Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16556 del 05/08/2016


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Cassazione civile sez. lav., 05/08/2016, (ud. 12/05/2016, dep. 05/08/2016), n.16556

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3578-2013 proposto da:

B.G., C.F. (OMISSIS), domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e

difeso dall’Avvocato EDOARDO ROCCO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

SO.CO.ME S.P.A., P.I. (OMISSIS), in persona dell’Amministratore unico

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA GERMANICO 146, presso lo studio dell’avvocato STEFANIA

VERALDI, rappresentata e difesa dall’avvocato LORENZO IOELE, giusta

delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 863/2012 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 06/09/2012 R.G.N. 1893/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/05/2016 dal Consigliere Dott. NICOLA DE MARINIS;

udito l’Avvocato ROCCO EDOARDO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI Francesca, che ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 6 settembre 2012, la Corte d’Appello di Salerno, in parziale riforma della decisione resa dal Tribunale di Salerno accoglieva, nei limiti di Euro 32.153,59, con esclusione dell’importo richiesto a corrispettivo delle prestazioni di lavoro straordinario nonchè dell’indennità per ferie non godute, richiesta in sede di ricorso incidentale, la domanda di condanna al pagamento di differenze retributive a vario titolo maturate proposta da B.G. nei confronti della SO.CO.ME S.p.A. con la quale assumeva essere intercorso un rapporto di lavoro subordinato per lo svolgimento di mansioni di pressista e saldatore di carpenteria metallica.

La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto, in relazione al rapporto intercorso con assegnazione alle predette mansioni, sussistente la pretesa creditoria azionata ad eccezione, stante il difetto di prova, dei compensi per lavoro straordinario e dell’indennità per ferie non godute.

Per la cassazione di tale decisione ricorre il B., affidando l’impugnazione a tre motivi, cui resiste, con controricorso, la Società.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, genericamente intitolato alla violazione e falsa applicazione di norme di diritto e accordi collettivi nazionali di lavoro, il ricorrente lamenta in realtà l’erroneità della valutazione circa il difetto di prova dell’effettivo svolgimento delle prestazioni di lavoro straordinario di cui aveva richiesto il compenso che la Corte territoriale, in contrasto, sempre ad avviso del ricorrente, con la dichiarazione del teste M., il quale aveva riferito dell’impiego del ricorrente per quattro ore il sabato, dopo aver lavorato per le previste 40 ore settimanali gli altri giorni della settimana, aveva espresso a sostegno della resa pronunzia di rigetto.

Il secondo motivo è inteso a denunciare da parte della Corte territoriale l’omessa motivazione in ordine all’appello incidentale proposto dal ricorrente ed avente ad oggetto l’impugnazione della pronunzia del primo giudice in ordine al rigetto della domanda di riconoscimento dell’indennità sostitutiva delle ferie non godute ed alla quantificazione in termini difformi e più ridotti rispetto al conteggio depositato dal ricorrente delle voci retributive riconosciute come spettanti.

Con il terzo motivo il ricorrente sostanzialmente ripropone il vizio di motivazione già eccepito nei precedenti motivi relativamente alla pronunzia sullo straordinario e sull’appello incidentale.

In sostanza, con la proposta impugnazione, pur articolata sui tre motivi sopra riassunti, il ricorrente complessivamente lamenta la non conformità a diritto e l’incongruità logica della pronunzia con cui la Corte territoriale, omettendo di motivare espressamente in ordine alle ragioni di censura sollevate dal medesimo con l’appello incidentale avverso le statuizioni del giudice di prime cure circa la ritenuta non spettanza, per difetto di prova, dell’indennità sostitutiva delle ferie e la limitazione all’importo di Euro 38.878,54 delle ulteriori differenze retributive vantate, confermava quelle statuizioni, giungendo altresì a disattendere, in contrasto con norme di legge e di contratto collettivo che sanciscono il diritto al compendo per lavoro straordinario, dichiarazioni testimoniali che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte territoriale, attestano lo svolgimento di un orario extra.

Aldilà dei profili di inammissibilità connessi all’approssimativa formulazione dei motivi, inidonei a riflettere i reali motivi di censura addotti dal ricorrente, i tre motivi, per quanto detto da trattarsi congiuntamente, risultano infondati, dal momento che la statuizione relativa al diniego del lavoro straordinario, censurata con il primo motivo, risulta argomentata nella sentenza impugnata con riguardo ad un difetto di prova che il richiamo qui operato dal ricorrente alla dichiarazione testimoniale del D.F., non vale ad inficiare la conclusione della Corte medesima, giustificata dalla circostanza che il D.F. aveva lavorato con il ricorrente per non più di 15 gg.; la statuizione relativa alla non spettanza dell’indennità sostitutiva delle ferie, di cui al secondo motivo, risulta sorretta dal rilievo, non fatto oggetto di alcuna specifica censura, per cui la mancata fruizione delle ferie sarebbe stata solo asserita dal ricorrente, quando, secondo l’orientamento di questa Corte, opportunamente anche se sinteticamente richiamato nell’impugnata sentenza, gravava sul medesimo il relativo onere probatorio; mentre la statuizione confermativa, ad eccezione delle somme relative al lavoro straordinario, della quantificazione delle differenze retributive spettanti al ricorrente operata dal primo giudice ancora una volta non appare contrastata da specifiche argomentazioni idonee ad evidenziare l’ingiustificatezza dell’operata riduzione.

Il ricorso va dunque rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 100,00 per esborsi ed Euro 3.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza i presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 5 agosto 2016

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