Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16553 del 31/07/2020

Cassazione civile sez. I, 31/07/2020, (ud. 22/06/2020, dep. 31/07/2020), n.16553

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18039/2014 proposto da:

Mitica Food S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Piazza Camerino n. 15, presso lo

studio dell’avvocato Vicinanza Alessandra, rappresentata e difesa

dall’avvocato Bia Raffaele, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Imet S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via G. Paisiello n. 55, presso lo

studio dell’avvocato Scoca Franco Gaetano, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato Zanuttigh Loriana, giusta procura a

margine del controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

Mitica Food S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Piazza Camerino n. 15, presso lo

studio dell’avvocato Vicinanza Alessandra, rappresentata e difesa

dall’avvocato Bia Raffaele, giusta procura in calce al controricorso

al ricorso incidentale;

– controricorrente al ricorso incidentale –

contro

Associazione Temporanea di Imprese, costituita tra il C.E.R.

Consorzio Emiliano Romagnolo tra le Cooperative di Produzione e

Lavoro – e la Imet S.r.l., e C.E.R. – Consorzio Emiliano Romagnolo

tra le Cooperative di Produzione e Lavoro;

– intimati –

avverso la sentenza n. 96/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 14/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/06/2020 dal Cons. PARISE CLOTILDE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con lodo pronunciato anche secondo equità in data 5-3-2009 il Collegio arbitrale rigettava le richieste di risoluzione per inadempimento del contratto di appalto, stipulato il 16-11-2001 per la realizzazione di un opificio, avanzate sia dall’attrice committente Mitica Food s.r.l., sia dall’appaltatrice Associazione Temporanea di Imprese costituita tra il Consorzio Emiliano Romagnolo tra le Cooperative di produzione e lavoro (C.E.R.) e IMET s.r.l.. Il Collegio arbitrale, valutate comparativamente le doglianze di ciascuna parte, concludeva rilevando la sussistenza, nella fattispecie concreta, di un inadempimento bilaterale, in relazione al quale non era possibile valutare comparativamente le rispettive inadempienze, con l’effetto che la richiesta di risoluzione del contratto proposta da entrambe le parti dimostrava che esse non avevano più interesse alla prosecuzione del rapporto ed al completamento del programma comune delineato. Il Collegio arbitrale dava, dunque, atto dell’impossibilità dell’esecuzione dell’accordo per effetto della scelta ex art. 1453 c.c., comma 2, di entrambi i contraenti, ma la risoluzione non poteva essere giustificata per inadempimento delle parti. Inoltre, all’esito di indagine sia in ordine alle causali dell’istanza avanzata dall’attrice Mitica Food s.r.l. nel settembre 2002, ed accolta dalla Regione, per ottenere la proroga del termine per l’adempimento dell’opera ammessa al finanziamento pubblico a fondo perduto, e finalizzata ad evitare la decadenza dal beneficio, sia, e soprattutto, in ordine ai costi documentati dalla Mitica Food s.r.l. come pertinenti alla realizzazione dell’opera sovvenzionata e perciò considerati dall’Ente pubblico come giustificativi della spesa ed ammessi alla copertura concessa, il Collegio arbitrale riteneva che l’anticipazione versata dalla committente alle appaltatrici, in quanto conteggiata tra i costi da essa affrontati ed utilizzata per concorrere ai giustificativi della spesa complessiva ammessa al contributo pubblico a fondo perduto e divenuta, quindi, costo concorrente della beneficiaria per consentirle l’incasso integrale dell’importo finanziato, non potesse essere riconosciuta in restituzione all’attrice, non costituendo un pagamento di “indebito”, fonte a suo carico di un depauperamento sine causa (art. 2041 c.c., comma 1).

