Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16559 del 28/07/2011

Cassazione civile sez. trib., 28/07/2011, (ud. 30/06/2010, dep. 28/07/2011), n.16559

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBURARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. D’ALONZO Michele – rel. Consigliere –

Dott. FERRARA Ettore – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

Comune di San Benedetto del Tronto (AP), in persona del Sindaco pro

tempore, elettivamente domiciliato in Roma alla Via F. Denza n. 20

presso lo studio dell’avv. DEL FEDERICO Lorenzo che lo rappresenta e

difende in forza della procura speciale rilasciata a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

la s.r.l. VERDEMARE, con sede in

(OMISSIS), elettivamente domiciliata, nel giudizio di

appello, in San Benedetto del Tronto (AP) alla Via Colleoni n, 57

presso lo studio del rag. Luigi Citeroni;

– intimata –

avverso la sentenza n. 149/07/06 depositata il 9 marzo 2007 dalla

Commissione Tributaria Regionale delle Marche.

Fatto

LA CORTE

letto il ricorso con il quale il Comune di San Benedetto del Tronto (AP) – premesso che con “avviso di accertamento … relativo ad ICI per l’anno 1999” (riprodotto “per esigenze di autosufficienza”) aveva recuperato “la maggiore imposta dovuta in relazione ad un fabbricato” (“con rendita catastale definitiva”) “in possesso” della srl VERDEMARE – chiede di cassare la sentenza n. 149/07/06 (depositata il 9 marzo 2007) – con la quale la Commissione Tributaria Regionale delle Marche ha rigettato il suo appello avverso la sfavorevole decisione di primo grado, che aveva ritenuto “l’avviso impugnato insufficientemente motivato” – per:

(1) “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 11 della L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 3 e della L. 27 luglio 2000, n. 212”, racchiuse nel seguente “quesito di diritto”:

“se, ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11 della L. n. 241 del 1990, art. 3 e della L. n. 212 del 2000, art. 7 debba ritenersi sufficientemente motivato l’avviso di accertamento ICI … che rechi l’indicazione delle norme che disciplinano l’applicazione dell’imposta, dei dati e della consistenza catastale del fabbricato accertato, del suo valore, della percentuale di proprietà e della durata del possesso, dell’esclusione di cause di riduzione dell’imposta, dell’aliquota ordinaria applicata, dell’importo dell’imposta dovuta, della somma che nel coacervo dei versamenti eseguiti dal contribuente per tutti gli immobili posseduti vada imputata al fabbricato accertato siccome eccedente l’imposta dovuta per i restanti beni, ed infine, determinato per differenza tra il dovuto e quanto già versato appunto, l’indicazione dell’importo della maggiore imposta accertata (…), ovvero se l’indicazione di tali elementi integri una motivazione soltanto apparente, tale da non consentire la comprensione neppure superficiale della ratio del provvedimento impugnato (…)”;

(2) “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 8 e dell’art. 2967 c.c.”, sintetizzate in questo “quesito di diritto”:

“se viola il disposto del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 8 e art. 2697 c.c. la pronunzia della CTR, che afferma la legittimità dell’applicazione della riduzione ICI prevista per gli immobili inagibili e/o inutilizzabili, operata dalla società contribuente in relazione a fabbricato tale dichiarato dal legale rappresentante della società medesima con dichiarazione sostitutiva di atto notorio, tra l’altro successiva al periodo d’imposta di che trattasi, nonostante risulti in atti il verbale di sopralluogo di tecnico comunale, che esclude in modo inequivoco la ricorrenza nel caso di specie di tale ipotesi di riduzione dell’imposta, e non sia stata fornita dalla società alcuna altra prova a sostegno di quanto dichiarato (…), ovvero se la dichiarazione sostitutiva di atto notorio, resa dal legale rappresentante nell’anno successivo rispetto a quello accertato, sia di per sè (benchè cioè non confortata da alcun altro elemento di prova) idonea a prevalere su quanto risultante a seguito del sopralluogo effettuato da tecnico comunale in ordine alla insussistenza di ragioni di riduzione dell’ICI (…)”;

(3) “omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio”, a conclusione della cui esposizione si chiede di “valutare se sia nulla per difetto assoluto di motivazione la decisione della CTR, che faccia discendere la spettanza della riduzione dell’ICI al 50% prevista dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 8 per i fabbricati inagibili e inutilizzabili, quasi ne fosse ineludibile corollario, dalla ritenuta nullità dell’avviso di accertamento per mancanza di motivazione, senza peraltro esplicitare in alcun modo il ragionamento seguito per giungere a tale conclusane nè dare contezza della prova contraria (relazione del tecnico comunale che ebbe ad eseguire il sopralluogo) offerta dal Comune”.

