Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16565 del 31/07/2020

Cassazione civile sez. lav., 31/07/2020, (ud. 22/01/2020, dep. 31/07/2020), n.16565

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – rel. Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

Dott. BUFFA Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30161-2014 proposto da:

FONDAZIONE ENASARCO, in persona del Presidente legale rappresentante

pro tempore elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DI VILLA

PAMPHILI 59, presso lo studio dell’avvocato MARIA SALAFIA, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AMWAY ITALIA S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLE QUATTRO FONTANE 20,

presso lo studio dell’avvocato MATTEO FUSILLO e la rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5506/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 18/09/2014 R.G.N. 7502/2011.

 

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

1.La Corte d’appello di Roma ha confermato la sentenza del Tribunale che aveva accolto l’opposizione proposta dalla soc. Amway avverso il decreto con il quale era stato ingiunto alla società il pagamento a favore della Fondazione Enasarco di Euro 206.598,21 per contributi, somme aggiuntive, FIRR, per il periodo 2003/2008, basato su un verbale ispettivo che aveva ritenuto l’attività di fatto svolta da 8 procacciatori e da 7 incaricati della vendita a domicilio da ricondursi a quella di agenzia commerciale. Secondo la Corte non risultava dimostrato in modo univoco che i collaboratori, con contratto di procacciatore d’affari,avessero specifici obblighi contrattuali e vincoli di promuovere affari per conto della preponente e fossero collegati ad una determinata zona. Ha osservato, infatti, che la continuità delle fatture e del loro importo, seppur potenzialmente sintomatici di un possibile rapporto di agenzia, non potevano esser sovrapposti all’ulteriore requisito della stabilità che comportava,non solo la raccolta e trasmissione di propria iniziativa di ordine di clienti, ma implicava un permanente coordinamento con il preponente in termini di istruzione, programmazione, assistenza ai clienti.

Ha sottolineato, inoltre, che era anomala, rispetto all’ordinario contratto di agenzia, la percezione di provvigione indirette anche in assenza di attività produttiva di provvigioni dirette con la conseguenza che, valutati i suddetti elementi indiziari, in presenza di significativi elementi di segno contrario, essi non erano tali da determinare una qualificazione giuridica del rapporto diversa da quella concordata tra le parti e compatibile con lo schema contrattuale scelto.

Con riferimento agli incaricati alla vendita a domicilio la Corte territoriale ha rilevato che valevano le medesime considerazione di cui sopra e che, inoltre, richiamata la disciplina della L. n. 173 del 2005 sulla vendita diretta a domicilio in base alla quale era ammissibile una certa flessibilità di forme,ha rilevato che tale normativa consentiva che il rapporto tra preponente e collaboratore si svolgesse anche in forme diverse da quella dell’agenzia; che, richiamato il successivo D.Lgs. n. 157 del 2012 (disposizioni integrative e correttive del D.Lgs. n. 59 del 2010) ha affermato che la suddetta normativa sebbene sopravvenuta ai fatti di causa, era interpretativa e rappresentava un ulteriore elemento della volontà del legislatore di consentire una disciplina derogatoria a quella codicistica dell’agenzia con l’individuazione di un requisito – l’abitualità – opposto all’occasionalità ma che viene espressamente distinto da quello della stabilità, utilizzato per distinguere l’attività dell’incaricato alla vendita diretta a domicilio senza rapporto di agenzia,da quello invece operante come agente. Secondo la Corte, pertanto, anche il rapporto degli incaricati alla vendita non era riconducibile al rapporto di agenzia.

2.Avverso la sentenza ricorre la Fondazione Enasarco con tre motivi. Resiste la soc Amway che deposita anche memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo la Fondazione denuncia, in relazione alla figura dei procacciatori d’affari, la violazione degli artt. 1742 e ss. c.c. e art. 115 c.p.c.; della L. n. 12 del 1973, artt. 2 e 5; degli artt. 1 e 4 Regolamento Enasarco D.M. 24 settembre 1998 e degli artt. 1 e 2 Regolamento Enasarco D.M. 23 dicembre 2003 o in subordine violazione degli art. 1324 e 1362 c.c. in relazione alle norme regolamentari di cui prima.

