Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16578 del 05/08/2016


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Cassazione civile sez. II, 05/08/2016, (ud. 05/05/2016, dep. 05/08/2016), n.16578

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. MATERA Lina – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1880-2012 proposto da:

M.T.G. nato a (OMISSIS) il (OMISSIS),

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA A. CARONCINI 6, presso lo

studio dell’avvocato GENNARO CONTARDI, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Per la REPUBBLICA ITALIANA e la PRESIDENZA del CONSIGLIO dei MINISTRI

in persona del Presidente del Consiglio pro tempore, per il

MINISTERO BENI e le ATTIVITA’ CULTURALI e per il MINISTERO

dell’ECONOMIA e delle FINANZE in persona dei rispettivi Ministri pro

tempore, domiciliati ex lege in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

PARROCCHIA DI SAN LORENZO in FIRENZE, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO

VITTORIO EMENUELE II 18, presso STUDIO GREZ & ASSOCIATI S.r.l.,

rappresentata e difesa dagli avvocati MAURO GIOVANNELLI, ILARIA

CASTELLANI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1360/2011 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 25/10/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/05/2016 dal Consigliere Dott. ELISA PICARONI;

udito l’Avvocato GENNARO CONTARDI, difensore del ricorrente, che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato MARIO ANTONIO SCINO, difensore nominato

dall’Avvocatura Generale dello Stato, che ha chiesto

l’inammissibilità, in subordine il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato RENATO MIELE, con delega

dell’Avvocato MAURO GIOVANNELLI difensore della Parrocchia, che si

riporta agli atti depositati;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. – E’ impugnata la sentenza della Corte d’appello di Firenze, depositata il 25 ottobre 2011, che ha rigettato l’appello proposto da M.T.G. avverso la sentenza del Tribunale di Firenze n. 1360 del 2011 e nei confronti della Repubblica Italiana, del Ministero dell’economia e delle finanze, del Ministero per i beni e le attività culturali e della Parrocchia di San Lorenzo in Firenze.

1.1. – Il sig. M.T. aveva agito nella qualità di discendente della famiglia M. di (OMISSIS) ed unico erede della Principessa M.A.M.L., E.P., per chiedere la condanna della Repubblica Italiana e della Parrocchia di San Lorenzo in Firenze al pagamento dell’importo corrispondente alle rendite annue previste dal testamento del 5 aprile 1739, integrato dai codicilli in data 7 ottobre e 3 dicembre 1739, con il quale la Principessa aveva disposto che i discendenti maschi della famiglia M. beneficiassero “in infinito” di una rendita vitalizia annua il cui importo, all’attualità, era stato stimato da perizia dell’attore in Euro 84.160.000,00.

Il Tribunale aveva ritenuto che le invocate disposizioni testamentarie integrassero un fedecommesso, e come tali fossero nulle ai sensi dell’art. 692 c.p.c., comma 1.

2. – La Corte d’appello ha rigettato il gravame rilevando l’inammissibilità dell’unico motivo di appello per violazione del divieto di mutatio libelli.

La prospettazione dell’appellante, con la quale la disposizione testamentaria era invocata nella asserita valenza di trattato internazionale, introduceva una nuova causa petendi e quindi una nuova domanda, inammissibile ai sensi dell’art. 345 c.p.c., comma 1.

3. – Per la cassazione della sentenza M.T.G. ha proposto ricorso sulla base di due motivi.

Resistono con separati atti di controricorso l’Avvocatura generale dello Stato e la Parrocchia di San Lorenzo in Firenze.

Il ricorrente M.T. e la resistente Parrocchia di San Lorenzo in (OMISSIS) hanno depositato memorie in prossimità dell’udienza.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. – Preliminarmente si deve esaminare l’eccezione formulata dall’Avvocatura generale dello Stato, con riferimento alla carenza di legittimazione passiva della Presidenza della Repubblica, evocata in giudizio in rappresentanza dello Stato.

1.1. – L’eccezione è fondata.

