Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16584 del 28/07/2011

Cassazione civile sez. lav., 28/07/2011, (ud. 14/04/2011, dep. 28/07/2011), n.16584

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. FILABOZZI Antonio – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AUTOSTRADE PER L’ITALIA SPA, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE MICHELANGELO

9, presso lo STUDIO TRIFIRO’ & PARTNERS, rappresentata e difesa

dagli

avvocati ZUCCHINALI Paolo, GIACINTO FAVALLI, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

M.E., rappresentata e difesa dall’avvocato MOSHI Nyranne,

domiciliata in Roma, presso la Cancelleria della Corte Suprema di

Cassazione, giusta delega in atti;

– controricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 184/2008 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 11/02/2008, R.G.N. 742/06;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/04/2011 dal Consigliere Dott. UMBERTO BERRINO;

udito l’Avvocato ZUCCHINALI PAOLO;

udito l’Avvocato MOSHI NYRANNE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso del 12/1/05 M.E. adì il giudice del lavoro del Tribunale di Milano deducendo di aver lavorato dal 1987 per la società Autostrade con un contratto a tempo indeterminato, ma in regime di “part time verticale”, ad orario mensile di 96 ore e con turni giornalieri di 8 ore ciascuno e di aver ricevuto un trattamento normativo ed economico sfavorevole rispetto ai colleghi con rapporto di lavoro a tempo pieno, in violazione del D.Lgs. n. 61 del 2000, art. 4; inoltre, la ricorrente lamentò di aver svolto turni continui ed avvicendati in quattro sequenze, che si ripetevano in modo continuativo dal 2001, sostenendo invano il suo diritto al pagamento del lavoro notturno e di quello notturno festivo in base a quanto previsto dall’art. 11 del ccnl, a mente del quale spettava rispettivamente una maggiorazione del 40% e dell’80%, per il solo personale impegnato in turni continui ed avvicendati.

All’esito del giudizio, svoltosi in contraddittorio con la società convenuta, il giudice adito rigettò le domande, rilevando che nella fattispecie non era dato ravvisare la lamentata discriminazione per la ragione che la retribuzione oraria del lavoratore impiegato col sistema “part time” (tempo parziale) era uguale a quella del lavoratore impiegato col meccanismo “full time” (tempo pieno), mentre per la questione inerente la maggiorazione per i turni continuativi ed avvicendati il medesimo giudicante si riportò al contenuto della sentenza della Corte d’appello di Milano n. 592/04 che si era pronunziata in senso sfavorevole ai lavoratori.

A seguito di gravame proposto dalla M. la Corte d’appello, con la sentenza oggi impugnata, riformò parzialmente la decisione di primo grado accogliendo solo la parte della domanda inerente l’accertamento del diritto della lavoratrice al conseguimento delle differenze retributive scaturenti dalla illegittimità del mancato riproporzionamento della retribuzione oraria dell’appellante in comparazione con quella del personale a tempo pieno, per cui condannò la società convenuta al pagamento dell’importo di Euro 4662,70, maggiorata degli accessori di legge e di metà delle spese di lite dei due gradi di giudizio, previa compensazione dell’altra metà.

Il giudice d’appello spiegò che era fondata la doglianza dell’appellante sul fatto che la discriminazione denunziata si annidava nelle stesse modalità di calcolo della retribuzione in quanto, comparandosi la prestazione di un lavoratore part-time, coma la ricorrente, con quella di un lavoratore “full time”, che svolgeva analoghi turni avvicendati, emergeva che quest’ultimo godeva di una retribuzione oraria proporzionalmente superiore. Ciò discendeva dal fatto che la retribuzione del lavoratore a tempo pieno era fissa nelle sue voci fondamentali, laddove il divisore 170 (per i turnisti) veniva utilizzato solo per lo straordinario e per le indennità, mentre tale divisore era utilizzato per tutte le voci stipendiali dei lavoratori “part-time”, per cui tale differenziazione, seppur prevista dall’art. 24 del ccnl di categoria, finiva, in realtà, per essere contraria al divieto di trattamenti differenziati di cui al D.Lgs. n. 61 del 2000, art. 4 in quanto, in ultima analisi, comportava che la retribuzione oraria di un lavoratore a tempo parziale era meno che proporzionale rispetto a quella di un lavoratore a tempo pieno. Per la cassazione della sentenza propone ricorso la società Autostrade per l’Italia S.p.a che affida l’impugnazione a tre motivi di censura.

