Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16567 del 02/07/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 16567 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: CORRENTI VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso 27032-2012 proposto da:
TONDI

ANTONIO

TNDNTN46L18D0761,

elettivamente

domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE MICHELANGELO 9,
presso lo studio dell’avvocato ABBATE FERDINANDO
EMILIO, che lo rappresenta e difende unitamente
all’avvocato FERRIOLO GIOVAMBATTISTA;
– ricorrente contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA 8018440587, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

Data pubblicazione: 02/07/2013

difende ape legis;
– resistente –

avverso il decreto n. 330/2012 della CORTE D’APPELLO
di PERUGIA, depositat il 05/04/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

CORRENTI;
udito l’Avvocato Ranieri RODA, con delega depositata
in udienza dell’Avvocato ABBATE Ferdinando Emilio,
difensore del ricorrente che ha chiesto accoglimento
del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IGNAZIO PATRONE che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

udienza del 22/05/2013 dal Consigliere Dott. VINCENZO

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

decreto della Corte di appello di Perugia 330/2012 che ha dichiarato inammissibile la
domanda per ottenere l’equa riparazione del danno sofferto a causa della durata non
ragionevole di un’analoga controversia svoltasi dinanzi alla Corte di appello di Roma ed alla
Corte di Cassazione per violazione dell’art. 6 della Comezione per la salvaguardia dei diritti
dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata dall’Italia con legge 4.8.1955 n. 848,
determinata dalla eccessiva durata del procedimento presupposto.
La Corte perugina ha accolto l’eccezione di inammissibilità della domanda.
La sentenza impugnata ha ritenuto esistere molteplici ragioni per la declaratoria di
inammissibilità, esaminando i rapporei tra legislazione comunitaria e nazionale, la
giurisprudenza della Core europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo e la legislazione
interna.
Ha richiamato la sentenza 17139/04 di questa Corte, pervenendo alla conclusione che i
giudizi promossi ai sensi della iegge 89101, previsti solo nella norma sanzione, diretta ad
apprestare il mezzo di tutela per la vo1azione del precetto, non possono fondare una richiesta
di indennizzo ai sensi deila stessa legge.
Ha richiamato anche la giurisprudenza della CEDU ( tra i tanti procedimento 29.3.2006,
Grande Camera, caso Cocchiarella conero Italia) circa la rieevibilità dei ricorsi che
lamentavano la non congruità dell’indennizzo o il ritardo nella liquidazione, con la
conclusione che, dopo l espletamento della procedura interna ai sensi della legge Pinto, la
via del ricorso interno è esaurita.

Antonio Tondi propone ricorso per cassazione contro il Ministero della Giustizia, avverso il

Ha stigmatizzato il rischio di un’abnorme proliferazione di controversie incompatibile con la
ragionevole durata dei processi.
Il ricorso lamenta violazione degli artt. 2 legge 89/2001, 6,13, e 41 CEDU, 111 Cost,
invocando anche il Trattato di Lisbona, e concludendo per la proponibilità ed ummissibilità
della domanda.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso merita accoglimento.
La sentenza impugnata, come dedotto, ha riferito dei vari profili della questione
sottolineando che i giudizi promossi ai sensi della legge 89/01, previsti solo nella norma
sanzione, diretta ad apprestare il mezzo di tutela per la violazione del precetto, non possono
fondare una richiesta di indennizzo ai sensi della stessa legge.
Ha anche richiamato la giurisprudenza della CEDU circa la ricevibilità dei ricorsi che
lamentavano la non congruità delr indennizzo o il ritardo nella liquidazione, con la
conclusione che, dopo 1 espletamento della procedura interna ai sensi della legge Pinto, la
via del ricorso interno è esaurita.
Rispetto a questa articolata motivazione il ricorso ripercorre gli argomenti della sentenza
dandone una diversa interpretazione e censura espressamente e congruamente i due profili
sopra esposti e le affermazioni in diritto svolte.
Questa Corte ha, infatti, avuto modo di ritenere applicabile la tutela di cui alla legge n.
89 del 2001 ai procedimenti introdotti sulla base della legge stessa, per i quali deve ritenersi
predicabile l’operatività del termine ragionevole ci durata e del conseguente regime
indennitario in caso di sua violazione.
Come affermato di recente (eass. n. 17686 del 2012; Cass. n. 5924 del 2012 e altre
conformi), il giudizio di equa riparazione, che si svzilge presso le Corti d’appello ed
eventualmente, in sede di impugnazione, dinnanzi a questa Corte, è un ordinario processo di
cognizione, soggetto, in quanto tale, alla esigenza di una definizione in tempi ragionevoli,

