Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16574 del 05/08/2016


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Cassazione civile sez. II, 05/08/2016, (ud. 30/03/2016, dep. 05/08/2016), n.16574

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. scarpa Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27313-2011 proposto da:

M.B. (OMISSIS), domiciliata ex lege in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato LUIGI MARCIALIS;

– ricorrente –

contro

S.G. (OMISSIS), SI.PA. (OMISSIS), SI.RO.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, CORSO D’ITALIA, 19,

presso lo studio dell’avvocato BRUNO SED, rappresentati e difesi

dall’avvocato ALBERTO FIORI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 427/2010 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 13/09/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

30/03/2016 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE ALBERTO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del 12.2.07 la sig.ra S.G. ed i suoi figli Si.Pa. e Si.Ro. – proprietari ed usufruttuari pro quota di un appartamento in Cagliari, insieme con il terzo figlio Si.An., già coniugato con la sig.ra M.B. – convennero quest’ultima davanti al Tribunale di Cagliari, chiedendo, per quanto qui ancora interessa, la condanna della stessa al rilascio di detto appartamento, asseritamente occupato senza titolo.

La sig.ra M. si costituì deducendo di aver usucapito l’immobile de quo. Al riguardo la convenuta esponeva di averlo originariamente occupato, insieme col marito, a titolo di comodato, ma di aver operato una interversio possessionis, mutando la detenzione in possesso, allorquando, nel dicembre 1977, lei e suo marito si erano rifiutati di pagare un canone ai comproprietari, pur continuando a detenerlo nonostante le richieste di rilascio avanzate dalla sig.ra S..

La domanda di rilascio degli attori fu accolta dal primo giudice sull’assunto che la richiesta di rilascio della sig.ra S. (e quindi la conseguente interversio possessionis) risalisse soltanto al 1991. Avverso tale statuizione la M. propose appello deducendo che lo stesso Si.Ro., nell’ambito di altro procedimento (avente ad oggetto la reintegra della M. nel possesso dell’appartamento, da cui era stata spogliata nel dicembre 1998), aveva dichiarato che fin dal 1978 la sig.ra S. aveva chiesta al figlio A. ed alla nuora M.B. il rilascio dell’immobile; sotto altro profilo l’appellante eccepiva che, comunque, tale immobile le era stato giudizialmente assegnato quando ella si era separata legalmente da Si.An..

La Corte di appello ha confermato la condanna della M. al rilascio argomentando, quanto all’epoca dell’interversio possessionis, che in causa non c’erano elementi istruttori che consentissero di ancorare la relativa datazione al 1978 e, quanto all’eccezione di assegnazione dell’immobile in sede di separazione, che la stessa era inammissibile ex art. 345 c.p.c., perchè non proposta in primo grado.

Avverso la sentenza di secondo grado M.B. propone ricorso per cassazione su due motivi.

Gli intimati si sono costituiti con controricorso.

Solo la ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 30.3.16 nella quale il Procuratore Generale ha concluso come in epigrafe.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo di ricorso la ricorrente denuncia la violazione degli artt. 1141, 1142, 1143, 2697 e 2909 c.c. e artt. 345 e 112 c.p.c. in cui la Corte di appello sarebbe incorsa rigettando l’istanza di ammissione della prova per testi volta a dimostrare che fin dal settembre 1978 i coniugi Si.An. e M.B. avevano rifiutato di riconsegnare l’appartamento in questione alla comodante S.G., affermando che il medesimo era di loro proprietà.

Il motivo non può trovare accoglimento, perchè esso non risulta pertinente alle motivazioni della sentenza gravata, in quanto non censura specificamente l’assunto della Corte distrettuale secondo cui la prova per testi andava giudicata irrilevante in ragione della ammissioni svolte dalla M. in comparsa di costituzione risposta e nella memoria ex art. 183 (pag. 8 della sentenza).

Col secondo motivo la ricorrente censura la statuizione di inammissibilità, per novità, dell’eccezione di assegnazione giudiziale dell’appartamento, argomentando, per un verso, che tale circostanza risultava menzionata nella stessa citazione introduttiva degli attori e, per altro verso, che comunque essa M. aveva prodotto l’ordinanza di assegnazione in allegato alla memoria depositata il 18.9.07 nel giudizio di primo grado.

