Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16580 del 05/07/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 05/07/2017, (ud. 08/03/2017, dep.05/07/2017),  n. 16580

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4695/2012 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS) in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro

tempore, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A.

Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S. C.F. (OMISSIS),

in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati

ANTONINO SGROI, CARLA D’ALOISIO, LELIO MARITATO, giusta delega in

atti;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Ministro pro

tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO

presso i cui Uffici domicilia in ROMA ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12;

– resistente –

e contro

RIVA DEL SOLE S.R.L. (OMISSIS), EQUITALIA SUD CONCESSIONARIO

RISCOSSIONE PROVINCIA BARI;

– intimati –

nonchè da:

RIVA DEL SOLE S.R.L. P.I. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

CRESCENZIO 91, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO LUCISANO, che

la rappresenta e difende unitamente agli avvocati ANTONIO DE FEO,

ELIO VULPIS, giusta delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE C.F. (OMISSIS)

in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore,

in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. Società di

Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S. C.F. (OMISSIS), in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONINO SGROI,

CARLA D’ALOISIO, LELIO MARITATO, giusta delega in atti;

– controricorrente al ricorso incidentale –

e contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, EQUITALIA SUD CONCESSIONARIO

RISCOSSIONE PROVINCIA BARI;

– intimati –

avverso la sentenza n. 5975/2011 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 09/11/2011 R.G.N. 2833/10;

il P.M., ha depositato conclusioni scritte.

Fatto

RILEVATO

che con sentenza n. 5975/2011 la Corte d’appello di Bari – su appello principale dell’INPS ed appello incidentale di Riva del Sole s.r.l. – in parziale riforma della sentenza del Tribunale della stessa città, ha accolto interamente l’opposizione a cartella esattoriale per il recupero di agevolazioni indebite fruite da Riva del Sole s.r.l. per contratti di formazione e lavoro intercorsi dal 1996 al 2001 rideterminando la condanna dell’INPS al pagamento delle spese di primo grado;

che la Corte territoriale ha ritenuto, contrariamente alla decisione di primo grado, che poichè nel corso del giudizio era stata dimostrata la conformità alle prescrizioni del Trattato di 45 contratti di formazione e lavoro, doveva solo annullarsi la cartella e non poteva disporsi la condanna per il recupero degli sgravi irregolari (riferiti a tre sole posizioni), al pagamento di Euro 6.830,00 in quanto non richiesta dall’INPS e, comunque, in violazione della clausola del de minimis visto che l’importo del beneficio era inferiore alla soglia dei 100.000 Euro nel triennio;

che avverso tale sentenza l’INPS, anche quale mandatario di S.C.C.I., ha proposto ricorso affidato a due motivi al quale ha risposto Riva del Sole s.r.l. con controricorso e ricorso incidentale fondato su cinque motivi. L’Inps si è difeso con controricorso mentre è rimasta intimata Equitalia Sud s.p.a. e la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha solo depositato procura;

che il P.G. in data 3 febbraio 2017 ha richiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso principale ed il rigetto del ricorso incidentale condizionato.

Diritto

CONSIDERATO

Che il ricorso principale non è tardivo, per decorso del termine di cui all’art. 325 c.p.c., posto che la sentenza impugnata è stata notificata in data 7 dicembre 2011 ed il ricorso per cassazione è stato consegnato all’ufficiale giudiziario il 7 febbraio 2012, come si evince dal timbro apposto dall’ufficiale giudiziario contenente la specifica dei diritti ed il n. 7539 del cronologico (vd. Cass. n. 3755/2015 e Corte Cost. 477/20029;

che il primo motivo del ricorso principale, relativo alla violazione dell’art. 112 c.p.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), laddove la Corte di merito ha ritenuto l’ultrapetizione della condanna disposta dal primo giudice ad una somma inferiore rispetto a quella originariamente portata dalla cartella opposta, è ammissibile perchè coglie interamente il senso del capo di sentenza impugnato ed è pure fondato; invero, come si evince dalla lettura della memoria difensiva del 3 settembre 2008, possibile in questa sede atteso il tipo di vizio lamentato, l’Inps aveva chiesto “in via gradata la condanna dell’opponente al pagamento del credito contributivo, oltre somme accessorie, come accertato in corso di causa, ovvero comunque accertarsi la consistenza del credito Inps”; ciò basta a fondare l’obbligo del giudice di decidere sulla intera pretesa dell’Istituto anche per determinare importi inferiori alle richieste principali, (vd. Cass. 11717/2014; 23600/2009; 5763/2002);