Lamenta che la decisione viola l’art. 1742 c.c. in quanto aveva dato preminenza assoluta al requisito della stabilitità rispetto a quelli,parimenti concorrenti, della continuità, non episodicità, non occasionalità e promozionalità dell’opera dei collaboratori sottolineando inoltre che la zona può essere desunta anche implicitamente. Rileva la violazione dell’art. 115 c.p.c. per non aver la Corte posto a fondamento della decisione le prove documentali e gli elementi emersi dall’ispezione, dando prevalenza invece alla volontà delle parti all’atto di costituzione del rapporto e, infine per aver violato le norme dei regolamenti Enasarco ritenendo che l’obbligo di contribuzione sussisteva solo per gli agenti formalmente qualificati tali in un contratto scritto di agenzia e non per tutti i soggetti che, a prescindere dalla qualificazione data dalle parti, rientrassero nel dettato dell’art. 1742 c.c..

2.Con il secondo motivo denuncia, in relazione ai soggetti inquadrati dalla società come collaboratori incaricati abituali alle vendite a domicilio, la violazione degli artt. 1742 e ss. c.c.; della L. n. 173 del 2005, art. 3, del D.Lgs. n. 59 del 2010, art. 69, comma 5 bis, dell’art. 115 c.p.c.; violazione della L. n. 12 del 1973, artt. 2 e 5, degli artt. 1 e 4 Regolamento Enasarco DM 24 settembre 1998 e degli artt. 1 e 2 Regolamento Enasarco D.M. 23 dicembre 2003 o in subordine violazione degli artt. 1324 e 1362 c.c. in relazione alle norme regolamentari di cui prima.

Censura mancata inclusione anche degli incaricati abituali alla vendita a domicilio nella ipotesi del rapporto di agenzia in violazione dell’art. 1742 c.c., nonchè della normativa speciale avendo ricondotto alle figure in essa prevista una fattispecie concreta che non aveva i requisiti per rientrarvi.

Denuncia violazione dell’art. 115 c.p.c. per non essersi la Corte basata sulla documentazione in atti e sui fatti non contestati.

3. Con il terzo motivo denuncia omesso esame di fatti decisivi in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5 per aver affermato che non vi erano differenze sostanziali tra i rapporti qualificati come agenzia o come procacciatore d’affari o di incarico abituale, nonchè in ordine alla configurazione dei rapporti di incarico abituale alla vendita diretta a domicilio in rapporti di agenzia, pur in assenza di alcuna modifica sostanziale delle modalità di svolgimento del rapporto.

4.1 motivi,congiuntamente esaminati stante la loro connessione, sono infondati.

5.E’ noto che Caratteri distintivi del contratto di agenzia sono la continuità e la stabilità dell’attività dell’agente di promuovere la conclusione di contratti per conto del preponente nell’ambito di una determinata sfera territoriale, realizzando in tal modo con quest’ultimo una non episodica collaborazione professionale autonoma con risultato a proprio rischio e con l’obbligo naturale di osservare, oltre alle norme di correttezza e di lealtà, le istruzioni ricevute dal preponente medesimo; invece il rapporto di procacciatore d’affari si concreta nella più limitata attività di chi, senza vincolo di stabilità ed in via del tutto episodica, raccoglie le ordinazioni dei clienti, trasmettendole all’imprenditore da cui ha ricevuto l’incarico di procurare tali commissioni; mentre la prestazione dell’agente è stabile, avendo egli l’obbligo di svolgere l’attività di promozione dei contratti, la prestazione del procacciatore è occasionale nel senso che dipende esclusivamente dalla sua iniziativa.

