Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16576 del 14/07/2010

Cassazione civile sez. lav., 14/07/2010, (ud. 19/05/2010, dep. 14/07/2010), n.16576

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 19574/2009 proposto da:

G.G., in qualità di coniuge ed erede di V.

L., G.M.R. in qualità di figlia ed erede di

V.L., G.F. in qualità di figlio ed erede

di V.L., GA.GI. in qualità di figlio ed

erede di V.L., elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE

GIULIO CESARE 118, presso lo studio dell’avvocato RAFFAELLA

SPEZZAFERRO, rappresentati e difesi dagli avvocati CHIAPPA Enzo

Massimo, GIOVANNI BIANCHINI giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA

CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO

Alessandro, PULLI CLEMENTINA, VALENTE NICOLA giusta procura speciale

in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, REGIONE TOSCANA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1494/2008 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE del

28/10/08, depositata il 07/11/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

19/05/2010 dal Consigliere Relatore Dott. GIANCARLO D’AGOSTINO;

è presente l’Avvocato Generale in persona del Dott. DOMENICO

IANNELLI.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Gli eredi di V.L. (o L.) impugnavano la sentenza del Tribunale di Lucca che aveva rigettato la domanda avanzata in data 01.04.2004 dalla loro dante causa per l’attribuzione dell’assegno mensile di cui alla L. n. 118 del 1971. La Corte di Appello di Firenze, con la sentenza qui impugnata, pur riconoscendo alla V. una invalidità del 74% sin dalla istanza amministrativa, rigettava l’appello perchè parte appellante non aveva fornito la prova dei requisiti socio economici parimenti necessari per il riconoscimento della prestazione, e cioè il requisito reddituale e lo stato di non collocazione al lavoro, nonostante la Corte avesse invitato la parte con ordinanza del 23.9.2008 a fornire tale prova.

Avverso detta sentenza gli eredi della V. hanno proposto ricorso con due motivi con i quali hanno denunciato: 1) violazione della L. n. 118 del 1971, art. 13, degli artt. 2727 e 2729 c.c., e dell’art. 113 c.p.c., per non avere il giudice di appello rilevato che il contraddittorio si era svolto esclusivamente sulla sussistenza del requisito sanitario, per non aver utilizzato le presunzioni come mezzo di prova e per non aver considerato che la V., ultrasessantenne, non aveva nessuna possibilità concreta di occupazione; b) violazione dell’art. 112 c.p.c., per non avere il giudice di appello considerato che la sussistenza dei requisiti reddituale e di incollocazione doveva ritenersi pacifica poichè l’appello verteva esclusivamente sul requisito sanitario.

L’Inps ha resistito con controricorso illustrato con memoria. Gli altri intimati non si sono costituiti.

La Corte osserva preliminarmente che il ricorso per cassazione risulta privo della formulazione dei quesiti di diritto, richiesti a pena di inammissibilità dall’art. 366 bis c.p.c., applicabile a tutti i ricorsi avverso sentenze depositate dopo il 2 marzo 2006, come disposto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 27, comma 2. Il citato art. 366 bis, è stato abrogato dal D.Lgs. n. 69 del 2009, art. 47, ma senza effetto retroattivo, motivo per cui è rimasto in vigore per i ricorsi per cassazione presentati avverso sentenze pubblicate prima del 4 luglio 2009 (D.Lgs. n. 69 del 2009, art. 58).

Al riguardo si ricorda che le Sezioni Unite della Corte, con sentenza n. 20360/2007, confermata dalla successiva giurisprudenza di legittimità, hanno affermato il seguente principio: “Il principio di diritto che, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., la parte ha l’onere di formulare espressamente nel ricorso per cassazione a pena di inammissibilità, deve consistere in una chiara sintesi logico- giuridica della questione sottoposta al vaglio del giudice di legittimità, formulata in termini tali per cui dalla risposta negativa o affermativa che ad essa si dia, discenda in modo univoco l’accoglimento o il rigetto del gravame (Sez. Un. 20360/2007), restando escluso che il quesito possa essere desunto dal contenuto del motivo (Sez. Un. 6420/2008).

Per le considerazioni suesposte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento, in favore dell’Inps, delle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo. Nulla per le spese nei confronti degli altri intimati che non si sono costituiti.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore dell’Inps delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro trenta per esborsi ed in Euro mille per onorari, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 19 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 14 luglio 2010

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