Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16558 del 11/06/2021

Cassazione civile sez. I, 11/06/2021, (ud. 06/10/2020, dep. 11/06/2021), n.16558

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. DI STEFANO Pierluigi – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. MACRI’ Ubalda – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 8407/2019 proposto da:

M.R., elettivamente domiciliato in Castelfidardo, alla via

Paolo Soprani 9, presso lo studio dell’avv. Mario Novelli, che lo

rappresenta e difende, come da procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, rappresentato ex lege dall’Avvocatura

Generale dello Stato;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1548/2018 della CORTE d’APPELLO di ANCONA,

depositata il 24/7/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

6/10/2020 dal Consigliere Dott. Luca Solaini.

 

Fatto

RILEVATO

che:

La Corte d’Appello di Ancona ha respinto il gravame proposto da M.R., cittadino del Ghana richiedente asilo, avverso l’ordinanza del Tribunale di Ancona che, confermando il provvedimento della competente Commissione territoriale, gli aveva negato il riconoscimento della protezione internazionale, anche nella forma sussidiaria, e di quella umanitaria.

Il ricorrente aveva riferito di essere stato uno degli organizzatori di una manifestazione politica tenutasi il 2012 contro il regime, durante la quale era stata incendiata una caserma, erano stati aggrediti agenti di polizia e liberati prigionieri ed erano rimaste uccise due persone, e di aver lasciato il Paese per il timore di essere arrestato. La corte distrettuale, premesso che il Ghana gode attualmente di una relativa pace sociale, ha ritenuto il racconto non credibile, rilevando che, nonostante il lungo tempo trascorso dall’evento, M. non aveva fornito allegazioni concrete circa la sua partecipazione alla rivolta o l’esistenza a suo carico di procedimenti penali, nè era stato in grado di chiarire a quale struttura politica appartenesse, chi fossero i suoi compagni e in qual modo le forze di polizia lo avessero individuato. Ha pertanto respinto le domande di riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14. Ha inoltre escluso che il richiedente avesse dedotto particolari profili di sua vulnerabilità, tali da giustificare il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari.

Contro la sentenza, pubblicata il 24.7.2018, M.R. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di sei motivi.

Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Il ricorrente denuncia:

i)con i primi due motivi la violazione dell’art. 1 della Convenzione di Ginevra del 28.7.1951 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. e), sostenendo che la sua vicenda presenta i presupposti (fondato timore, o pericolo, di essere perseguitato a causa di opinioni politiche) per il riconoscimento dello status di rifugiato;

ii)con il terzo motivo la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, lamentando che la corte d’appello non si sia attenuta ai criteri che presiedono alla valutazione della credibilità soggettiva del richiedente asilo ed abbia sbrigativamente ritenuto inattendibile il suo racconto, con motivazione apodittica ed apparente, senza attivarsi per acquisire informazioni presso le rappresentanze diplomatiche del Ghana;

iii)con il quarto motivo la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b) e c), per aver il giudice d’appello respinto la domanda di protezione sussidiaria senza tener conto dello stato di assoluto degrado in cui versano le prigioni ghanesi;

iv)con il quinto motivo, la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, per avere la corte del merito omesso di assumere qualsivoglia informazione in ordine alla situazione in cui versa il Ghana;

vi)con il sesto motivo, la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, per il mancato riconoscimento della protezione umanitaria nonostante egli svolga regolare attività lavorativa presso un’agenzia di pompe funebri di un paese della provincia di Macerata e sia dunque concretamente inserito nel tessuto sociale italiano.

Tutti i motivi sono inammissibili.

Il primo e il secondo si limitano ad affermare che il ricorrente ha diritto al riconoscimento dello status di rifugiato in quanto perseguitato politico, ma non contestano in alcun modo la valutazione di inattendibilità del suo racconto operata dalla corte territoriale.

Il terzo si risolve in una critica astratta dell’accertamento compiuto sul punto dal giudice d’appello, che ha ampiamente motivato le ragioni del proprio convincimento, e non indica il fatto decisivo omesso che, ove considerato, avrebbe potuto condurre all’accoglimento del gravame.

Il quarto non chiarisce perchè – una volta esclusa la credibilità della vicenda narrata dal ricorrente e ritenuto pertanto insussistente il pericolo che, in caso di suo rientro nel Paese d’origine, questi possa essere sottoposto a procedimento penale a causa dei suoi trascorsi politici – la corte del merito avrebbe dovuto assumere informazioni in ordine alla situazione in cui versano le carceri ghanesi.

Il quinto sembra ignorare che la corte distrettuale ha accertato che il Ghana gode attualmente di una relativa pace sociale, grazie alla quale ha conseguito un alto tasso di crescita economica, sulla base di una specifica fonte informativa (sito della Farnesina), nè censura tale accertamento sulla base di fonti diverse e più aggiornate.

Il sesto, oltre ad essere erroneamente articolato sotto il profilo della violazione di legge, per un verso lamenta l’omesso esame di un documento prodotto tardivamente (in allegato a memoria integrativa) in appello senza neppure illustrarne la decisività ai fini dell’accoglimento della domanda di protezione umanitaria, e per l’altro non specifica quali sarebbero le circostanze (diverse da quelle dedotte a sostegno delle richieste di riconoscimento dello status e della protezione sussidiaria, ritenute non credibili) che avrebbero giustificato la concessione di tale misura.

La mancata costituzione dell’amministrazione statale esonera il collegio dal provvedere sulle spese.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto,

da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 giugno 2021

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