Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16560 del 05/07/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 05/07/2017, (ud. 15/06/2017, dep.05/07/2017),  n. 16560

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana M. T. – Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

Dott. NOCERA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 12758/2012 R.G. proposto da:

D.G.I. e I.L., rappresentati e difesi, giusta

procura speciale a margine del ricorso, dall’avv. Paola Velocci, del

foro di Latina, elettivamente domiciliati presso lo studio dell’avv.

Roberto Iannaccone, in Roma, viale Spartaco n. 30;

– ricorrenti –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 169/40/11 della Commissione Tributaria

Regionale del Lazio, Sezione staccata di Latina, depositata il

25/03/2011, non notificata.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/06/2017

dal Dott. Nocera Andrea, Magistrato addetto al Massimario, applicato

alla Sezione Tributaria.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza depositata il 25/03/2011, la Commissione Tributaria Regionale del Lazio, Sezione staccata di Latina (hinc: CTR) ha accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate contro la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Latina (hinc: CTP) n. 255/07/2007 in ordine al ricorso avverso l’avviso di rettifica e liquidazione della maggiore imposta di registro, in applicazione del criterio di valutazione automatica, in relazione alla dichiarazione di valore contenuta nell’atto di compravendita di fabbricato ed annessa area scoperta.

La CTR, nel riformare la sentenza della CTP di Latina, che aveva accolto il ricorso dei contribuenti, aveva ritenuto: 1. l’insussistenza dell’eccepito difetto di motivazione dell’atto di rettifica impugnato; 2. la correttezza della rettifica operata dall’Ufficio, che, in applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 51 e 52, aveva rideterminato il valore dichiarato dell’unità immobiliare ad uso commerciale sulla base del criterio di valutazione automatica, e quello dell’area scoperta tenendo conto della destinazione urbanistica e dell’indice di fabbricabilità adottato per la zona in cui insiste, valutando ininfluente la circostanza della omessa approvazione del suddetto piano urbanistico ex D.L. n. 223 del 2006, convertito in L. n. 248 del 2006.

Avverso questa decisione, D.G.I. e I.L. hanno proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi di doglianza.

L’Agenzia delle entrate ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, i ricorrenti deducono “la nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, comma 4, nonchè per omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione sul punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5”.

1.1. In esso si lamenta che la sentenza gravata ha ritenuto corretta la rettifica del valore dell’immobile trasferito in data 1.3.2006, trascurando di valutare che, sebbene l’avviso consideri ai fini della valutazione comparativa del valore degli immobili, un altro bene ubicato nella zona e con caratteristiche simili, non tiene conto del decreto di trasferimento del medesimo immobile disposto dal Tribunale di Latina “poco più di un anno prima” (atto registrato il 24.11.2004), in violazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51, comma 3.

1.2. Le medesime censure sono espresse con il secondo motivo di ricorso in cui si ribadisce l’eccezione di nullità della sentenza per violazione del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 51 e 52, nonchè la “omessa o insufficiente indicazione nell’avviso di rettifica e liquidazione del criterio prescelto ai fini della dedotta rivalutazione estimativa del prezzo di compravendita”, non ritenendo sufficiente il mero richiamo le disposizioni di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 51 e 52.

1.3. Entrambi i motivi sono infondati. La sentenza della CTR ha ritenuto la correttezza dell’accertamento del maggior valore degli immobili in base al riscontro comparativo fornito dall’Ufficio peraltro conforme a quella dei giudici di prime cure – fornendo adeguata motivazione sia in ordine alla sussistenza della condizione del superamento del limite di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, comma 4, sia al ricorso al metodo della comparazione con atti di trasferimento per immobili similari avvenuti nell’ultimo triennio. Nè può ritenersi che il valore di trasferimento dei medesimi beni immobili, pur avvenuto nel triennio, ad un prezzo di aggiudicazione determinato da procedura concorsuale, può assumere rilievo preclusivo per l’accertamento del reale ed effettivo valore di mercato del bene, sussistendo il superamento del valore calcolato secondo il criterio di valutazione automatica.

Sul punto si evidenzia che il D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 44, comma 2, che individua nel prezzo di aggiudicazione la base imponibile per l’applicazione della imposta di registro “per la vendita di beni mobili e immobili fatta all’incanto in sede di espropriazione forzata o comunque all’asta pubblica e per i contratti stipulati o aggiudicati a seguito di pubblico incanto”, non trova applicazione per le successive vendite del bene. L’Ufficio può legittimamente provvedere a rettificare i valori dichiarati nell’atto di vendita, anche quando l’immobile sia pervenuto ai venditori a seguito di aggiudicazione intervenuta nel triennio precedente la vendita, se li ritiene non conformi a quelli venali dei beni in comune commercio, potendo a tale fine utilizzare il criterio più opportuno fra quelli consentiti dal D.P.R. n. 131 cit., art. 51, (con il limite stabilito dal successivo art. 52, penultimo comma, se applicabile), ed indicando, quale motivazione necessaria e sufficiente dell’atto impositivo, il criterio od i criteri effettivamente utilizzati (Cass. 22141/2010).

3. Con il terzo motivo di ricorso le parti ricorrenti hanno dedotto l’omessa pronuncia o statuizione sulla dedotta ragione di connessione con i procedimenti dei coobbligati in solido e la possibile evenienza del contrasto di giudicati.

Il motivo è infondato. In ambito di solidarietà tributaria – qual è quella sussistente, ai fini dell’imposta di registro, D.P.R. n. 131 del 1986, ex art. 57, – si è affermato un ormai consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità (tra le altre: Cass. 1589/06; 11499/09; 26008/13; 5725/16), in base al quale – fermo restando il principio generale di cui all’art. 1306 cit., comma 1, secondo cui la sentenza non fa stato nei confronti dei debitori in solido che non abbiano partecipato al giudizio – opera tuttavia, pure in detta materia, il limite apportato a questo principio generale dal 2″ comma della norma in esame; in forza del quale il debitore che non abbia partecipato al giudizio può opporre la sentenza a lui favorevole al creditore, salvo che essa sia fondata su ragioni personali al condebitore nei cui confronti è stata emessa. Tale regola di estensione soggettiva del giudicato trova anzi, in materia tributaria, argomento ulteriore nella intrinseca unitarietà della funzione amministrativa di accertamento impositivo. E può dirsi inoperante (ma si tratta di ipotesi qui non ricorrente) solo quando nei confronti dello stesso coobbligato, rimasto estraneo al giudizio definitosi con il giudicato favorevole, si sia formato un altro giudicato di segno diverso; atteso che, in tal caso, l’estensione ultra partes degli effetti favorevoli del giudicato trova ostacolo invalicabile nella preclusione ormai maturatasi con l’avvenuta definitività della sua specifica posizione.

Peraltro, nel caso in esame i ricorrenti non indicano se si sia formato un giudicato con riguardo al giudizio introdotto dai danti causa D.B. e G..

4. Tutti i motivi di ricorso devono, dunque ritenersi infondati, e l’avviso di rettifica e liquidazione confermato.

Alla soccombenza segue la condanna alle spese dell’intero giudizio che si liquidano come da dispositivo.

PQM

 

Rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del presente giudizio liquidate in Euro 3.000,00 per compensi, oltre rimborso spese forfettarie nella misura del 15% e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 15 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2017

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