Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16576 del 28/07/2011

Cassazione civile sez. trib., 28/07/2011, (ud. 21/06/2011, dep. 28/07/2011), n.16576

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – rel. Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria G.C. – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 32041-2007 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

FALL. PAPALINI SRL;

– intimato –

sul ricorso 3267-2008 proposto da:

C.S., in qualità del Fall.to della PAPALINI SRL,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA COLA DI RIENZO 180, presso lo

studio dell’avvocato FIORILLI PAOLO, rappresentato e difeso

dall’avvocato PISTOLESI FRANCESCO, giusta delega a margine;

– controricorrente a ricorrente incidentale –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 18/2007 della COMM. TRIB. REG. di FIRENZE,

depositata il 25/06/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/06/2011 dal Consigliere Dott. CARLO PARMEGGIANI;

udito per il ricorrente l’Avvocato GALLUZZO, che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso principale, rigetto incidentale;

udito per il resistente l’Avvocato DESIDERI, delega Avvocato

PISTOLESI, che ha chiesto il rigetto del ricorso principale,

accoglimento incidentale;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FEDELI Massimo, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

principale, rigetto dell’incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

A seguito di processo verbale di constatazione della G.d.F. l’Ufficio delle imposte di Prato notificava al curatore del fallimento della società Papalini s.r.l. un avviso di accertamento relativo all’anno 1999, in cui si ipotizzava la fatturazione di operazioni insistenti e si recuperavano a tassazione IVA, IRPEG ed IRAP gli importi relativi oltre ad irrogazione di sanzioni.

Il Curatore del Fallimento proponeva ricorso avverso l’accertamento e la Commissione Tributaria Provinciale di Prato accoglieva la tesi della contribuente secondo cui per il periodo di imposta in questione era intervenuta definizione automatica L. n. 289 del 1992, ex art. 9, con inibizione della azione di accertamento da parte dell’Ufficio.

Su appello della Agenzia la CTR della Toscana con sentenza n. 18/17/07, pronunciata il 26/5/07, depositata il 25/6/07, respingeva il gravame e confermava la sentenza impugnata.

Avverso la sentenza, limitatamente al recupero di IVA per operazioni inesistenti, propone ricorso per cassazione, con un motivo, la Agenzia delle Entrate.

Resiste il Fallimento con controricorso e formula ricorso incidentale con un motivo condizionato.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

In primo luogo i ricorsi principale ed incidentale devono essere riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

Con l’unico motivo di ricorso principale la Agenzia deduce violazione della L. n. 289 del 2002, art. 9, commi 1 e 10 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, sostenendo che la CTR aveva errato ritenendo che il ricorso alla definizione automatica di cui all’art. 9 cit. rendeva incontestabili anche i crediti di imposta esposti nella dichiarazione oggetto di condono, impedendo al fisco di procedere ad accertamento in ordine alla esistenza e spettanza dei medesimi.

Assume infatti che il condono concerne i debiti di imposta e le relative sanzioni, ma non influisce sui crediti, nel senso che il contribuente non è tenuto a rinunciarvi e, per converso, il Fisco è autorizzato ad effettuare le indagini necessarie onde verificare la sussistenza e la spettanza del credito vantato dal predetto.

Il Fallimento in controricorso sostiene la infondatezza delle argomentazioni dell’Ufficio e svolge in via condizionata motivo di ricorso incidentale con cui si afferma la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7 e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57 assumendo che l’appello dell’Ufficio sarebbe inammissibile in quanto concernente la ininfluenza del condono sulla attività di recupero dei crediti di imposta da parte dell’Ufficio, questione da qualificarsi come nuova in quanto non contenuta nè nell’avviso di accertamento nè nelle difese di primo grado violando così il divieto di introdurre in appello nuovi e diversi temi di indagine.

Il primo motivo è fondato.

In primo luogo, poichè la controversia concerne il condono di cui all’art. 9 cit. esclusivamente in materia di IVA, occorre prendere atto che la disposizione di legge in questione è stata dichiarata incompatibile con il diritto comunitario in quanto comporta la rinuncia definitiva della Amministrazione alla riscossione di parte di un credito definitivamente accertato in materia di tributi armonizzati (sentenza della Corte di Giustizia CE 17 luglio 2008 in causa C-132/06) e pertanto deve essere disapplicata (v, Cass. Sez. Un. n. 3674 del 2010).

Ne consegue che, nella parte in cui la questione è ancora pendente tra le parti, ovvero in relazione all’accertabilità da parte dell’Ufficio della inesistenza delle operazioni fatturate che hanno dato causa al credito di imposta, nessun rilievo può esplicare il condono ormai espunto dall’ordinamento.

Tuttavia è bene rammentare che, anteriormente al “ius superveniens” il punto era deciso a favore dell’Ufficio da giurisprudenza consolidata della Corte, di cui alla seguente massima: “In tema di condono fiscale, la previsione della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9, comma 9, per il quale la definizione automatica non modifica l’importo degli eventuali rimborsi e crediti derivanti dalle dichiarazioni presentate ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, se comporta che nessuna modifica di tali importi può essere determinata dalla definizione automatica, non sottrae all’ufficio il potere di contestare il credito. Pertanto, quando sia stato chiesto il rimborso dell’IVA e l’ufficio abbia motivo di ritenerla mai versata, trattandosi di operazioni inesistenti, l’Erario non è tenuto, per automatico effetto del condono, a procedere al rimborso, nè gli è inibito l’accertamento diretto a dimostrare l’inesistenza del diritto a conseguirlo, atteso che il condono fiscale elide in tutto o in parte, per sua natura, il debito fiscale, ma non opera sui crediti che il contribuente possa vantare nei confronti del fisco, i quali restano soggetti all’eventuale contestazione da parte dell’ufficio”.

(Cass. n. 373 del 2009).

Il mezzo deve quindi essere accolto.

Il motivo di ricorso incidentale è in primo luogo inammissibile per assoluta genericità del quesito di diritto ex art. 366 bis c.p.c. in cui non si fa nemmeno menzione della questione trattata; comunque, può osservarsi che oltre a presentare una palese mancanza di autosufficienza sui motivi di primo grado, pare anche intrinsecamente infondato perchè la questione del rilievo del condono sul recupero da parte dell’Ufficio degli importi esposti in dichiarazione a fini IVA è stato introdotto in primo grado dal contribuente in via di difesa dalla pretesa fiscale e quindi non può definirsi nuovo in appello.

La sentenza deve quindi essere cassata e rinviata per nuovo esame a diversa sezione della CTR della Toscana, che provvedere anche sulle spese di questa fase di legittimità.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi; accoglie il principale e dichiara inammissibile l’incidentale; cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese a diversa sezione della Commissione Tributaria Regionale della Toscana.

Così deciso in Roma, il 21 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2011

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