Nella specie il ricorso non evidenzia violazione dei principi di cui sopra e dell’art. 1742 c.c.. La Fondazione, pur attraverso la formale denuncia della violazione di diverse disposizioni codicistiche, risulta sostanzialmente intesa a sollecitare una rivisitazione del quadro probatorio, inibita a questa Corte in presenza di una congrua e non illogica valutazione dello stesso da parte del giudice di merito.

I motivi si incentrano essenzialmente sulla erronea qualificazione dei rapporti intercorsi tra la società Amway come di procacciatori d’affari o di incaricati alla vendita a domicilio non ritenendo la Corte d’appello raggiunta la prova della sussistenza di rapporti di agenzia.

Con riferimento ai primi la Corte non è incorsa in alcuna violazione di norme di diritto avendo escluso il requisito della continuità e stabilità della prestazione caratterizzante il rapporto di agenzia non ritenendo dimostrato che con il contratto di procacciamento d’affari i collaboratori avessero specifici vincoli o obblighi contrattuali di promuovere affari per conto della preponente e fossero collegati ad una determinata zona.

La Corte, dunque,ha esaminato i requisiti della stabilità, intesa come obbligo assunto di promuovere in via stabile la conclusione di contratti, la non episodicità e continuità e la Fondazione solleva questioni di merito già esaminate dalla Corte territoriale, sottratte alla cognizione di questa Corte ove adeguatamente e logicamente motivate.

La Corte ha, infatti, valutato anche gli elementi indiziari richiamati nel ricorso dalla Fondazione a favore della fondatezza delle censure escludendo che potessero essere considerati prevalenti e tali da determinare una diversa qualificazione del rapporto rispetto a quella concordata tra le parti, nè ha affermato la necessità che il rapporto di agenzia fosse solo quello risultante da atto scritto e non invece dal suo concreto atteggiarsi.

La Corte ha poi ritenuto di poter escludere anche con riferimento agli incaricati di vendita a domicilio la configurazione di rapporti di agenzia rilevando che la normativa di cui alla L. n. 173 del 2005 prevedeva la possibilità di esercitare tale tipo di vendita in varie forme: come lavoratori subordinati o autonomi, agenti o semplici collaboratori. La Corte ha quindi rilevato che nella fattispecie difettava il requisito di cui all’art. 1742 c.c. della stabile attività di promozione alla conclusione di contratti per conto del preponente nell’ambito di una determinata sfera territoriale ritenendo pertanto correttamente configurabile la vendita a domicilio. La censura della Fondazione secondo cui la Corte avrebbe affermato che la disciplina della L. n. 173 del 2005 era derogatoria rispetto a quella dell’agenzia di cui agli artt. 1742 e ss. c.c. non sembra cogliere nel segno, avuto riguardo alla chiara affermazione della Corte secondo cui non sussistevano le caratteristiche del rapporto di agenzia di cui all’art. 1742 c.c. e dunque, anche per detto tipo di rapporti, la richiesta della Fondazione non poteva trovare accoglimento.

6.Va, infine, rilevato, con riferimento al terzo motivo, circa l’omesso esame dell’assenza di una sostanziale differenza tra i diversi rapporti instaurati tra la Amway ed i suoi collaboratori come procacciatori o incaricati a domicilio rispetto a quelli qualificati dalla società come di agenzia, che la Corte ha esaminato anche tale aspetto ritenendo, tuttavia, di dover porre l’accento sulla circostanza che gli incaricati alla vendita ed i procacciatori erano liberi di decidere se sviluppare e sospendere l’attività di promozione a fronte, invece della sussistenza dell’obbligo di una stabile promozione nel caso di rapporti di agenzia.

7.Per le considerazioni che precedono il ricorso deve essere rigettato con condanna della Fondazione a pagare le spese processuali. Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso sussistono i – presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare le spese processuali liquidate in Euro 8.000,00 per compensi professionali, oltre 15% per spese generali ed accessori di legge, nonchè Euro 200,00 per esborsi.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 22 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 31 luglio 2020

 

 

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