2. Con sentenza n. 96/2014 pubblicata il 14-1-2014 la Corte d’appello di Milano ha rigettato l’impugnazione principale proposta da Mitica Food s.r.l. e l’impugnazione incidentale proposta da Associazione Temporanea di Imprese costituita tra il Consorzio Emiliano Romagnolo tra le Cooperative di produzione e lavoro (C.E.R.) e IMET s.r.l.. avverso il lodo arbitrale pronunciato in data 5-3-2009. In relazione all’impugnazione principale della Mitica Food s.r.l., la Corte territoriale ha affermato che: A) il Collegio arbitrale aveva esposto i motivi a sostegno della decisione di rigetto della domanda proposta da Mitica Food di restituzione delle somme versate a titolo di anticipazioni dalla committente Mitica Food s.r.l. alle convenute nel giudizio arbitrale, pari a 2.500 milioni di Lire; in particolare, dopo aver accertato che dette somme erano state conteggiate nel totale dei costi sottoposti alla Regione, il Collegio arbitrale aveva concluso per l’assenza di una causa di restituzione; B) tutti gli altri motivi di impugnazione principale erano infondati, atteso che il Collegio arbitrale aveva accertato l’insussistenza dell’indebito, si era pronunciato sulla domanda di arricchimento senza causa e conseguente condanna di ripetizione d’indebito, e non era ravvisabile la violazione del contraddittorio denunciata, come risultava da quanto esposto nelle pag. n. 45 e 46 del lodo impugnato. La Corte d’appello ha, infine, ritenuto inammissibile anche l’impugnazione incidentale delle imprese appaltatrici, essendo finalizzata ad ottenere una diversa valutazione delle prove, e segnatamente delle fatture prodotte nel giudizio arbitrale.

3. Avverso questa sentenza, Mitica Food s.r.l. propone ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, nei confronti di IMET s.r.l., che resiste con controricorso e propone ricorso incidentale con un solo motivo, nonchè nei confronti dell’Associazione Temporanea di Imprese e del Consorzio Emiliano Romagnolo tra le Cooperative di produzione e lavoro (C.E.R.), che sono rimasti intimati. Le parti costituite hanno depositato memorie illustrative.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso principale la Mitica Food s.r.l. lamenta “violazione e falsa applicazione dell’art. 829 c.p.c., comma 1, n. 5, in relazione all’art. 823 c.p.c., comma 2, n. 5; art. 830 c.p.c.; artt. 1453,1458,2033 e 2041 c.c., nonchè dei principi sulla caducazione del contratto per la sopravvenuta impossibilità di esecuzione derivante dalle scelte risolutorie di entrambe le parti; art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.”. Dopo aver riportato in ricorso le domande restitutorie avanzate con l’atto di accesso arbitrale (da pag. 18 a pag. 23), il contenuto del lodo nella parte di interesse (da pag. 23 a pag. 34), il primo motivo di impugnazione per nullità del lodo proposto avanti alla Corte d’appello (da pag. 34 a pag. 42) e le statuizioni della Corte d’appello nella parte di interesse (da pag. 42 a pag. 44), lamenta la ricorrente che la Corte di Appello abbia omesso di trarre le dovute conseguenze derivanti dalla caducazione del contratto. In particolare, richiama i principi espressi da questa Corte in tema di presupposti dell’azione di ripetizione dell’indebito ex art. 2033 c.c. e dell’azione di ingiustificato arricchimento (art. 2041 c.c.), nonchè i principi in tema di caducazione del contratto non per inadempimento dell’una o dell’altra parte, ma per la sopravvenuta impossibilità di esecuzione derivante dalle scelte risolutorie di entrambe le parti. Rimarca gli effetti rilevanti ai fini dell’art. 1458 c.c., in quanto ne consegue il ristabilimento tra le medesime parti della situazione anteriore alla stipula. Deduce che la domanda di ripetizione dell’indebito va azionata ogniqualvolta viene meno, per qualsiasi causa, la cd. causa adquirendi, atteso che il fondamento della ripetizione dell’indebito consiste nell’inesistenza della ragion d’essere del dovere della prestazione (tra le tante citate in ricorso Cass. n. 2956/2011 en. 13375/2013). Ad avviso della ricorrente principale, dunque, dal venir meno della causa adquirendi, in ragione dello scioglimento del contratto di appalto oggetto di causa per la sopravvenuta impossibilità di esecuzione derivante dalle scelte risolutorie di entrambe le parti, derivano in via naturale il ripristino della situazione anteriore alla stipula e la restituzione degli acconti versati. Adduce, pertanto, che: A) il venir meno del contratto di appalto per la sopravvenuta impossibilità di esecuzione derivante dalle scelte risolutorie di entrambe le parti (ai sensi dell’art. 1453 c.c.) ha comportato il conseguente venir meno della cd. causa adquirendi; B) il venir meno della cd. causa adquirendi giustifica pienamente e di per sè la ripetizione di quanto pagato dalla Mitica Food S.r.l. alle controparti in forza del contratto sciolto, posto che va ripristinata tra le medesime parti la situazione anteriore alla stipula ex art. 1458 c.c., risultando ormai mancante la ragion d’essere dell’effettuata prestazione; C) verificatosi il presupposto della mancanza della cd. causa adquirendi, deve conseguirne la ripetizione a favore della Mitica Food S.r.l. degli acconti indebitamente versati alle controparti (art. 2033 c.c.) per l’ingente importo di Euro 1.549.370,69, trattandosi, peraltro, di prestazioni effettuate in denaro; D) erroneamente la Corte di Appello ha considerato rilevante la carenza di un attuale depauperamento in capo alla Mitica Food s.r.l., per avere la stessa ottenuto il rimborso regionale delle somme chieste in ripetizione, al fine di giustificare il rigetto anche dell’azione restitutoria di cui al lodo del 05.03.2009, atteso che la persistenza di un attuale depauperamento rappresenta un requisito sotteso all’azione di indebito arricchimento ex art. 2041, ma non anche all’azione restitutoria ex art. 2033 c.c..