Lo Stato può essere convenuto in giudizio nelle persone del Presidente del Consiglio dei ministri o dei singoli Ministri competenti in riferimento alla materia controversa, non anche del Presidente della Repubblica, il quale non fa parte del potere esecutivo e dell’Amministrazione dello Stato (Corte cost., sentenza n. 129 del 1981).

La Costituzione (artt. 83-91) ha configurato il Presidente della Repubblica come titolare di un autonomo potere neutro, collocato al di fuori dei tradizionali poteri dello Stato, garante della Costituzione e dell’unità nazionale, le cui numerose attribuzioni e connesse funzioni non implicano mai una sua partecipazione diretta all’attività dello Stato-soggetto (Corte cost., sentenza n. 1 del 2013).

2. – Nel merito, il ricorso è infondato.

2.1. Con il primo motivo è dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 180, 183 e 345 c.p.c., nel testo applicabile ratione temporis, sul rilievo che il ricorrente già nel giudizio di primo grado – con la memoria ex art. 180 c.p.c., richiamata per relationem nella memoria ex art. 183 – aveva dedotto che la Repubblica italiana era subentrata al Regno d’Italia nelle obbligazioni da questo assunte con il (OMISSIS), per effetto dell’incameramento del territorio del medesimo Stato del (OMISSIS), e che la Principessa M.A.M.L., in qualità di erede pro-quota del patrimonio della Famiglia dè M., aveva disposto dei beni del proprio Feudo.

2.2. – La doglianza è infondata.

Come rilevato dalla Corte d’appello, la pretesa avanzata dall’attore era fondata sulla disposizione testamentaria datata 5 aprile 1739, come integrata dai codicilli in data 7 ottobre e 3 dicembre 1739, di cui si chiedeva l’esecuzione sul presupposto della qualità di erede in capo all’attore stesso.

La questione se il testamento indicato rivestisse valore di trattato internazionale – poichè proveniva da un sovrano assoluto che disponeva, sia pure pro-quota, del “proprio Feudo” – e come tale supportasse la pretesa dell’attore non è stata posta nel giudizio di primo grado. Le deduzioni contenute nella memoria difensiva ex art. 180 c.p.c., riportate anche nel ricorso, mentre evidenziano che l’oggetto delle disposizioni di ultima volontà della Principessa coincideva pro-quota con il territorio del (OMISSIS), richiamano i concetti di “volontà, disposizione patrimoniale, vitalizio”, rimanendo nel solco della originaria causa petendi. La pretesa avanzata in grado di appello sul diverso presupposto della valenza del testamento come trattato internazionale costituiva, pertanto, domanda nuova.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, si ha domanda nuova – inammissibile in appello – per modificazione della causa petendi quando i nuovi elementi, dedotti dinanzi al giudice di secondo grado, comportino il mutamento dei fatti costitutivi del diritto azionato, modificando l’oggetto sostanziale dell’azione ed i termini della controversia, in modo da porre in essere una pretesa diversa, per la sua intrinseca essenza, da quella fatta valere in primo grado e sulla quale non si è svolto in quella sede il contraddittorio (ex plurimis, Cass., sez. L, sentenza n. 15101 del 2012).

3. – Nel rigetto della doglianza di carattere processuale rimane assorbito il secondo motivo di ricorso, con il quale è dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 692 c.p.c., comma 5, nonchè delle leggi in materia di fedecommessi e primogeniture del (OMISSIS), degli artt. 899 c.c. e ss. del 1865 e della L. n. 151 del 1975, e si contesta la qualificazione del documento con cui la Principessa aveva disposto pro-quota dei beni del “proprio Feudo” come disposizione testamentaria, e non come vero e proprio trattato di diritto internazionale.

4. – Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alle spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte rigetta il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo motivo e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida, a favore dell’Avvocatura generale dello Stato, in complessivi Euro 10.000,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge, e, a favore della Parrocchia di San Lorenzo in (OMISSIS), in complessivi Euro 10.000,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda civile della Corte suprema di Cassazione, il 5 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 5 agosto 2016

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