Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16554 del 28/07/2011

Cassazione civile sez. trib., 28/07/2011, (ud. 30/06/2010, dep. 28/07/2011), n.16554

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. D’ALONZO Michele – rel. Consigliere –

Dott. FERRARA Ettore – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

s.n.c. MACCAFERRO Marco e Nicola & C, con sede in (OMISSIS))

alla Via Tassoni n. 9, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma alla Via Costantino Morin

n. 45 presso lo studio dell’avv. Alessandra Piana insieme con l’avv.

TROIANI Gaetano che la rappresenta e difende in forza della “delega

in calce” al ricorso;

– ricorrente –

contro

il Comune di San Benedetto del Tronto (AP), in persona del Sindaco

pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma alla Via F. Denza n.

20 presso lo studio dell’avv. del FEDERICO Lorenzo che lo rappresenta

e difende in forza della procura speciale rilasciata a margine del

controricorso;

– controricorrente –

AVVERSO la sentenza n. 14/04/07 depositata il 20 febbraio 2007 dalla

Commissione Tributaria Regionale delle Marche (notificata il 30 marzo

2007).

Fatto

OSSERVA

LA CORTE:

letto il ricorso con il quale la s.n.c. Maccaferro Marco e Nicola &

C. – premesso che con distinti avvisi di accertamento il Comune di San Benedetto del Tronto (AP) aveva richiesto il pagamento dell’ICI per gli anni dal 1997 al 2000, su di un fabbricato “di proprietà dello Stato” e da essa occupato “in forza di atto ci concessione demaniale n. 329/98”; riprodotta la “concessione” del “29 luglio 1998” – chiede di cassare la sentenza n. 14/04/07 (depositata il 30 gennaio 2007 e notificata il 30 marzo 2007) con la quale la Commissione Tributaria Regionale delle Marche ha recepito l’appello del Comune avverso la decisione di primo grado favorevole ad essa società, denunziando “violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 2, in relazione al successivo D.Lgs. n. 504 del 1992 art. 7, lett. a), e dagli artt. 29 cod. nav. e art. 822 c.c. “e chiedendo (“quesito di diritto”) se “il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 3, comma 2, riguarda il concessionario che gode un suo manufatto su area demaniale marittima arti. 41, 46 cod. nav. o quello di proprietà demaniale art. 29 cod. nav.”;

RILEVATO CHE:

la Commissione Tributaria Regionale ha accolto l’appello del Comune osservando: (7) “nel caso … il contenuto dell’atto di concessione non pone precisati vincoli atti a configurare l’assunzione di un mero diritto di natura obbligatoria”;

(2) “si delineano, invece, gli elementi costitutivi di un diritto reale di usufrutto, quale diritto di godere della cosa per trame utilità nei limiti della sua destinazione economica; con l’obbligo di restituzione (punto 9 dell’atto), di redigere l’inventario e di prestare garanzia al fine di rispettare gli obblighi di conservazione e restituzione del bene (punto 7 dell’atto)”;

(3) “il diritto reale di godimento è altresì avvalorato dalla destinazione del bene che è stato concesso, in modo pieno ed esclusivo, per l’esercizio di attività lucrative”;

sul tema, di recente le sezioni unite di questa Corte (sentenza n. 3692 depositala il 16 febbraio 2009), confermando precedenti conformi orientamenti di questa sezione (nella stessa richiamati), con osservazioni pienamente convincenti, esclusa la natura retroattiva della stessa, ha statuito che “la fattispecie considerata dalla norma” dettata dalla L. 23 dicembre 2000, n. 348, art. 18 (comma 3) “come … reso palese dal tenore letterale della disposizione”, “riguarda … il mero concessionario di area demaniale, precedentemente di certo non soggetto all’imposta, ma non il proprietario di un immobile costruito, in forza di concessione, su un’area demaniale” perchè esso “proprietario”, “secondo la giurisprudenza di questa Corte”, “doveva ritenersi già soggetto ad ICF in quanto (“come si sottolinea … con chiarezza, da ultimo, nelle sentenze 22757/04 e 8637/05”) “il provvedimento amministrativo di concessione ad aedificandum su un area demaniale può in astratto dare luogo sia ad un diritto di natura reale, riconducibile alla proprietà superficiaria (cfr. Cass. 1718/07 e 21054/07, proprio con riferimento all’ipotesi di stabilimento balneare), sia ad un diritto di natura personale, che possa essere fatto valere nei confronti del solo concedente, gravando sulla parte che invoca tale seconda configurazione giuridica l’onere di dedurre chiari indici rilevatori (Cass. 4402/98, 7300/01, 9938/08), tra i quali rilievo decisivo deve essere attribuito alla destinazione dell’opera costruita dal concessionario al momento della cessazione del rapporto, dato che è evidente che, se essa torna nella disponibilità del concedente, ci troviamo in presenza di un rapporto obbligatorio (così Cass. 22757/04)”;

RITENUTO CHE:

in base a tali principi il ricorso – come evidenziato nella relazione ex art. 380 bis c.p.c. notificata il 19 maggio 2011 al Comune e il 26 maggio 2011 alla società, nei cui riguardi non è stata formulata nessuna osservazione – si palesa manifestamente infondato perchè con lo stesso non si censura in alcun modo la qualificazione (data dal giudice di appello) di “diritto reale di usufrutto” a quello concesso alla società sull’immobile – ovverosia come diritto sulla cosa idonea ad attribuire (art. 3, comma 1: “titolare del diritto di usufrutto”) la soggettività del pagamento dell’imposta ad essa concessionaria – per cui il “quesito di diritto” formulato dalla ricorrente (“il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 3, comma 2, riguarda il concessionario che gode un suo manufatto su area demaniale marittima artt. 41, 46 cod. nav. o quello di proprietà demaniale art. 29 cod. nav.”) si rivela estraneo alla concreta fattispecie perchè il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 3, comma 2, solo del quale la ricorrente denunzia la violazione e/o falsa applicazione, nell’indicare come “soggetto passivo” dell’imposta (“con diritto di rivalsa, rispettivamente, sul superficiario, enfiteuta o locatario”) regola esclusivamente la diversa ipotesi di “immobili concessi in superficie, enfiteusi o locazione finanziaria” e non anche quella (ritenuta ormai irreversibilmente dal giudice del merito) di concessione in usufrutto;

per la sua integrale soccombenza la ricorrente, ai sensi dell’art. 91 c.p.c., deve essere condannata a rifondere al Comune le spese del giudizio di legittimità, liquidate (nella misura indicata in dispositivo) in base alle vigenti tariffe professionali forensi, tenuto conto del valore della controversia e dell’attività difensiva svolta dalla parte vittoriosa.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere al Comune le spese del giudizio di legittimità che liquida in complessivi Euro. 2.500,00 (duemilacinquecento/00), di cui Euro.

2.400,00 (duemilaquattrocento/00) per onorario, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 30 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2011

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