2. Con il secondo motivo lamenta “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in riferimento alla caducazione del contratto di appalto per la sopravvenuta impossibilità di esecuzione derivante dalle scelte risolutorie di entrambe le parti, nonchè in riferimento al pagamento, indebito, della somma di Euro 1.549.370,69 effettuato dalla Mitica Food s.r.l. a titolo di acconto prezzo sull’appalto; motivazione carente, inadeguata, contraddittoria ed incongrua in relazione ai motivi di impugnazione del lodo; art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”. Allega che la Corte d’appello, sempre nella parte relativa alla decisione sul primo motivo di impugnazione del lodo, ha ritenuto corretto l’operato del Collegio arbitrale nella misura in cui è stata rigettata l’azione di ripetizione dell’indebito per assenza della causa che la giustifica, poichè nel lodo si dà atto che la Mitica Food s.r.l.,

ha ottenuto da parte della Regione Basilicata il rimborso degli anticipi versati alle appaltatrici e richiesti con l’azione di ripetizione. Ad avviso della ricorrente, la suddetta motivazione, relativa al primo motivo di impugnazione del lodo nella parte in cui si denunciava la carenza di motivazione con riguardo alla erronea assunzione del rimborso quale presupposto dell’azione restitutoria, è inadeguata, contraddittoria ed incongrua, in quanto non consente “la individuazione dell’iter argomentativo e della logica sottesa alla decisione concretamente assunta dal Collegio arbitrale” (pag.50 ricorso).