che il secondo motivo proposto dall’INPS, relativo alla violazione degli artt. 87 ed 88 del Trattato CE, del Reg. CE n. 994/1998, dell’art. 2 del Reg. CE del 12.1.2001, della dec. della Commissione dell’11.5.1999, della dec. della C. Giust. del 7.3.2002, C-310/99, dell’art. 2697 c.c., artt. 115, 116 e 437 c.p.c., D.L. 14 maggio 1994, art. 16, conv. con mod. in L. n. 451 del 1994, L. n. 196 del 1997, art. 15 ed a vizio di motivazione (art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5), è ammissibile in quanto nella parte espositiva censura specificamente la sentenza impugnata laddove la stessa ha formulato la decisione ad abundantiam, rispetto alla ragione oggetto del precedente motivo, sulla sussistenza dei presupposti di applicazione della clausola del de minimis;

che tale motivo è fondato posto che questa Corte di Cassazione in plurime occasioni (vd. Cass. n. 11228/2011; 6671/2012; 6780/2013; 13687, 13793, 13794 e 25269/2016) ha affermato che la regola de minimis costituisce un’eccezione alla generale disciplina relativa agli aiuti di Stato, stabilendo una soglia di aiuto al di sotto della quale la disciplina restrittiva degli aiuti di Stato contenuta nel Trattato CE deve considerarsi inapplicabile, e ha chiarito non soltanto che la sussistenza delle specifiche condizioni concretizzanti l’applicabilità della regola de minimis costituisce elemento costitutivo del diritto a beneficiare dello sgravio contributivo, che come tale deve essere provato dal soggetto che lo invoca (Cass. n. 6756 del 2012), ma soprattutto che per la sussistenza di tali condizioni non basta che l’importo chiesto in recupero ed oggetto del singolo procedimento sia inferiore alla soglia fissata dalla decisione della Commissione Europea dell’11.5.1999, dovendo invece la relativa prova riguardare l’ammontare massimo totale dell’aiuto rientrante nella categoria de minimis su un periodo di tre anni a decorrere dal momento del primo aiuto de minimis, comprendendovi qualsiasi aiuto pubblico accordato sotto qualsiasi forma, e fermo restando che, in caso di superamento della soglia, riacquista vigore in pieno la disciplina del divieto che involge l’intera somma, la quale deve essere recuperata per l’intero e non solo per la parte che eccede la soglia di tolleranza, a prescindere dalla circostanza che l’aiuto sia stato erogato in epoca precedente al Regolamento (CE) n. 69/2001;

che la Corte territoriale viceversa ha ritenuto di poter dare applicazione alla regola in questione sulla sola base dell’importo dei contributi oggetto della richiesta di restituzione, omettendo di condurre gli ulteriori accertamenti di cui supra s’è detto per cui risulta evidente lo scostamento dai principi di diritto ormai consolidatisi nella giurisprudenza di questa Corte di legittimità;

che il primo motivo del ricorso incidentale, relativo alla violazione degli artt. 342 e 434 c.p.c., laddove la sentenza impugnata non avrebbe colto la genericità dei motivi d’appello proposti dall’INPS, è infondato posto che nello stesso motivo si dà atto che l’Istituto ha censurato la sentenza del Tribunale in punto di affermazione della illegittimità della cartella e di omessa condanna della società al pagamento degli interessi composti pari ad Euro 3401,17 e ciò in relazione agli specifici punti della decisione appellata nei quali si è qualificata in questi termini la cartella opposta, in quanto emessa in assenza dei necessari accertamenti, e si è condannata la società in maniera generica al pagamento degli interessi, con ciò dimostrandosi, nei limiti in cui è consentito a questa Corte di legittimità (vd. Cass. 8069/2016) la sussistenza della relazione e della pertinenza che legano i motivi d’appello principale ai capi della sentenza impugnati;