Resiste con controricorso la M. la quale propone, a sua volta, ricorso incidentale affidato ad un solo motivo. Entrambe le parti depositano memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo la ricorrente principale si duole dell’insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5) sostenendo l’erroneità della pretesa della lavoratrice, accolta con motivazione insufficiente dalla sentenza impugnata, della comparazione della sua categoria di appartenenza (lavoratori part- time) a quella dei lavoratori, come quelli a tempo pieno, che operano in turni continui ed avvicendati; l’erroneità di una tale comparazione risiede, secondo la società, nel fatto che è diversa la tipologia contrattuale di orario di lavoro di questi ultimi lavoratori rispetto a quella dei lavoratori part time, tanto che la stessa comparazione è stata esclusa perfino dal giudice d’appello nella parte in cui ha negato alla lavoratrice il diritto alle rivendicate maggiorazioni nella misura di cui all’art. 11, comma 10 (lavoro notturno e notturno festivo).

L’erroneità della suddetta comparazione comporta altresì, secondo la società, l’erroneità dell’affermata violazione del principio di non discriminazione di cui al D.Lgs. n. 61 del 2000, art. 4.

2. Col secondo motivo ci si duole dell’insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5) obiettandosi che, contrariamente a quanto affermato nella sentenza impugnata, la retribuzione oraria, da porre a base del calcolo in questione, è sempre la stessa, sia per il personale “full- time” che per quello “part-time”, in quanto è convenzionalmente determinata suddividendo la retribuzione mensile per il divisore 170, mentre la differenza esiste solo nell’applicazione di tale divisore, che per i lavoratori a tempo pieno opera per le voci variabili, mentre per quelli a tempo parziale per tutte le voci, sia fisse che variabili.

3. La violazione del D.Lgs. n. 61 del 2000, art. 4 è l’oggetto di denunzia del terzo motivo. In particolare si sostiene che il principio di “non discriminazione” di cui alla norma in esame non può essere confuso col principio di parità di trattamento che è, tra l’altro, insussistente nel nostro sistema. L’importo della retribuzione oraria uguale per entrambe le categorie di lavoratori di cui trattasi è sufficiente, secondo tale tesi, a garantire il rispetto del divieto di erogare un trattamento meno che favorevole per i lavoratori “part time”.

Col quesito di diritto si chiede, quindi, di accertare se il metodo di calcolo per il quale la medesima retribuzione oraria (determinata suddividendo la retribuzione mensile per un divisore convenzionale, 170), utilizzata per computare solo le voci variabili di un lavoratore full-time e la retribuzione fissa e le voci variabili di un lavoratore part-time, sia rispettoso del principio di non discriminazione di cui al D.Lgs. n. 61 del 2000, art. 4 o se, invece, non lo sia, per il fatto di comportare una retribuzione globale del lavoratore part-time non proporzionale rispetto alla retribuzione globale del lavoratore full-time, con violazione, in quest’ultimo caso, del principio di non discriminazione.

Col ricorso incidentale la lavoratrice denunzia l’insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5) in ordine al mancato riconoscimento del diritto alla maggiorazione prevista per il lavoro notturno (40%) e per il lavoro notturno festivo (80%) come goduta dai lavoratori a tempo pieno impiegati in turni, come il suo, continui ed avvicendati; in pratica, nel contestare tale parte della decisione a lei sfavorevole, la lavoratrice ritiene che la minore gravosità del lavoro complessivamente svolto dai lavoratori operanti in regime di “part time” non costituisca ragione valida per l’applicazione ridotta nei loro confronti delle maggiorazioni di cui all’art. 11, punto 10, del CCNL Autostrade 16/2/00.

Preliminarmente va disposta la riunione dei ricorsi ai sensi dell’art. 335 c.p.c. Ritiene la Corte che i tre motivi di censura del ricorso principale possono essere trattati congiuntamente in quanto gli stessi impogono nel loro insieme di stabilire se il mancato riproporzionamento della retribuzione oraria di una lavoratrice assunta con contratto a tempo indeterminato in regime di “part time verticale” rispetto a quella dei suoi colleghi impiegati a tempo pieno in analoghi turni avvicendati costituisca o meno violazione del divieto di discriminazione di cui al D.Lgs. n. 61 del 2000, art. 4.

La società contesta, infatti, che la retribuzione oraria del lavoro a tempo parziale sia meno che proporzionale rispetto a quella prevista per il lavoro a tempo pieno, contrariamente a quanto sostenuto nella sentenza impugnata in cui si afferma che, a differenza di quello che accade per i turnisti a tempo pieno, i quali beneficiano del fatto che il divisore 170 viene utilizzato solo per lo straordinario e per alcune indennità, i lavoratori assunti col sistema “part time” si vedono applicare tale divisore su tutte le voci stipendiali, conseguendo, in tal modo, una retribuzione non esattamente proporzionale per il numero di ore lavorate a quella erogata ai dipendenti impegnati in regime “full time”.