3. Con il terzo motivo lamenta “violazione e falsa applicazione dell’art. 823 c.p.c., art. 829 c.p.c., comma 1, n. 12, art. 830 c.p.c.; artt. 1453,1458,2033 e 2041 c.c., nonchè dei principi sulla caducazione del contratto per la sopravvenuta impossibilita di esecuzione derivante dalle scelte risolutorie di entrambe le parti; omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti con riferimento alle domande restitutorie proposte dalla Mitica Food in conseguenza della caducazione del contratto di appalto, nonchè in riferimento al pagamento, indebito, della somma di Euro 1.549.370,6.9 effettuato dalla Mitica Food s.r.l. a titolo di acconto prezzo sull’appalto; motivazione carente, inadeguata, contraddittoria ed incongrua in relazione ai motivi di impugnazione del lodo; art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e 5”. Dopo aver riportato nel ricorso il secondo motivo di impugnazione del lodo (da pag. 51 a pag.53) e la decisione della Corte d’appello sul punto (da pag. n. 53 a pag. n. 55) allega che il secondo motivo di impugnazione non è stato correttamente qualificato dalla Corte territoriale, la cui decisione, ad avviso della ricorrente principale, “non convince” (pag. 56 ricorso). Ribadisce che il secondo motivo di impugnazione mirava a censurare il lodo sotto il profilo della nullità siccome “non ha pronunciato su alcuna delle domande (…) proposte dalle parti” (art. 829 c.p.c., comma 1, n. 12) e, in particolare, sulle azioni restitutorie collegate alla risoluzione del contratto (art. 1458 c.c.), e al pagamento dell’indebito (art. 2033 c.c.). Ribadisce che il Collegio arbitrale aveva in realtà omesso di pronunciarsi sulle azioni restitutorie proposte dall’attrice, non potendo queste ultime reputarsi “assorbite” dal preteso accertamento dei presupposti suscettibili di determinare la fattispecie dell’arricchimento senza causa. La Corte di Appello, ad avviso della ricorrente principale, ha fornito una motivazione obiettivamente incomprensibile a fondamento del rigetto, non avendo attinenza con la censura il rilievo secondo cui la domanda di restituzione delle prestazioni eseguite sarebbe stata sollevata dalla Mitica Food S.r.l. in relazione “alla richiesta domanda di risoluzione del contratto per inadempimento e non anche in relazione alla residua domanda di arricchimento senza causa”. Ribadisce l’autonomia della domanda di restituzione avanzata dalla Mitica Food s.r.l. al punto 4 delle conclusioni dell’atto di accesso arbitrale, e censura il ragionamento della Corte di Appello perchè certamente erroneo e contraddittorio, non essendo stati esaminati nel lodo i presupposti rilevanti ai fini della sussistenza o meno dell’indebito, ma solo il mancato depauperamento della Mitica Food S.r.l., sicchè era sussistente “il vizio ex art. 829 c.p.c., comma 1, n. 12, del lodo e la violazione della medesima norma da parte della sentenza appellata, la quale, peraltro, non risulta affatto adeguatamente e correttamente motivata rispetto al secondo motivo di impugnazione del lodo in precedenza riportato” (pag. 60 ricorso). Lamenta, altresì, che la sentenza impugnata sia stata resa in violazione delle norme (artt. 1453,1458,2033 e 2041 c.c.) e dei principi anche con riferimento al primo motivo di gravame e ripropone le medesime deduzioni in diritto espresse al termine dell’illustrazione del primo motivo (pag. 48 ricorso). 4. Con il quarto motivo lamenta “violazione e falsa applicazione dell’art. 823 c.p.c., art. 829 c.p.c., comma 1, n. 5, art. 830 c.p.c..; artt. 1453,1458,2033 e 2041 c.c., nonchè’ dei principi sulla caducazione del contratto per la sopravvenuta impossibilità di esecuzione derivante dalle scelte risolutorie di entrambe le parti; omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti con riferimento alle domande restitutorie proposte dalla Mitica Food in conseguenza della caducazione del contratto di appalto, nonchè in riferimento al pagamento, indebito, della somma di Euro 1.549.370,69 effettuato dalla Mitica Food s.r.l. a titolo di acconto prezzo sull’appalto; motivazione carente, inadeguata, contraddittoria e incongrua in relazione ai motivi di impugnazione del lodo; art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e 5”. Deduce, riportando nel ricorso il quinto motivo di impugnazione del lodo, che la sentenza impugnata è viziata in quanto: A) rende una motivazione contraddittoria, non corrispondendo al vero che il Collegio arbitrale si fosse puntualmente pronunciato su tutte le domande, come assume emergere dalle numerose censure sollevate nei precedenti motivi di ricorso; B) è frutto di un ragionamento assolutamente incoerente, in quanto considera la domanda di condanna alla ripetizione dell’indebito come “conseguente” a quella di arricchimento senza causa, ed invece il tenore della domanda di restituzione promossa dalla Mitica Food S.r.l. al punto 4 delle conclusioni dell’atto di accesso arbitrale aveva una autonoma consistenza e dignità rispetto a quella di arricchimento senza causa, poichè si chiedeva “in ogni caso” la condanna delle controparti “alla restituzione in favore della Mitica Food S.r.l. di tutto quanto indebitamente percepito a titolo di acconto prezzo lavori”; B) la Corte d’appello omette del tutto di considerare che, con riguardo alle azioni restitutorie proposte con l’atto di accesso al giudizio arbitrale, il Collegio arbitrale non aveva preso in considerazione i presupposti idonei a integrare le fattispecie degli artt. 1458 e 2033 c.c. e doveva procedersi alla restituzione delle prestazioni eseguite, segnatamente alla restituzione delle somme versate alle convenute dalla Mitica Food a titolo di acconto.