rilevato che:

la Commissione Tributaria Regionale, riprodotta “l’essenza della motivazione che correda l’atto impugnato, al di là della mera identificazione dell’immobile … e dei calcoli della ripresa d’imposta” (“risulta omesso/parziale il versamento effettuato par l’anno oggetto del presente atto. La denuncia risulta infedele rispetto a quanto avrebbe dovuto essere dichiarato”), ha disatteso l’appello del Comune – con il quale tale ente (secondo lo stesso giudice) aveva dedotto che “l’avviso di accertamento impugnato …

specificava con chiarezza … le ragioni della contestazione del diritto della … contribuente ad avvalersi della norma agevolativi di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 8” – affermando che, essendo (in sintesi) “detta motivazione … riconducibile alla categoria della motivazione apparente, del tutto equivalente alla carenza integrale di motivazione” (“con violazione del diritto di difesa della … contribuente”), “l’avviso … impugnato … è da ritenersi nullo e … conseguentemente correttamente applicata la norma agevolativa della praticata riduzione dell’imposta”;

secondo il Comune ricorrente “dalla lettura dell’avviso impugnato …

si evince che l’atto impositivo reca tutti gli elementi essenziali per l’individuazione della pretesa e delle ragioni poste dall’amministrazione alla sua base e per l’esercizio del diritto di difesa da parte della società” perchè “dopo l’indicazione dell’imposta dovuta per il fabbricato in oggetto, ed alla specificazione che, diversamente da quanto ritenuto dalla contribuente, non è applicabile la riduzione dell’imposta …

l’avviso impugnato evidenzia in Euro 658,52 l’importo imputato, nel coacervo dei versamenti effettuati dalla società a titolo di acconto ICI per l’anno 1999 con riguardo a tutti gli immobili posseduti, al fabbricato oggetto dell’accertamento (ACCONTO ATTRIBUITO AL PRESENTE ATTO 658,52 – Importo che eccede dall’eventuale liquidazione del dichiarato ovvero da accertamento). Ne deriva per differenza la determinazione dell’imposta, a parere del Comune, dovuta per il cespite di che trattasi”;

Ritenuto Che:

il ricorso – come rettamente evidenziato nella relazione ex art. 380 bis c.p.c. notificata il 19 maggio 2011 al Comune, che nulla ha osservato sulla stessa – deve essere respinto:

il primo motivo di ricorso, infatti, è manifestamente inammissibile per violazione del combinato disposto degli artt. 366 e 366 bis c.p.c. in quanto non evidenzia quale sia l’affermazione del giudice del merito contestata; in particolare quale sia il principio di diritto dallo stesso violato: il quesito formulato, infatti, si fonda sull’assunto (peraltro oggetto della specifica contestazione della contribuente, accolta dai giudici del merito) che l’atto impositivo “rechi”, contrariamente a quanto ritenuto da detti giudici, “l’indicazione … dell’esclusione di cause di riduzione dell’imposta”;

la valutazione della sussistenza e della sufficienza della “motivazione” di un atto di imposizione fiscale, poi, involge, come per qualunque atto amministrativo, l’interpretazione dell’atto stesso in quanto è necessario ricostruire l’intento dell’amministrazione ed il potere che essa ha inteso esercitare in considerazione del suo contenuto complessivo e, se rilevante, in base al comportamento tenuto dall’amministrazione: questa interpretazione, però (Cass., trib.: 8 ottobre 2007 n. 21040; 1 ottobre 2007 n. 20649; 25 gennaio 2006 nn. 1436 e 1437; 5 dicembre 2005 n. 26389; 1 aprile 2005 n. 6870; 25 marzo 2005 n. 6504; id., 3, 2 agosto 2004 n. 14783; id., 1, 8 aprile 2004 n. 6942; id., lav., 16 marzo 2004 n. 5369; trib., 29 settembre 2003 n. 14482; id., 1, 20 settembre 2003 n. 13954; id., lav., 22 agosto 2003 n. 12370; id., 3, 5 giugno 2001 n. 7584), costituisce un apprezzamento di fatto, di esclusiva competenza del giudice del merito, sindacabile in sede di legittimità soltanto per insufficienza o contraddittorietà della motivazione della sentenza, quindi per violazione di quegli stessi canoni ermeneutici (art. 1362 e ss. cod. civ.) che presiedono alla interpretazione dei contratti, ovverosia per vizi che nel caso non sono stati assolutamente dedotti;

l’assunto del Comune relativo alla specificazione “che, diversamente da quanto ritenuto dalla contribuente, non è applicabile la riduzione dell’imposta”, quindi all’interpretazione del contenuto dell’atto impositivo oggetto della controversia (in particolare quanto alla sussistenza, nello stesso, della “specificazione” addotta dall’ente impositore), si rivela inammissibile sia perchè non denunzia nè evidenzia la violazione dei canoni ermeneutici indicati dall’art. 1362 cod. civ. (applicabile, come detto, anche alì interpretazione degli atti di imposizione tributaria) sia, soprattutto, perchè non espone quale siano gli elementi non od erroneamente valutati dalla C.T.R.;

la complessiva doglianza, anzi, si risolve nella richiesta, rivolta a questo giudice di legittimità, di un giudizio di merito che è del tutto estraneo ai suoi compiti istituzionale;

gli altri due motivi risultano, conseguentemente, assorbiti perchè suppongono imprescindibilmente l’esistenza (esclusa dal giudice del merito e confermata dalla riscontrata inammissibilità dell’afferente doglianza), nell’atto di imposizione fiscale, della motivazione, la quale, tenuto conto della natura impugnatoria, propria del vigente processo tributario, non può essere formulata dall’ente impositore per la prima volta nel giudizio instaurato dal contribuente;

nessun provvedimento deve essere adottato in ordine alle spese di questo giudizio di legittimità non avendo l’intimata svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 30 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2011

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