Il motivo è fondato e va accolto.

La sentenza gravata argomenta: “In merito poi alla avvenuta assegnazione da parte del giudice, in sede di separazione coniugale, della casa di (OMISSIS) alla M. e al figlio, deve rilevarsi che si tratta di un’eccezione nuova, proposta per la prima volta in questo grado di giudizio, come tale inammissibile ai sensi dell’art. 345 c.p.c.”. Tale argomentazione è giuridicamente errata.

Al riguardo va preliminarmente osservato che, come chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 10531/13, il rilievo d’ufficio delle eccezioni in senso lato non è subordinato alla specifica e tempestiva allegazione della parte ed è ammissibile anche in appello, dovendosi ritenere sufficiente che i fatti risultino documentati “ex actis”, in quanto il regime delle eccezioni si pone in funzione del valore primario del processo, costituito dalla giustizia della decisione, che resterebbe svisato ove anche le questioni rilevabili d’ufficio fossero subordinate ai limiti preclusivi di allegazione e prova previsti per le eccezioni in senso stretto.

Si tratta allora, in definitiva, di stabilire se l’eccezione con cui l’occupante di un immobile tende a paralizzare la domanda di rilascio dell’immobile stesso, deducendo di avere il diritto di detenerlo in quanto giudizialmente assegnatogli in sede di separazione coniugale, debba considerarsi un’eccezione in senso stretto, con conseguente soggezione ai relativi limiti di allegazione prova, o un’eccezione in senso lato, rilevabile di ufficio anche in appello.

Osserva al riguardo il Collegio che, come recentemente affermato da questa Corte, nel nostro ordinamento le eccezioni in senso stretto, cioè quelle rilevabili soltanto ad istanza di parte, si identificano o in quelle per le quali la legge espressamente riservi alla parte il potere di rilevazione o in quelle in cui il fatto integratore dell’eccezione corrisponda all’esercizio di un diritto potestativo azionabile in giudizio da parte del titolare e, quindi, per svolgere l’efficacia modificativa, impeditiva od estintiva di un rapporto giuridico, postuli il tramite di una manifestazione di volontà della parte, produttiva di effetti autonomamente o attraverso un accertamento giudiziale (sentt. SS.UU. 15661/05, 18602/13, 13335/15). In altri termini, l’eccezione in senso stretto è ravvisabile, a parte i casi in cui la rilevabilità ad istanza di parte è stabilita espressamente dalla legge, soltanto nelle fattispecie in cui sia la stessa manifestazione di volontà della parte di esercitare un diritto potestativo ad essere elevata ad elemento integrativo dell’eccezione. L’eccezione di assegnazione giudiziale della casa in sede di separazione coniugale non rientra nè tra i casi per i quali la legge prevede espressamente l’onere di eccezione in capo alla parte nè tra i casi in cui l’elemento costitutivo dell’eccezione è rappresentato dalla manifestazione di volontà di esercitare un diritto potestativo; l’efficacia impeditiva del diritto dell’attore al rilascio, infatti, deriva direttamente dal provvedimento giudiziale di assegnazione dell’abitazione coniugale e non dalla manifestazione di volontà dell’assegnatario dell’immobile di volersi avvalere degli effetti di tale provvedimento giudiziale.

Il secondo mezzo di ricorso va pertanto accolto, con conseguente cassazione della sentenza gravata e rinvio alla Corte distrettuale perchè questa si attenga al principio di diritto che, a fronte di una domanda giudiziale di rilascio di un’abitazione, costituisce eccezione in senso lato, rilevabile di ufficio anche in appello, l’eccezione con cui il convenuto deduca di avere il diritto di permanere nella detenzione dell’immobile per averne ricevuto l’assegnazione con un provvedimento giudiziale emesso nell’ambito di una causa di separazione coniugale.

Il giudice di rinvio regolerà anche le spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte, rigettato il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo, cassa la sentenza gravata e rinvia alla Corte d’appello di Cagliari, in diversa composizione, che regolerà anche le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 30 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 5 agosto 2016

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