5. Con il quinto motivo la ricorrente lamenta “violazione e falsa applicazione dell’art. 823 c.p.c., art. 829 c.p.c., n. 5 e 12, art. 830; nonchè degli artt. 115 e 116 c.p.c. in tema di valutazione delle risultanze probatorie in base al principio del libero convincimento del giudice; omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti con particolare riferimento alla documentazione che, ad avviso del giudice di appello, proverebbe il rimborso da parte della regione Basilicata a favore della Mitica Food delle somme da quest’ultima versate alla appaltatrice art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e 5”. Premette la Mitica Food S.r.l. di non aver ricevuto il rimborso degli acconti versati alle appaltatrici con la sovvenzione a fondo perduto concessa della Regione Basilicata per l’intervento industriale effettuato in Melfi, a differenza di quanto affermato dal lodo e recepito dalla Corte di Appello. Ribadisce di aver formulato in via estremamente gradata la domanda di restituzione dell’acconto prezzo pagato alle appaltatrici, nella misura di Euro 1.549.370,69, quanto meno a titolo di ingiustificato arricchimento delle medesime. Nel riportare in ricorso il corrispondente motivo di impugnazione del lodo, copia di un documento che assume rilevante e già depositato nel giudizio arbitrale (da pag. 71 a pag. a pag. 83), una relazione della Sigmagest s.p.a. prodotta nel giudizio avanti alla Corte d’appello (da pag. 83 a pag. 92), la parte di interesse della motivazione della sentenza impugnata (da pag. 92 a 94), assume che la suddetta motivazione non sia affatto appagante, ricorrendo il vizio di insufficiente motivazione, e richiama la giurisprudenza di questa Corte in tema di prudente apprezzamento delle prove. Conclude affermando che dalla documentazione richiamata, ossia dall’elenco delle fatture a stato finale e dalla relazione Sigmagest s.p.a., risulta che nessun rimborso ha ottenuto la Mitica Food s.r.l. con riferimento alle somme controverse.

6. I primi quattro motivi di ricorso principale possono esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, involgendo tutti, sotto i vari profili giuridici prospettati, in buona sostanza gli effetti della dedotta risoluzione del contratto d’appalto e la domanda di restituzione delle anticipazioni versate dalla committente alle imprese appaltatrici.

6.1. Occorre premettere che la convenzione d’arbitrato è contenuta nel contratto di appalto del 16-11-2001 e che si tratta di arbitrato secondo equità, essendo, perciò, gli arbitri svincolati, nella formazione del loro convincimento, dalla rigorosa osservanza delle regole del diritto oggettivo, avendo facoltà di utilizzare criteri, principi e valutazioni di prudenza e opportunità che appaiano i più adatti ed equi, secondo la loro coscienza, per la risoluzione del caso concreto, restando così preclusa, ai sensi dell’art. 829 c.p.c., comma 2, ultima parte, l’impugnazione per nullità del lodo di equità per violazione delle norme di diritto sostanziale, o, in generale, per errores in iudicando, che non si traducano nell’inosservanza di norme fondamentali e cogenti di ordine pubblico, dettate a tutela di interessi generali e perciò non derogabili dalla volontà delle parti, nè suscettibili di formare oggetto di compromesso (Cass. n. 16755/2013).

Inoltre, secondo l’orientamento di questa Corte, a cui il Collegio intende dare continuità, l’inammissibilità dell’impugnazione del lodo arbitrale per inosservanza di regole di diritto, ai sensi dell’art. 829 c.p.c., comma 2, nel caso in cui le parti abbiano autorizzato gli arbitri a decidere secondo equità, sussiste anche qualora gli arbitri abbiano in concreto applicato norme di legge, ritenendole corrispondenti alla soluzione equitativa della controversia, non risultando, per questo, trasformato l’arbitrato di equità in arbitrato di diritto (Cass. n. 23544/2013).

Alla stregua di detti principi devono, pertanto, scrutinarsi le censure svolte dalla ricorrente principale con i primi quattro motivi, che sono in parte inammissibili e in parte infondati.

6.2. Il primo motivo di ricorso, con cui la ricorrente principale si limita, sostanzialmente, a riproporre il primo motivo di impugnazione svolto, ai sensi dell’art. 829, n. 5, nel precedente grado di giudizio, è da ritenersi ammissibile nella parte in cui denunzia quel vizio di nullità, anche se si tratta di arbitrato secondo equità, in quanto l’art. 829 c.p.c., n. 5, richiama l’art. 823, n. 5, dello stesso codice, il quale, nel disporre che il lodo deve contenere l’esposizione sommaria dei motivi, non distingue tra lodo pronunciato secondo diritto e quello pronunciato secondo equità; ne consegue che anche quest’ultimo può essere impugnato per la mancata esposizione sommaria dei motivi, ossia per totale carenza di motivazione o per una motivazione che non consenta di comprendere la ratio della decisione e di apprezzare se l’iter logico seguito dagli arbitri, per addivenire alla soluzione adottata, sia percepibile e coerente (Cass. n. 16755/2013).