La materia in esame è disciplinata dal D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 61 (G.U. n. 66 del 20/3/2000) che è attuativo della direttiva 97/81/CE relativa all’accordo-quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall’UNICE, dal CEEP e dal CES che tra le proprie finalità prevede, alla lettera a), quella di assicurare la soppressione delle discriminazioni nei confronti dei lavoratori a tempo parziale e di migliorare la qualità del lavoro a tempo parziale.

La clausola 3) di tale accordo, riguardante le definizioni, stabilisce che si intende per: 1) “lavoratore a tempo parziale”, il lavoratore il cui orario di lavoro normale, calcolato su base settimanale o in media su un periodo di impiego che può andare fino ad un anno, è inferiore a quello di un lavoratore a tempo pieno comparabile; 2) “lavoratore a tempo pieno comparabile”, il lavoratore a tempo pieno dello stesso stabilimento, che ha lo stesso tipo di contratto o di rapporto di lavoro e un lavoro/occupazione identico o simile, tenendo conto di altre considerazioni che possono includere l’anzianità e le qualifiche/competenze.

Nella stesa clausola è stabilito che, qualora non esistesse nessun lavoratore a tempo pieno comparabile nello stesso stabilimento, il paragone si effettuerebbe con riferimento al contratto collettivo applicabile o, in assenza di contratto collettivo applicabile, conformemente alla legge, ai contratti collettivi o alle prassi nazionali. Inoltre, ai primi tre punti della clausola 4) sul principio di non-discriminazione è previsto che per quanto attiene alle condizioni di impiego, i lavoratori a tempo parziale non devono essere trattati in modo meno favorevole rispetto ai lavoratori a tempo pieno comparabili per il solo motivo di lavorare a tempo parziale, a meno che un trattamento differente sia giustificato da ragioni obiettive (1), che dove opportuno, si applica il principio “pro rata temporis” (2) e che le modalità di applicazione della presente clausola sono definite dagli Stati membri e/o dalle parti sociali, tenuto conto della legislazione europea e delle leggi, dei contratti collettivi e delle prassi nazionali (3).

Nel dare attuazione a tale direttiva europea il legislatore nazionale ha introdotto, con il D.Lgs. n. 61 del 2000, art. 4 il principio di non discriminazione, stabilendo quanto segue:

1. Fermi restando i divieti di discriminazione diretta ed indiretta previsti dalla legislazione vigente, il lavoratore a tempo parziale non deve ricevere un trattamento meno favorevole rispetto al lavoratore a tempo pieno comparabile, intendendosi per tale quello inquadrato nello stesso livello in forza dei criteri di classificazione stabiliti dai contratti collettivi di cui all’art. 1, comma 3, per il solo motivo di lavorare a tempo parziale.

2. L’applicazione del principio di non discriminazione comporta che:

a) Il lavoratore a tempo parziale benefici dei medesimi diritti di un lavoratore a tempo pieno comparabile in particolare per quanto riguarda l’importo della retribuzione oraria; la durata del periodo di prova e delle ferie annuali; la durata del periodo di astensione obbligatoria e facoltativa per maternità; la durata del periodo di conservazione del posto di lavoro a fronte di malattia; infortuni sul lavoro, malattie professionali; l’applicazione delle norme di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro;

l’accesso ad iniziative di formazione professionale organizzate dal datore di lavoro; l’accesso ai servizi sociali aziendali; i criteri di calcolo delle competenze indirette e differite previsti dai contratti collettivi di lavoro; i diritti sindacali, ivi compresi quelli di cui al titolo 3^ della L. 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni. I contratti collettivi di cui all’art. 1, comma 3, possono provvedere a modulare la durata del periodo di prova e quella del periodo di conservazione del posto di lavoro in caso di malattia qualora l’assunzione avvenga con contratto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale;

b) il trattamento del lavoratore a tempo parziale sia riproporzionato in ragione della ridotta entità della prestazione lavorativa in particolare per quanto riguarda l’importo della retribuzione globale e delle singole componenti di essa; l’importo della retribuzione feriale; l’importo dei trattamenti economici per malattia, infortunio sul lavoro, malattia professionale e maternità. Resta ferma la facoltà per il contratto individuale di lavoro e per i contratti collettivi, di cui all’art. 1, comma 3, di prevedere che la corresponsione ai lavoratori a tempo parziale di emolumenti retributivi, in particolare a carattere variabile, sia effettuata in misura più che proporzionale.

