Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16569 del 14/07/2010
Cassazione civile sez. lav., 14/07/2010, (ud. 19/05/2010, dep. 14/07/2010), n.16569
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –
Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – rel. Consigliere –
Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –
Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –
Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 15067/2009 proposto da:
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE in persona del
Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA
CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO
Alessandro, VALENTE NICOLA, PULLI CLEMENTINA, giusta procura speciale
in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
G.G.A.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 219/2009 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO
del 20.3.09, depositata il 31/03/2009;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
19/05/2010 dal Consigliere Relatore Dott. GIANCARLO D’AGOSTINO.
E’ presente l’Avvocato Generale in persona del Dott. DOMENICO
IANNELLI.
Fatto
FATTO E DIRITTO
Con ricorso del 2.2.2006 G.G.A. chiedeva al Tribunale di Campobasso il riconoscimento del suo diritto all’assegno ordinario di invalidità L. n. 222 del 1984, ex art. 1. Il Tribunale, disposta una CTU, con sentenza del 20.11.2007 accoglieva la domanda e condannava l’Inps a corrispondere al ricorrente l’assegno di invalidità civile a decorrere dal 17.11.2004.
L’Inps impugnava la sentenza. Proponeva appello incidentale il privato lamentando che il Tribunale gli aveva riconosciuto l’assegno di invalidità civile di cui alla L. n. 118 del 1971, e non l’assegno ordinario di invalidità che aveva richiesto.
La Corte di Appello di Campobasso, con sentenza depositata il 31.3.2009, rigettava l’appello principale dell’Inps e in accoglimento dell’appello incidentale riconosceva all’interessato l’assegno ordinario di invalidità di cui alla L. n. 222 del 1984, confermando la decorrenza della prestazione dal 27.11.2004.
Avverso detta sentenza l’INPS ha proposto ricorso per cassazione con un motivo con il quale ha denunciato violazione del D.P.R. n. 488 del 1968, art. 18, a norma del quale, se i requisiti per l’assegno ordinario di invalidità non risultino perfezionati alla data della domanda, l’assegno decorre dal primo giorno del mese successivo a quello di perfezionamento dei requisiti realizzatisi nel corso del procedimento.
L’intimato non si è costituito.
Il ricorso è infondato.
Le Sezioni Unite della Cassazione, con sentenza n. 12270/2004, in tema di prestazioni assistenziali, hanno affermato che, ove il requisito sanitario non sussista al momento della domanda amministrativa ma si perfezioni nel corso del procedimento giurisdizionale, i benefici decorrono dalla data di insorgenza dello stato invalidante, atteso che l’art. 12 (pensione di inabilità) e art. 13 (assegno mensile) della L. n. 118 del 1971, nel disporre che la prestazione ha decorrenza “dal primo giorno del mese successivo a quello della presentazione della domanda per l’accertamento dell’inabilità”, si riferiscono al procedimento amministrativo, ne quale non è operante il principio della perpetuato actionis, per cui la durata del processo non deve danneggiare chi ha ragione, non già al procedimento giudiziario.
La successiva giurisprudenza della Corte (vedi Cass. n. 14516/2007, n. 22412/2009), modificando il precedente orientamento, ha ritenuto tale principio applicabile, oltre che in materia di benefici assistenziali, anche ai procedimenti giudiziari per il conseguimento di prestazioni previdenziali. Ciò perchè il D.P.R. n. 488 del 1968, art. 18, il quale fissa la decorrenza del beneficio previdenziale dal primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda amministrativa nel caso di sopravvenienza del requisito sanitario nel corso del procedimento, si riferisce al procedimento amministrativo, nel quale non opera i principio della perpetualo actionis, e non al procedimento giudiziario.
A quest’ultimo orientamento giurisprudenziale il Collegio intende dare continuità, condividendone le motivazioni.
Il ricorso, pertanto, deve essere respinto.
Nulla per le spese del giudizio di cassazione poichè l’intimato non ha svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.
Così deciso in Roma, il 19 maggio 2010.
Depositato in Cancelleria il 14 luglio 2010