589 del 05/08/2016


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Cassazione civile sez. II, 05/08/2016, (ud. 09/06/2016, dep. 05/08/2016), n.16589

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16178-2011 proposto da:

CONSERVATORIO SANTA ROSALIA (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 34, presso lo studio dell’avvocato LUCIANO

PALLADINO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

FRANCESCO BENINCASA;

– ricorrente –

contro

C.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BARRACCO

5, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO MANZIONE, che lo

rappresenta e difende;

SOCIETA’ GESTIONE DI ATTIVITA’ SGA SPA (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA PAOLO FRISI 18, presso lo studio

dell’avvocato VINCENZO MASCOLO, rappresentato e difeso dall’avvocato

MARCELLO MASCOLO;

– controricorrenti –

e contro

BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA SPA, BANCA POPOLARE DI ANCONA,

D.L.G., INTESA SAN PAOLO SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 249/2011 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 11/03/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/06/2016 dal Consigliere Dott. ELISA PICARONI;

udito l’Avvocato PALLADINO Luciano difensore del ricorrente che si

riporta agli atti depositati;

udito l’Avvocato MASCOLO Vincenzo con delega depositata in udienza

dell’Avvocato MASCOLO Marcello, difensore della società che si

riporta agli atti depositati;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO LUCIO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. – E’ impugnata la sentenza della Corte d’appello di Salerno, depositata l’11 marzo 2011 e notificata il 12 aprile 2011, che ha confermato la sentenza del Tribunale di Salerno, di rigetto della domanda di rilascio di porzione di immobile e di risarcimento danni proposta dal Conservatorio Santa Rosalia di (OMISSIS), con opposizione all’esecuzione sui beni di D.L.G., e nei confronti dell’aggiudicatario C.L., del creditore procedente Intesa San Paolo s.p.a. (già San paolo IMI s.p.a., incorporante del Banco di Napoli) dei creditori intervenuti Banca del Monte dei Paschi di Siena s.p.a. e Banca Popolare di Ancona, nonchè della debitrice esecutata.

1.1. – Il Conservatorio aveva agito assumendo che il bene posto in vendita al lotto n. 3, identificato alla p.lla 336 sub 6, comprendeva una porzione dell’appartamento confinante, identificato alla p.lla 336 sub 4, di sua proprietà.

1.2. – Il Tribunale aveva rigettato l’opposizione per carenza di prova della titolarità, in capo all’opponente, della proprietà della porzione di immobile.

La Corte d’appello confermava la decisione, osservando che l’opponente aveva articolato prova per testimoni e prodotto documenti oltre il termine previsto dall’art. 184 c.p.c., nel testo applicabile ratione temporis, per la deduzione della prova diretta, e che era inammissibile la documentazione prodotta per la prima volta in appello, poichè non ricorrevano i presupposti della indispensabilità dei documenti, nè della non imputabilità alla parte della produzione nel primo grado di giudizio. In ogni caso, la Corte d’appello evidenziava che si trattava di documenti che non dimostravano la titolarità della proprietà della porzione di immobile, nè, in senso contrario, potevano richiamarsi le considerazioni del CTU, il quale aveva esaminato la sola documentazione catastale, di per sè inidonea a dimostrare la titolarità della proprietà.

Era tardiva anche la produzione del contratto di comodato che l’opponente aveva richiamato sin dal primo grado di giudizio, assumendo che per il tramite di esso la sig.ra D.L. aveva avuto la disponibilità dei vani, in assunto inglobati nell’appartamento di sua proprietà. Il contratto di comodato, prodotto tardivamente, risultava concluso in corso di causa e conteneva il generico riconoscimento da parte della sig.ra D.L. della pregressa occupazione di un imprecisato appartamento, ed era pertanto inattendibile. Peraltro, se anche si fosse ritenuta provata l’annessione di uno o più vani da parte della sig.ra D.L., ciò non dimostrava la titolarità della proprietà dei vani stessi in capo al Conservatorio.

