Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16569 del 02/07/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 16569 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: CORRENTI VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso 27039-2012 proposto da:
RISA

ADRIANA

RSIDRN54H62A132S,

FRANCESC MARIA CNSFNC50S27H501R,

CENSI

NERI

MICELI CATERINA

MCLCRN49A44Z401N, RICCIOTTI GIOVANNI
RCCGNN40H03H501D, MENSITIERE MARIA ANNA ANTONIETTA
MNSMNN49H48L357E, PASSERI ANNA PSSNNA54L42H501M,
I.

2013
1439

VITO

D’ONDES
domiciliati
presso

in

lo

GIOVAMBATTISTA,

DNDVTI58A20E606Z,
ROMA,

LUNGOTEVERE

MICHELANGELO

li

rappresenta

9,

FERRIOLO

dell’avvocato

studio
che

elettivamente

e

difende

unitamente all’avvocato ABBATE FERDINANDO EMILIO;

Data pubblicazione: 02/07/2013

- ricorrenti contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA 8018440587, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

– controricorrente –

avverso il decreto n. 324/2012 della CORTE D’APPELLO
di PERUGIA, depositata il 05/04/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 22/05/2013 dal Consigliere Dott. VINCENZO
CORRENTI;
udito l’Avvocato Ranieri RODA, con delega depositata
in udienza dell’Avvocato ABBATE Ferdinando Emilio,
difensore dei ricorrenti che ha chiesto accoglimento

dwl

ricor.sp;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IGNAZIO PATRONE che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

difende ope legis;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

con controricorso, avverso il decreto della Corte di appello di Perugia 324/2012 che ha
dichiarato inammissibile la domanda per ottenere l’equa riparazione del danno sofferto a
causa della durata non ragionevole di un’analoga controversia svoltasi dinanzi alla Corte di
appello di Roma ed alla Corte di Cassazione per violazione dell’art. 6 della Convezione per
la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata dall’Italia con
legge 4.8.1955 n. 848, determinata dalla eccessiva durata del procedimento presupposto.
La Corte perugina ha accolto l’eccezione di inammissibilità della domanda.
La sentenza impugnata ha ritenuto esistere molteplici ragioni per la declaratoria di
inammissibilità, esaminando i rapporti tra legislazione comunitaria e nazionale, la
giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo e la legislazione
interna.
Ha richiamato la sentenza l Ti 39/04 di questa Corte, pervenendo alla conclusione che i
giudizi promossi ai sensi della legge 89/01, previsti solo nella norma sanzione, diretta ad
apprestare il mezzo di tutela per la •vioiazione del precetto, non possono fondare una richiesta
di indennizzo ai sensi della stessa legge.
Ha richiamato anche la giurisprudenza della CEDIJ ( tra i tanti procedimento 29.3.2006,
Grande Camera, caso Coechiareila contro Italia) circa la neevibilità dei ricorsi che
lamentavano la non congruità dell’indennizzo o il ritardo nella liquidazione, con la
conclusione che, dopo I espletamento della procedura interna ai sensi della legge Pinto, la
via del ricorso interno è esaurita.

I ricorrenti propongono ricorso per cassazione contro il Ministero della Giustizia, che resiste

Ha stigmatizzato il rischio di un’abnorme proliferazione di controversie incompatibile con la
ragionevole durata dei processi.
Il ricorso lamenta violazione degli artt. 2 legge 89/2001. 6,13, e 41 CEDU, 111 Cost,
invocando anche il Trattato di Lisbona, e concludendo per la proponibilità ed ammissibilità
della domanda.

