Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16556 del 28/07/2011

Cassazione civile sez. trib., 28/07/2011, (ud. 30/06/2010, dep. 28/07/2011), n.16556

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. D’ALONZO Michele – rel. Consigliere –

Dott. FERRARA Ettore – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

s.a.s. GIACOMOZZI Alessandro & C., con sede in

(OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma alla

Via G.A. Pasquali n. 21 presso CAPRIOTTI MARIO insieme con l’avv.

Ciriaco BRUNI che la rappresenta e difende in forza della “procura

speciale in calce” al ricorso;

– ricorrente –

contro

il Comune di San Benedetto del Tronto (AP), in persona del Sindaco

pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma alla Via F. Denza n.

20 presso lo studio dell’avv. DEL FEDERICO LORENZO che lo rappresenta

e difende in forza della procura speciale rilasciata a margine del

controricorso;

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 65/06/07 depositata il 19 luglio 2007 dalla

Commissione Tributaria Regionale delle Marche (notificata il 3 agosto

2007).

La Corte:

Fatto

FATTO E DIRITTO

letto il ricorso con il quale la s.a.s. GIACOMOZZI Alessandro & C. – premesso che il Comune di San Benedetto del Tronto (AP) aveva notificato ad essa un avviso di accertamento per ICI 1999 e un avviso di liquidazione per l’imposta dell’anno successivo inerenti allo “stabilimento balneare” condotto quale “concessionaria di spiaggia” ed insistente su “concessione demaniale” – chiede di cassare la sentenza n. 65/06/07 (depositata il 19 luglio 2007, notificata il 3 agosto 2007) – con la quale la Commissione Tributaria Regionale delle Marche ha accolto 1′ appello del Comune avverso la sfavorevole decisione di primo grado, che aveva ritenuto applicabile la L. n. 388 del 2000, art. 18, comma 3, solo “a decorrere dal primo gennaio 2001 senza effetti retroattivi” – per “violazione e falsa applicazione di norme di diritto” (“D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, artt. 1 e 3”) e per “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione” (a) esponendo che “la concessione demaniale relativa agli stabilimenti balneari… non conferisce… posizioni giuridiche attive nei confronti del destinatario…, non amplia la propria sfera giuridica e non attribuisce facoltà nuove” e che “tutte le costruzioni sopra all’arenile effettuate sono di proprietà dello Stato” e (b) chiedendo (“quesiti di diritto”) (1) “il mancato accertamento del rilascio di autorizzazioni a costruire ad opera del concessionario di spiaggia su beni nel demanio marittimo consente di stabilire che gli stessi siano considerati beni che rappresentano un diritto reale di superficie?”;

(2) “se… effettivamente le costruzioni sono state effettuate dalla società…nel demanio marittimo, le stesse possono essere regolamentate a favore del concessionario di spiaggia quale titolare di un diritto reale di superficie ?”;

(3) “l’art. 49 c.n., e l’art. 34, commi 3 e 4 reg. att. c.n., attestano che i concessionari di spiaggia sono titolari di un diritto reale di superficie o di un diritto di godimento ovvero il manufatto che insiste sullo stabilimento può essere pertinenza demaniale?”;

RILEVATO CHE secondo la Commissione Tributaria Regionale:

(a) “l’atto concessorio prevede l’occupazione di un tratto di suolo demaniale marittimo (spiaggia) allo scopo di installarvi e mantenervi uno stabilimento balneare ad uso pubblico costituito da manufatti e cabine da costruire previo ottenimento della concessione edilizia…;

clausole particolari, poi, richiamano la facoltà del Capo del Compartimento di revocare o di dichiarare la decadenza dalla concessione…”; “si prevede, infine, che nei casi di scadenza, revoca o decadenza, il concessionario ha l’obbligo di sgombrare l’area asportando i manufatti impiantati e di riconsegnare l’area nel pristino stato”;

(b) “la natura e la finalità dell’atto concessorio lo qualificano come costitutivo di un diritto reale di superficie” (che, per l’art. 952 c.c., “ricorre allorchè il proprietario del suolo attribuisce il diritto di fare e mantenere una costruzione al di sopra del suolo in favore del terzo che acquista la proprietà della costruzione separatamente da quella del suolo”); “l’art. 41 c.n…. prevede che il concessionario può, previa autorizzazione dell’autorità concedente, costituire ipoteca sulle opere da lui costruite sui beni demaniali”.

RITENUTO CHE:

sul tema, di recente le sezioni unite della Corte (sentenza n. 3692 depositata il 16 febbraio 2009), confermando precedenti conformi orientamenti di questa sezione (nella stessa richiamati), con osservazioni pienamente convincenti, esclusa la natura retroattiva della stessa, ha statuito che “la fattispecie considerata dalla norma” dettata dalla L. 23 dicembre 2000, n. 348, art. 18 (comma 3), “come… reso palese dal tenore letterale della disposizione”, “riguarda… il mero concessionario di area demaniale, precedentemente di certo non soggetto all’imposta, ma non il proprietario di un immobile costruito, inforza di concessione, su un’area demaniale” perchè esso “proprietario”, “secondo la giurisprudenza di questa Corte”, “doveva ritenersi già soggetto ad ICI” in quanto “come si sottolinea(to)… con chiarezza, da ultimo, nelle sentenze 22757/04 e 8637/05” “il provvedimento amministrativo di concessione ad aedificandum su un area demaniale può in astratto dare luogo sia ad un diritto di natura reale, riconducibile alla proprietà superficiaria (cfr. Cass. 1718/07 e 21054/07, proprio con riferimento all’ipotesi di stabilimento balneare), sia ad un diritto di natura personale, che possa essere fatto valere nei confronti del solo concedente, gravando sulla parte che invoca tale seconda configurazione giuridica l’onere di dedurre chiari indici rilevatori (Cass. 4402/98, 7300/01, 9938/08), tra i quali rilievo decisivo deve essere attribuito alla destinazione dell’opera costruita dal concessionario al momento della cessazione del rapporto, dato che è evidente che, se essa torna nella disponibilità del concedente, ci troviamo in presenza di un rapporto obbligatorio (così Cass. 22757/04)”;

in base a tale principio il ricorso – come esposto nella relazione ex art. 380 bis c.p.c., notificata al Comune il 19 maggio 2011 e il 25 maggio 2011 al ricorrente, nei confronti della quale non è stata formulata nessuna osservazione – si palesa manifestamente fondato avendo lo stesso giudice di appello evidenziato che secondo l’atto di concessione, “nei casi di scadenza, revoca o decadenza, il concessionario ha l’obbligo di sgombrare l’area asportando i manufatti impiantati e di riconsegnare l’area nel pristino stato”;

siffatto pacifico accertamento fattuale consente a questa Corte di decidere la causa nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c.: dal richiamato principio, infatti, discende manifesta l’illegittimità della pretesa del Comune, i cui atti impositivi qui impugnati debbono essere, conseguenzialmente, annullati in accoglimento del ricorso di primo grado del contribuente;

le spese processuali dell’intero giudizio vanno integralmente compensate tra le parti ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2, essendosi il principio di diritto consolidato e chiarito posteriormente all’insorgere della controversia.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, accoglie il ricorso di primo grado annullando gli atti impositivi; compensa integralmente tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 30 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2011

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