Orbene, alla luce di tali disposizioni normative deve trarsi la conclusione che il rispetto del principio di non discriminazione, di cui al D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 61, art. 4 attuativo della direttiva 97/81/CE relativa all’accordo – quadro sul lavoro a tempo parziale, per effetto del quale il lavoratore a tempo parziale non deve ricevere un trattamento meno favorevole rispetto al lavoratore a tempo pieno comparabile, intendendosi per tale, secondo tale disposizione, quello inquadrato nello stesso livello in forza dei criteri di classificazione stabiliti dai contratti collettivi di cui all’art. 1, comma 3, del decreto cit. (contratti collettivi nazionali stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi, contratti collettivi territoriali stipulati dai medesimi sindacati e contratti collettivi aziendali stipulati dalle rappresentanze sindacali aziendali, di cui alla L. 20 maggio 1970, n. 300, art. 19 e successive modificazioni), esclude che la suddetta comparazione possa eseguirsi in base a criteri diversi da quello contemplato dalla norma con esclusivo riferimento all’inquadramento previsto dalle fonti collettive, per cui non possono valere criteri alternativi di comparazione, quale quello del sistema della turnazione continua ed avvicendata seguita dai lavoratori a tempo pieno.

Ne consegue che il richiamo operato dalla ricorrente principale a quest’ultimo sistema di turnazione a sostegno delle proprie censure è infondato. Egualmente privo di pregio è il tentativo della ricorrente società diretto a sostenere che la figura dei lavoratori a tempo pieno alle sue dipendenze non può essere presa come punto di riferimento nell’applicazione del concetto di “lavoratore a tempo pieno comparabile”, svolgendo i medesimi dei turni continui ed avvicendati, in quanto, come evidenziato sopra, la norma in questione, nel prevedere, espressamente che per “lavoratore a tempo pieno comparabile” deve intendersi quello inquadrato nello stesso livello in forza dei criteri di classificazione stabiliti dai contratti collettivi nazionali di lavoro, esclude che ci si possa riferire a circostanze di fatto diverse, quali quelle inerenti le caratteristiche della continuità e dell’avvicendamento dei turni in cui sono impegnati i lavoratori a tempo pieno. Ne consegue, altresì, l’infondatezza dei rilievi che poggiano sulla assenta validità del metodo di calcolo adoperato, vale a dire quello che contempla l’applicazione dello stesso divisore in misura diversa tra lavoratori a tempo pieno e a tempo parziale, ove la diversità deriva dal fatto che solo per questi ultimi il divisore 170 è commisurato a tutte le voci stipendiali, posto che un tale metodo non contribuisce di certo al pieno rispetto del principio della non discriminazione cui al citato D.Lgs. n. 61 del 2000, art. 4 la cui priorità è, invece, assicurata sia dalla normativa europea che da quella nazionale.

Non va, infatti, sottaciuto che il secondo comma dello stesso art. 4 prevede alla lett. b) che il riproporzionamento debba avvenire in particolare per l’importo della retribuzione globale e delle singole componenti di essa, con ciò lasciando intendere che il metodo del riproporzionamento deve essere esaustivo. Una tale soluzione è confortata anche dalla considerazione per la quale lo stesso comma dell’art. 4 prevede che la corresponsione ai lavoratori a tempo parziale di emolumenti retributivi, in particolare quelli a carattere variabile (cioè proprio quelli per i quali è esclusivamente applicato il divisore 170 in favore dei soli lavoratori a tempo pieno), sia effettuata in misura più che proporzionale. Tale principio si salda con quello contenuto nel comma 1 dello stesso art. 4 per il quale il lavoratore a tempo parziale non deve ricevere un trattamento meno favorevole rispetto al lavoratore a tempo pieno comparabile, intendendosi per tale, come già visto, quello inquadrato nello stesso livello di fonte collettiva. Anche il ricorso incidentale, incentrato sul mancato riconoscimento del diritto alla maggiorazione prevista per il lavoro notturno e per quello notturno festivo nella stessa misura goduta dai lavoratori a tempo pieno, è infondato. Invero, dalla lettura della motivazione della sentenza impugnata è dato evincere, a tal riguardo, che il minor dato quantitativo e qualitativo della prestazione dei lavoratori “part time”, così come accertato in giudizio, non poteva non aver avuto effetti sulla continuità della prestazione, condizione, questa, imprescindibile, secondo l’interpretazione contrattuale ricavatane dal giudice d’appello, per l’accesso alla maggiorazione nella misura prevista dal contratto ed invocata dalla lavoratrice. Pertanto, i rilievi svolti col ricorso incidentale non scalfiscono la congruità della motivazione su tale specifico aspetto della questione, atteso che, ai fini della giustificazione della diversa quantificazione delle suddette maggiorazioni, la stessa riposa sul dato oggettivo della accertata continuità e pienezza temporale della prestazione resa dai dipendenti operanti a tempo pieno ed in turni continui ed avvicendati rispetto alla prestazione meno gravosa resa dalla M.. In definitiva, entrambi i ricorsi vanno rigettati.

La reciproca soccombenza delle parti induce la Corte a ritenere interamente compensate tra le stesse le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta. Spese compensate.

Così deciso in Roma, il 14 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2011

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