Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16565 del 02/07/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 16565 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: CORRENTI VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso 25716-2012 proposto da:
SORICONE CONCETTA CLARA MARIA SRCCCT57R58A515J, DI
CENSO VINCENZO DCNVCN42R23A100T, DEL ROSCIO DONATELLA
DLRDTL55H66A345E, elettivamente domiciliati in ROMA,
LUNGOTEVERE MICHELANGELO 9, presso lo studio
dell’avvocato
2013
1432

FERRIOLO

GIOVAMBATTISTA,

che

li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ABBATE
FERDINANDO EMILIO;
– ricorrenti contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA 8018440587, elettivamente

Data pubblicazione: 02/07/2013

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e
difende ope legis;
– controricorrente

avverso il decreto n. 323/2012 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 22/05/2013 dal Consigliere Dott. VINCENZO
CORRENTI;
udito l’Avvocato Ranieri RODA, con delega depositata
in udienza dell’Avvocato ABBATE Ferdinando Emilio,
difensore dei ricorrenti che ha chiesto accoglimento
del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IGNAZIO PATRONE che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

di PERUGIA, depositatOil 05/04/2012;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

avverso il decreto della Corte di appello di Perugia 323/2012 che ha dichiarato inammissibile
la domanda per ottenere l’equa riparazione del danno sofferto a causa della durata non
ragionevole di un’analoga controversia svoltasi dinanzi alla Corte di appello di Roma ed alla
Corte di Cassazione per violazione dell’art. 6 della Convezione per la salvaguardia dei diritti
dell’uomo e de .ile libertà fondamentali, ratificata dall’Italia con legge 4.8.1955 n. 848,
determinata dalla eccessiva durata del procedimento presupposto.
La Corte perugina ha accolto l’eccezione di inammissibilità della domanda.
La sentenza impugnata ha ritenuto esistere molteplici ragioni per la declaratoria di
inammissibilità, esaminando i rapporti tra legislazione comunitaria e nazionale, la
giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo e la legislazione
interna.
Ha richiamato la sentenza 7139/04 di questa Corte, pervenendo alla conclusione che i
giudizi promossi ai sensi della legge 89/01, previsti solo nella norma sanzione, diretta ad
apprestare il mezzo di tutela per la violazione del precetto, non possono fondare una richiesta
di indennizzo ai sensi deita stessa legge.
Ha richiamato anche la giurisprudenza della CEDU ( tra i tanti procedimento 29.3.2006,
Grande Camera, caso Coechiarella contro Italia) circa la ricevibilità dei ricorsi che
lamentavano la non congruità dell’indennizzo o il ritardo nella liquidazione, con la
conclusione che, dopo i espletamento della procedura interna ai sensi della legge Pinto, la
via del ricorso interno e esaurita.

I ricorrenti propongongono ricorso per cassazione contro il Ministero della Giustizia,

Ha stigmatizzato il rischio di un’abnorme proliferazione di controversie incompatibile con la
ragionevole durata dei processi.
Il ricorso lamenta violazione degli artt. 2 legge 89/2001. 6,13, e 41 CEDU, 111 Cost,
invocando anche il Trattato di Lisbona, e concludendo per la proponibilità ed ammissibilità
della domanda.

Il ricorso merita accoglimento.
La sentenza impugnata, come dedotto, ha riferito dei vari profili della questione
sottolineando che i giudizi promossi ai sensi deila legge 89/01, previsti solo nella norma
sanzione, diretta ad apprestare il mezzo di tutela per la violazione del precetto, non possono
fondare una richiesta di indennizzo ai sensi della stessa legge.
Ha anche richiarriato la giurisprudenza della CEDU circa la ricevibilità dei ricorsi che
lamentavano la non congedati dell’indennizzo o il ritardo nella liquidazione, con la
conclusione che, dopo i esp_etamento della procedura interna ai sensi della legge Pinto, la
via del ricorso interne è esaurita.
Rispetto a questa arricorata motivazione il ricorso ripercorre gli argomenti della sentenza
dandone una diversa interpretazione e censura espressamente e congruamente i due profili
sopra esposti e le affermazioni in diritto svolte.
Questa Corte ha, infatti, avuto modo di ritenere applicanite la tutela di cui alla legge n.
89 del 2001 ai procedimenti introdotti sulla base della legge stessa, per i quali deve ritenersi
predicabile l’operatività del termine ragionevole ci durata e del conseguente regime
indennitario in caso di sua violazione.
Come affermai° di recente (Cass. n. 17686 del 2012; Cass. n. 5924 del 2012 e altre
conformi), il giudizio di equa riparazione, che si svpige presso le Corti d’appello ed
eventualmente, in sede di impugnazione, dinnanzi a questa Corte, è un ordinario processo di
cognizione, soggetto, in quanto tale, alla esigenza di una definizione in tempi ragionevoli,