Il ricorso merita accoglimento.
La sentenza impugnata, come dedotto, ha riferito dei vari profili della questione
sottolineando che i giudizi promossi ai sensi de”ila legge 89/01, previsti solo nella norma
sanzione, diretta ad apprestare il mezzo di tutela per la violazione del precetto, non possono
fondare una richiesta di indennizzo ai sensi della stessa legge.
Ha anche richiamato la giurisprudenza della CEDU circa la ricevibilità dei ricorsi che
lamentavano la non congruita dell’indennizzo o il ritardo nella liquidazione, con la
conclusione che, dopo i ‘espetarriento della procedura interna ai sensi della legge Pinto, la
via del ricorso interne è esaurita.
Rispetto a questa articoiaia motivazione il ricorso ripercoire gli argomenti della sentenza
dandone una diversa interpretazione e censura espressamente e congruamente i due profili
sopra esposti e le afIerrnazoni in dirirto svolte.
Questa Corte ha, infatti, avuto modo di ritenei -e applicabile la tutela di cui alla legge n.
89 del 2001 ai proceciii-nend introdotti sulla base della legge stessa. per i quali deve ritenersi
predicabile l’operatività del termine ragionevole ci durata e del conseguente regime
indennitario in caso di sua violazione.
Come affermato di recente “Ca3s. n. 17686 del 2012; Cass. n. 5924 del 2012 e altre
conformi), il giudizio di equa riparazione, che si sv. -)Ige presso le Corti d’appello ed
eventualmente, in sede di impugnazione, dinnanzi a questa Corte, è un ordinario processo di
cognizione, soggetto, in quanto tale, alla esigenza di una definizione in tempi ragionevoli,

MOT1V i DELLA DECISIONE

esigenza, questa, tanto f,iù !)ressan,2 per tale tipologia di giudizi, in quanto finalizzati proprio
all’accertamento della violazione di un diritto fondarnerit. -ale nel giudizio presupposto, la cui
lesione genera di sé 1.ma condizione di sofferenza e un paterna d’animo che sarebbe
eccentrico non riconoscere anche per procedimenti e: ee n. 9 del 2001. Né appare
condivisibile l’assunto che il giudizio dinnanzi alla Corte d’appello e l’eventuale giudizio di

concludersi dinanzi alla Corte europea, nel caso in coi aell’ordinamento interno la parte
interessata non ottenga una efficace tutela all’indicato diritto fondamentale, atteso che il
procedimento interno -iappresenta alla forma di atela adeguata ed efficace, sempre che,
ovviamente, si svolga esso stesso nell’ambito di una ragionevole durata.
Quanto alla (determinazione aerla ragiorievo’ie durata di un procedimento di equa
riparazione, questa Corte ha ritenuto che ove, come nel caso di specie, venga in rilievo un
giudizio “Pinto” svoltosi anche d’innanzi alla Corte di cassazione, la durata complessiva dei
due gradi debba essere ritenuta ragionevole ove non ecceda i termine di due anni.
Il ricorso deve quindi essere accolto, essendo erronea la decisione della Corte
territoriale che ha ritenuto inammissibile la domanda di equa riparazione per la irragionevole
durata di un procedimento di equa riparazione relativamente a giudizio presupposto di altra
natura.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di -ia-ito, ia causa può essere decisa nel
merito.
Nel caso di specie, inratti, i ricorso è stato depositato presso la Corte d’appello nel
mese di maggio 2036, si C concluso con decreto di ottobre’ 2037: il giudizio di cassazione è
stato introdotto con ricorso notificato nel mese di dicembre 2008 e definito a marzo 2010.
La durata complessiva cci procedimento di equa riparazione è stata di 46 mesi.
Detratti il termine ragionevole, stimato in due anni, nonché ulteriori undici mesi per la

impugnazione costituiscano una i’ase necessaria di un unico procedimento destinato a

proposizione del ricorso rispetto al termine breve, la durata non ragionevole risulta essere
stata di 11 mesi.
Alla luce dell’accertata irragionevole durata del giueizio, alla ricorrente spetta un
indennizzo che va liquidato sulla Pase di euro 62,5 per mese, e claindi in complessivi euro
687,5 oltre interessi legali dalla data della domanda al saldo, oltre spese.

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito,
condanna il Ministero della Giustizia ai pagamento della somma di curo 687,5 in -favore di
ciascuna parte oltre interessi legali dalla data della domanda al saldo; condanna il Ministero
alla rifusione delle spese dell’intero giudizio cne liquida, per 11 g -Ludizio di merito, in euro
775,00, di cui euro 50,00 per esborsi, 280,00 per diritti e 445,00 per onorari, oltre alle spese
generali e agli accessori di legge, e, per il giudizio di legittimità, in euro 506,25 per
compensi, oltre a curo -i 00,00 per estiorsi e agii accessori di legge.
Così deciso in Roma, ne la camera di eonsigio della Seconda Sezione Civile della
Corte suprema di Cw.sazione, n 22 maggio 2013.

MO’l’; Vl

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