Occorre, altresì, rimarcare che, in sede di ricorso per cassazione avverso la sentenza che abbia deciso sull’impugnazione per nullità del lodo arbitrale, questa Corte non può apprezzare direttamente il lodo arbitrale, ma solo la decisione impugnata, nei limiti dei motivi di ricorso relativi alla violazione di legge e ai vizi motivazionali, nelle ipotesi di cui al novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, applicabile nella specie ratione temporis e con gli ulteriori limiti di cui si dirà esaminando i motivi secondo, terzo e quarto.

6.2.1. Ciò posto, il primo motivo, nella parte in cui denuncia la carenza di motivazione del lodo, è infondato, avendo la Corte d’appello, con idoneo percorso argomentativo, affermato che sia comprensibile la ratio decidendi espressa nella decisione arbitrale, il cui esame diretto non è consentito a questa Corte, per quanto appena precisato. Infatti, la Corte territoriale, nel riportare testualmente nella sentenza le parti di rilevanza di detta decisione, ha affermato che il Collegio arbitrale: 1) aveva rigettato le contrapposte domande di risoluzione, avendo le parti dimostrato di non avere più interesse alla prosecuzione del rapporto; 2) aveva esposto i motivi a sostegno della decisione di rigetto della domanda proposta da Mitica Food s.r.l. di restituzione delle somme versate alle appaltatrici a titolo di anticipazioni, pari a 2.500 milioni di lire, in particolare accertando che dette somme erano state conteggiate nel totale dei costi sottoposti alla Regione Basilicata per ottenere una sovvenzione a fondo perduto, effettivamente di seguito ottenuta da Mitica Food s.r.l.; 3) aveva concluso per l’assenza di una causa di restituzione, non avendo la pretesa della committente un fondamento accettabile e mirando, anzi, ad un indebito arricchimento della stessa.

6.2.2. Il motivo è inammissibile nella parte in cui censura la decisione arbitrale, tramite la sentenza impugnata, per violazione degli artt. 1453,1458,2033 e 2041 c.c., nonchè per violazione dei principi sulla caducazione del contratto per la sopravvenuta impossibilità di esecuzione derivante dalle scelte risolutorie di entrambe le parti. Ciò in base al principio secondo cui è preclusa, ai sensi dell’art. 829 c.p.c., comma 2, ultima parte, l’impugnazione per nullità del lodo di equità per violazione delle norme di diritto sostanziale, o, in generale, per errores in iudicando, che non si traducano, come certamente non è nella specie, nell’inosservanza di norme fondamentali e cogenti di ordine pubblico, dettate a tutela di interessi generali e perciò non derogabili dalla volontà delle parti, nè suscettibili di formare oggetto di compromesso (Cass. n. 16755/2013 citata).

6.3. Il secondo motivo è inammissibile.

In disparte ogni considerazione sulla non corrispondenza della denuncia di “motivazione carente, inadeguata, contraddittoria e incongrua” al paradigma legale vigente, e applicabile nella specie, di cui al novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il “fatto” il cui esame la ricorrente denuncia come omesso è la caducazione del contratto di appalto, mentre all’evidenza non si tratta di un fatto storico, ma piuttosto di un effetto giuridico, che la ricorrente assume dover derivare dalla dedotta risoluzione.

Sotto ulteriore profilo, si rileva che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (tra le tante Cass. n. 2985/2018), è inammissibile la denuncia del vizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, con il quale il ricorrente riproponga questioni di fatto già oggetto della decisione arbitrale, atteso che il controllo della Suprema Corte non può mai consistere nella rivalutazione dei fatti, neppure in via di verifica della adeguatezza e congruenza dell’iter argomentativo seguito dagli arbitri. Si è detto che, secondo quanto affermato dalla Corte territoriale, il Collegio arbitrale era pervenuto ad escludere la sussistenza della causa giustificativa della restituzione, essendo, per converso, giustificato il pagamento delle anticipazioni da parte di Mitica Food s.r.l. alle appaltatrici, sulla base di una serie di fatti che aveva accertato (sovvenzione a fondo perduto ottenuta da Mitica Food s.r.l. dalla Regione Basilicata che comprendeva gli anticipi versati dalla committente alle appaltatrici e richiesti, a vario titolo, con le azioni proposte dall’attrice) e che non possono essere mai rivalutati da questa Corte, neppure sotto il residuale profilo motivazionale precisato.