che il secondo, il quarto ed il quinto motivo del ricorso incidentale che ripropongono i motivi assorbiti in appello, relativi alla violazione del D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, della dec. della Commissione europea dell’11 maggio 1999 e della sent. della Corte di giust. del 7 marzo 2002 C-310/1999, per la violazione delle modalità di accertamento del recupero, della violazione del principio dell’affidamento e la omessa pronuncia sul diritto al risarcimento del danno derivante dalla condotta dello Stato italiano, sono strettamente connessi ed infondati in ragione della consolidata giurisprudenza di questa Corte di Cassazione secondo la quale in tema di recupero di aiuti di Stato, pur in presenza nell’ordinamento italiano di norme istitutive di esenzioni analoghe a quelle ritenute contrastanti con il diritto comunitario e nella conseguente difficoltà di comprendere quali in concreto possano costituire aiuti di stato illegittimi, le imprese che ne siano beneficiarie non possono fare legittimo affidamento sulla loro fruizione ove gli stessi siano stati concessi senza previa notifica alla Commissione, rientrando nella diligenza dell’operatore economico accertare che la procedura prevista per il controllo di regolarità degli aiuti da parte della Commissione sia stata rispettata (Cass. n. 13479 del 2016) e non rilevando in senso contrario eventuali pronunce dei giudici nazionali, ivi inclusa la Corte costituzionale, essendo la valutazione di compatibilità degli aiuti con il mercato comune di spettanza esclusiva della Commissione europea (Cass. n. 6756 del 2012); in difetto di incolpevole affidamento, non può dunque l’impresa pretendere di addossare allo Stato e/o all’INPS le conseguenze della propria mancata diligenza essendo propriamente quest’ultima a fondare quell’auto responsabilità invocata da parte ricorrente. Deve, quindi affermarsi che la specialità dei presupposti del recupero posto in essere dall’INPS non rende accostabili alla relativa azione le procedure ordinariamente utilizzate dall’INPS per assicurare l’esatto adempimento degli obblighi contributivi; anche in questa sede, peraltro, resta necessariamente assorbito nella negazione di un diritto del datore di lavoro a fruire dell’aiuto di Stato illegittimo il profilo dell’omessa pronuncia su pretese risarcitorie;

Che il terzo motivo del ricorso incidentale, relativo alla violazione e falsa applicazione della L. n. 335 del 1995, art. 3, è pure infondato alla luce del principio affermato da questa Corte di legittimità (cfr. Cass. nn. 6671 e 6756 del 2012), secondo cui agli effetti del recupero degli sgravi contributivi integranti aiuti di Stato incompatibili col mercato comune, vale il termine ordinario di prescrizione decennale di cui all’art. 2946 c.c., decorrente dalla notifica alla Repubblica Italiana della decisione comunitaria di recupero, atteso che, ai sensi degli artt. 14 e 15 del Regolamento (CE) n. 659/1999, siccome interpretati dalla giurisprudenza comunitaria, le procedure di recupero sono disciplinate dal diritto nazionale, ex art. 14 cit., nel rispetto del principio di equivalenza fra le discipline, comunitaria e interna, nonchè del principio di effettività del rimedio, mentre il periodo limite decennale ex art. 15 cit. riguarda l’esercizio dei poteri della Commissione circa la verifica di compatibilità dell’aiuto e l’eventuale decisione di recupero; per contro, non possono ritenersi applicabili nè il termine di prescrizione dell’azione di ripetizione ex art. 2033 c.c., atteso che lo sgravio contributivo opera come riduzione dell’entità dell’obbligazione contributiva e l’ente previdenziale, che agisce per il pagamento degli importi corrispondenti agli sgravi illegittimamente goduti, non può conseguentemente definirsi attore in ripetizione di indebito oggettivo, nè il termine di prescrizione quinquennale L. n. 335 del 1995, ex art. 3, commi 9 e 10, dal momento,che, riguardando tale disposizione le sole contribuzioni di previdenza e assistenza sociale e potendo invece l’incompatibilità comunitaria riguardare qualsiasi tipo di aiuto, non è possibile assimilare l’azione di recupero dello sgravio da aiuto di Stato illegittimo e l’azione di pagamento di contributi non versati e applicare analogicamente alla prima il termine di prescrizione proprio della seconda, in quanto la previsione dell’art. 2946 c.c., esclude la sussistenza di alcuna lacuna normativa;

che, pertanto, va accolto il ricorso principale e rigettato quello incidentale e la sentenza va cassata e rinviata per un nuovo esame, alla luce dei principi espressi nell’accogliere i due motivi di ricorso proposto dall’INPS, alla Corte d’appello di Bari in diversa composizione; che le spese saranno regolate in sede di rinvio.

PQM

 

La Corte accoglie il ricorso principale, rigetta il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Bari in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 8 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2017

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