3. – Per la cassazione della sentenza d’appello ha proposto ricorso il Conservatorio Santa Rosalia di (OMISSIS), sulla base di un motivo.

Resistono con separati atti di controricorso C.L. e Intesa San Paolo spa, in qualità di mandataria di S.G.A. spa.

Sono rimasti intimati Banca Monte dei Paschi di Siena spa, Banca popolare di Ancona e D.L.G..

Il ricorso, chiamato all’udienza pubblica del 10 febbraio 2016, era rinviato a nuovo ruolo per mancata notifica dell’avviso di udienza al difensore del resistente C.L..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. – Il ricorso è infondato.

1.1. – Con l’unico motivo è dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 948, 950 e 2697 c.c., nonchè vizio di motivazione.

Secondo il ricorrente la Corte d’appello avrebbe erroneamente qualificato l’azione sottesa all’opposizione di terzo come rivendicazione anzichè come regolamento di confini, con le relative implicazioni in tema di onere probatorio. La proprietà dell’immobile identificato come p.lla 336 sub 4 in capo al Conservatorio non era mai stata contestata, essendo controversa l’appartenenza di una porzione di immobile, pari a mq. 4,70, di cui l’aggiudicatario C. aveva dedotto l’intervenuta usucapione.

Il ricorrente contesta, inoltre, che la Corte d’appello avrebbe ritenuto non decisivi gli accertamenti svolti dal CTU senza motivare al riguardo.

1.2. – La doglianza è infondata.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, l’interpretazione della domanda – salvo che venga dedotto un error in procedendo, nel quale caso il sindacato di legittimità si estende alla verifica diretta della denunciata illegittimità con esame degli atti (ex plurimis, Casa., Sez. U, sentenza n. 16164 del 2015) – è frutto di un tipico giudizio di fatto riservato al giudice del merito, censurabile sotto il profilo del vizio di motivazione (ex plurimis, Cass., sez. 3, sentenza n. 7932 del 2012), e non condizionato dalla formula adottata dalla parte, in quanto il giudice deve tenere presente il contenuto sostanziale della pretesa, desumibile, oltre che dal tenore delle deduzioni svolte nell’atto introduttivo e nei successivi scritti difensivi, anche dallo scopo cui la parte mira con la sua richiesta (ex plurimis, Cass., sez. 3, sentenza n. 8107 del 2006).

Nel caso in esame, dalla sentenza impugnata emerge con evidenza che l’accertamento richiesto dal Conservatorio, con l’opposizione di terzo, aveva ad oggetto l’appartenenza allo stesso Ente di una porzione dell’immobile pignorato, allo scopo di sottrarla alla procedura esecutiva, e che in questa prospettiva decisoria si era svolto l’intero giudizio di primo grado.

Esclusa in radice la configurabilità della violazione di legge, non si ravvisa il denunciato vizio di motivazione, neppure sotto il profilo dall’omesso esame della questione della diversa qualificazione della domanda, che il ricorrente non ha dimostrato di avere prospettato al giudice d’appello.

1.3. – Del pari risulta insussistente il vizio di motivazione prospettato con riguardo alla valutazione degli esiti della CTU. La Corte d’appello ha preso in esame l’accertamento contenuto nella CTU, evidenziando che tale accertamento era consistito nella “lettura” dei documenti catastali i quali, in assenza dei titoli di provenienza, non provavano la titolarità della proprietà in capo all’opponente della porzione di immobile rivendicato, potendo al più dimostrare che l’immobile sottoposto a procedura esecutiva non appartenesse per intero alla sig.ra D.L..

La motivazione così resa risulta conforme al principio consolidato secondo cui, nel giudizio di rivendica i dati catastali non hanno valore di prova, ma di semplici indizi (ex plurimis, Cass., sez. 2, sentenza n. 5131 del 2009).

2. – Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese in favore di C.L. e Società di Gestione di Attività SGA s.p.a., che liquida, per ciascuno dei controricorrenti, in complessivi Euro 2.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 9 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 5 agosto 2016

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