Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16555 del 11/06/2021

Cassazione civile sez. I, 11/06/2021, (ud. 06/10/2020, dep. 11/06/2021), n.16555

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. DI STEFANO Pierluigi – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. MACRI’ Ubalda – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 6574/2019 proposto da:

P.M., elettivamente domiciliato in Macerata, alla via

Morbiducci 21, presso lo studio dell’avv. Luca Froldi, che lo

rappresenta e difende, come da procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1262/2018 della CORTE d’APPELLO di ANCONA,

depositata il 6/7/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

6/10/2020 dal Consigliere Dott. Luca Solaini.

 

Fatto

RILEVATO

che:

La Corte d’Appello di Ancona ha respinto il gravame proposto da P.M., cittadino del Bangladesh richiedente asilo, avverso l’ordinanza del Tribunale di Ancona che, confermando il provvedimento della competente Commissione territoriale, gli aveva negato il riconoscimento della protezione internazionale, anche nella forma sussidiaria, e di quella umanitaria.

Il ricorrente aveva riferito: di essere nato in un bordello e di essere stato adottato da una famiglia di Sud Akombaria, dove aveva sempre vissuto; di non essere mai stato accettato dalla comunità islamica locale e di essere stato perciò ingiustamente accusato dell’omicidio di un uomo; di essere emigrato in Libia per sfuggire all’accusa e di aver lavorato in quel Paese per circa otto mesi, per poi venire in Italia. La corte distrettuale ha ritenuto il racconto non credibile, perchè generico e contraddittorio, ed ha pertanto respinto le domande di riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b); ha poi escluso che il Bangladesh versi in una situazione di conflitto armato generalizzato, tale da giustificare la concessione della protezione sussidiaria ai sensi della lett. c) della norma; ha infine rilevato che il richiedente non aveva allegato particolari profili di sua vulnerabilità a sostegno della domanda di protezione sussidiaria.

Contro la sentenza P.M. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.

Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Il ricorrente censura la decisione della Corte d’Appello: (i) con il primo motivo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, in quanto la Corte territoriale, in violazione dell’obbligo di cooperazione istruttoria, non gli ha chiesto alcun chiarimento ed ha omesso di verificare la veridicità dei fatti da lui narrati; (ii) con il secondo motivo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), per aver il giudice erroneamente ritenuto che in Bangladesh non sussista una situazione di conflitto armato tale da porlo in pericolo nel caso di rientro nel Paese.

Entrambi i motivi sono inammissibili.

Il primo non specifica se, ed in ordine a quali fatti, il ricorrente abbia chiesto di essere sentito a chiarimenti dal giudice d’appello (cfr. Cass. n. 21584/020), non riporta le dichiarazioni da lui rese dinanzi alla Commissione Territoriale e, non facendosi neppure carico di illustrare le ragioni per le quali esse avrebbero dovuto essere ritenute credibili, non censura in alcun modo il giudizio di inattendibilità del racconto in base al quale la corte del merito ha rigettato le domande di riconoscimento dello status e della protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, ex lett. a) e b).

Il secondo si risolve invece in una critica generica all’accertamento in fatto, compiuto dalla corte distrettuale, circa la situazione in cui versa il Bangladesh, ma non cita alcuna fonte atta a smentirlo.

Poichè il Ministero dell’Interno non ha svolto difese, non v’è luogo alla liquidazione delle spese.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 giugno 2021

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