MOTIVI DELLA DECISIONE

esigenza, questa, tanto più pressante per tale tipologia di giudizi, in quanto finalizzati proprio
all’accertamento della violazione di un diritto fondamentgle nel giudizio presupposto, la cui
lesione genera di per sé una condizione di sofferenza e un paterna d’animo che sarebbe
eccentrico non riconoscere anche per i procedimenti e.).” lege n. 89 del 2001. Né appare
condivisibile l’assunto che il giudizio dinnanzi alla Corte d’appello e l’eventuale giudizio di

concludersi dinanzi alla Corte europea, nel caso in cui íell’ordinamento interno la parte
interessata non ottenga una efficace tutela all’indicato diritto fondamentale, alieso che il
procedimento interno rappresenta una forma di – Lite la adeguata ed efficace, sempre che,
ovviamente, si svolga esso sesso nell’ambito di una ragionevole durata.
Quanto alla determinazione deila ragionevole durata di un procedimento di equa
riparazione, questa Corte ha ritenuie che ove, coine nei caso di specie, venga in rilievo un
giudizio “Pinto” svolosi anche d’innanzi alla Corte di cassazione, la durata complessiva dei
due gradi debba essere ritenuta ragionevole ove nn ecceda ;i termine di due anni.
Il ricorso deve quindi essere accolto, essendo erronea la decisione della Corte
territoriale che ha ritenuto inammiss . bile la domanda di equa riparazione per la irragionevole
durata di un procedimento di equa riparazione relativamente a giudizio presupposi.° di altra
natura.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fano, ia causa può essere decisa nel
merito.
Nel caso di specie, intatti, ii ricorso è stato depositato firesso la Corte d’appello nel
mese di luglio 2005; si

è C011ClUSO

con decreto di

Sei:lei-fibre

2006; il giudizio di cassazione è

stato introdotto con ricorso notificato nel mese di ottobre 2007 e definito a febbraio 2010.
La durata complessiva dei pro edimerrto di equa riparazione è stata di 55 mesi.
Detratti il termine ragionevole, stimato in due anni, nonché ulteriori undici mesi per la

impugnazione costituiseanc una fase necessaria di un unico procedimento destinato a

proposizione del ricorso rispetto al termine breve, la durata non ragionevole risulta essere
stata di 20 mesi.
Alla luce dell’accertata irragionevole durata del giudizio, alla ricorrente spetta un
indennizzo che va liquidato sulla base di curo 62,5 per mese, e quindi in complessivi euro
1250 oltre interessi legali dalla data della domanda al saldo. oltre spese.

La Corte accoglie il ricorso., cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito,
condanna il Ministero della Giustizia al pagamento della somma di euro 1250, in favore di
ciascuna parte oltre interessi legali dalla data della domanda al saldo; condanna il Ministero
alla rifusione delle spese dell’intero giudizio clic liquida, per il giudizio di merito, in euro
775,00, di cui euro 50,00 n’ex esborsi, 280,00 per dirUti e 445.00 per onorari, oltre alle spese
generali e agli accessori di legge, e, per il giudizio di legittimità, in euro 506,25 per
compensi, oltre a curo I 00.00 per estorsi e agli k-;Jessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio eicila Seconda Sezione Civile della
Corte suprema di Cassazione, il 22 maggio 2013.

PER QUESTI MOTIVI

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