esigenza, questa, tanto più pressante per tale tipologia di LYudizi, in quanto finalizzati proprio
all’accertamento della violazione di un diritto fondamentale nel giudizio presupposto, la cui
lesione genera di per sé una condizione di sofferenza e un paterna d’animo che sarebbe
eccentrico non riconoscere anche per i procedimenti ex lege n. 89 del 2001. Né appare
condivisibile l’assunto che il giudizio dinnanzi alla Corte d’appello e l’eventuale giudizio di

concludersi dinanzi alla Corte europea, nel caso in cui n211’ordinamento interno la parte
interessata non ottenga una efficace tutela all’indicato diritte – ondamentale, atteso che il
procedimento interno -rappresenta una forma di tutela adeguata ed efficace, sempre che,
ovviamente, si svolga esso stesso nell’ambito di una ragionevole durata.
Quanto alla determinazione della ragionevole durata di un procedimento di equa
riparazione, questa Corte ha ritenute che ove, come nel caso di specie, venga in rilievo un
giudizio “Pinto” sv &osi anche d’innanzi alla

COViC di

cassazione, la durata complessiva dei

due gradi debba essere ritenuta ragionevole ove non ecceda il termine di due anni.
Il ricorso deve quindi essere accolto, essendo erronea la decisione della Corte
territoriale che ha ritenuto inammissibile la domanda di equa riparazione per la irragionevole
durata di un procedimento di equa riparazione relativamente a giudizio presupposto di altra
natura.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, a causa può essere decisa nel
merito.
Nel caso di specie, inratti, ti ricorso è stato depositato presso la Corte d’appello nel
mese di aprile 2006; si è concluso con decreto di novembre 2007; il giudizio di cassazione è
stato introdotto con ricorso notificato nel mese di dicembre 2008 e definito a aprile 2010.
La durata complessiva dei procedimento di equa riparazione è stata di 48 mesi.
Detratti il termine ragionevole, stimato in due anni, nonché ulteriori undici mesi per la

impugnazione costituiscano una fase necessaria di un unico prpcedimento destinato a

proposizione del ricorso rispetto al termine breve, la durata non ragionevole risulta essere
stata di 13 mesi.
Alla luce dell’accertata irragionevole durata del giudizio, alla ricorrente spetta un
indennizzo che va liquidato sulla base di euro 62,5 per l_nese. e quindi in complessivi euro
812,5 oltre interessi legali dalla data della domanda al saldo. oltre spese.

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e. decidendo nel merito,
condanna il Ministero della Giustizia al pagamento de la soinnía di curo 812,5, oltre interessi
legali dalla data deila domanda al saldo; condanna il Ministero aila rifusione delle spese
dell’intero giudizio che liquida, per il .E;iudizio el Terito, in ,.-:uro 775,00, di cui curo 50,00
per esborsi, 280,00 per diritti e 445,00 per onorari, olu -e alle spese generali e agli accessori di
legge, e, per il giudizio di legittimità, in curo 506,25 per e. -A-cipensi. oltre a euro 100,00 per
esborsi e agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di co-isiglio dita Seconda Sezione Civile della
Corte suprema di Cassazio -.-ie, il 22 maggio 2013.

PER QUESTI moTR’1

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