6.4. Anche i motivi terzo e quarto sono inammissibili.

La ricorrente principale, nel denunciare vizi di violazione di legge e motivazionali, svolge doglianze, in buona sostanza, ripetitive del primo e del secondo motivo, svolgendo critiche confuse e generiche, senza specifica attinenza al decisum ed estranee al paradigma del vizio motivazionale. Adduce, infatti, che la motivazione della sentenza impugnata “non convince”(terzo motivo), o è frutto di un ragionamento incoerente (quarto motivo), nonchè lamenta, genericamente, omessa pronuncia, nel lodo, sulla domanda di ripetizione d’indebito, autonoma rispetto a quella di arricchimento senza causa. Va ribadito che, in base a quanto chiaramente afferma la Corte territoriale, il Collegio arbitrale aveva rigettato tutte le domande, ritenendo che la causa del pagamento delle anticipazioni alle appaltatrici fosse sussistente, in virtù dell’ottenimento della sovvenzione a fondo perduto di cui più volte si è detto.

Resta da aggiungere che tutti i motivi di impugnazione del lodo, come riportati nella sentenza impugnata, sotto tale profilo non specificamente censurata, sono stati esaminati dalla Corte territoriale, nonchè da ribadire, quanto ai denunciati vizi di violazione di legge, le considerazioni di cui ai paragrafi che precedono (in particolare p.6.2.2.).

7. Parimenti inammissibile è il quinto motivo.

7.1. Nel dolersi della valutazione delle risultanze probatorie e dell’omesso esame di un documento, non prodotto nel giudizio arbitrale ma nel giudizio impugnatorio dinanzi alla Corte d’appello, assume la ricorrente principale di non aver ricevuto “il rimborso” delle anticipazioni versate alle appaltatrici con la sovvenzione regionale a fondo perduto.

Richiamate le considerazioni espresse nei paragrafi che precedono in

ordine ai limiti impugnatori della decisione arbitrale, in generale, e di quella arbitrale per equità, in particolare, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte la valutazione dei fatti dedotti dalle parti nel giudizio arbitrale e delle prove acquisite nel corso del procedimento non può essere contestata per mezzo dell’impugnazione per nullità del lodo (Cass. n. 13968/2011 e Cass. n. 17097/2013 citata anche nella sentenza impugnata).

8. Con l’unico motivo di ricorso incidentale la IMET s.r.l. lamenta “Violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio (l’attività e le prestazioni effettivamente eseguite da ATI-CER-IMET) che è stato oggetto di discussione tra le parti”. Deduce la IMET s.r.l. che era stata errata la valutazione delle prove da parte del Collegio arbitrale, il quale aveva ritenuto che le fatture prodotte in giudizio dalle imprese aggiudicatrici fossero prive di efficacia probatoria in ordine alle prestazioni effettuate. Richiama le circostanze di fatto e i documenti indicati nell’impugnazione incidentale avanti alla Corte d’appello e deduce che, qualora, come nella specie, l’iter argomentativo espresso nel lodo sia del tutto inaccettabile, è sindacabile la valutazione dei fatti e delle prove acquisite nel corso del giudizio arbitrale.

8.1. Premesso che sussiste la legittimazione all’impugnazione incidentale di Imet s.r.l., in quanto parte processuale nel precedente grado di giudizio, dovendo così disattendersi l’eccezione sollevata dalla ricorrente principale, sono inammissibili sia le censure sull’iter argomentativo del lodo, del tutto genericamente espresse e solo in relazione alla valutazione delle prove e dei fatti, sia quelle dirette a contestare la suddetta valutazione, e ciò in base alle considerazioni espresse nel p.7.1.

9. In conclusione, il ricorso principale deve essere rigettato e il ricorso incidentale deve dichiararsi inammissibile.

10. Le spese del presente giudizio possono essere compensate, considerata la reciproca soccombenza.

11. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale e della ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, rispettivamente, per il ricorso principale e per quello incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto (Cass. S.U. n. 5314/2020).

PQM

La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso incidentale.

Compensa interamente tra le parti le spese del presente giudizio. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale e della ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, rispettivamente, per il ricorso principale e per quello incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 22 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 31 luglio 2020

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