Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16552 del 11/06/2021

Cassazione civile sez. I, 11/06/2021, (ud. 06/10/2020, dep. 11/06/2021), n.16552

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. DI STEFANO Pierluigi – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. MACRI’ Ubalda – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14900/2019 proposto da:

I.E.D., elettivamente domiciliato in Via Fermi n.

3, Civitanova Marche, presso l’avv. Giuseppe Lufrano, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Commissione Territoriale Per il Riconoscimento Della Protezione

Internazionale Siracusa, Ministero Dell’interno, (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 2508/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 15/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

06/10/2020 da Dott. PIERLUIGI DI STEFANO.

 

Fatto

FATTI DEL PROCESSO

I.E.D., cittadino della Nigeria, ricorre con tre motivi avverso la sentenza della Corte di appello di Ancona del 21 novembre 2018 che rigettava la sua impugnazione avverso l’ordinanza del Tribunale di Ancona che confermava il diniego da parte della Commissione territoriale dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria o del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

Il richiedente affermava di avere lasciato il paese di origine poichè era perseguitato da un soggetto con il quale aveva avuto una relazione omosessuale in quanto era una persona ricca che gli garantiva il mantenimento degli studi; non si era rivolto alla polizia sia perchè la persona era influente e, quindi, non poteva avere alcuna protezione e, poi, in quanto in Nigeria l’omosessualità è criminalizzata.

La Corte di Appello considerava che il richiedente, nel corso dell’audizione innanzi alla Commissione, aveva reso dichiarazioni contrastanti per giustificare la fuga dal paese, sostenendo di non essere personalmente omosessuale nonchè di avere ucciso un cugino, affermazione quest’ultima poi ritrattata. Quindi, valutata la incertezza di tali dichiarazioni, la Corte riteneva che la parte non avesse ottemperato all’onere di circostanziare la domanda, non essendovi quindi le condizioni per procedere ad accertamenti di ufficio. Inoltre, escludeva sia le condizioni per la protezione sussidiaria, essendo il ricorrente proveniente da un’area della Nigeria non interessata da problemi di sicurezza, che le condizioni per il permesso per ragioni umanitarie, non sussistendo condizioni di vulnerabilità.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 5 e 7 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 27, comma 1 bis. E’ erroneo ritenere che le dichiarazioni del ricorrente siano confinate nei limiti di una vicenda privata perchè una tale presunta natura privata delle ragioni della persecuzione e del danno grave non esclude la protezione. E’ quindi mancata una adeguata istruttoria sulle ragioni indicate alla parte, pur risultando notizie sugli atteggiamenti omofobici e sulla effettiva applicazione in Nigeria della normativa di incriminazione della omosessualità.

Il motivo è infondato in quanto non tiene conto dell’effettiva motivazione: la Corte di appello non ha ritenuto irrilevante la vicenda narrata dal ricorrente ma ha considerato, con un’articolata motivazione, che la varietà di versioni della vicenda personale offerte nel corso delle audizioni esclude in radice la credibilità delle dichiarazioni, senza necessità, quindi, di alcun approfondimento. La decisione, quindi, è fondata sul mancato assolvimento all’onere di circostanziare la domanda e sull’assenza di coerenza e plausibilità delle dichiarazioni.

Con il secondo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, per motivazione apparente, per aver escluso l’esistenza di una situazione di violenza indiscussa e incontrollata nel paese di provenienza; la Corte di appello ha ritenuto la assenza di condizioni di rischio ai fini della protezione sussidiaria senza alcuna verifica delle informazioni disponibili.

Il motivo è infondato in quanto la motivazione non è apparente. La sentenza ricostruisce, sulla scorta di informazioni proveniente dall’UNHCR e, comunque, di informazioni in comune disponibilità, che la situazione di grave instabilità interna della Nigeria riguarda soltanto l’area nord. Il ricorso, per il resto, si limita ad opporre una propria diversa valutazione delle condizioni del paese che, oltre a non essere ammessa, è anche palesemente infondata in quanto basata su informazioni generiche e frammentarie.

Con il terzo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, per non essere state riconosciute le condizioni di vulnerabilità del ricorrente, in caso di rientro forzoso in patria. Ritiene che non vi siano ragioni alla base del rigetto della domanda relativa alla protezione umanitaria, giustificata soltanto alla pretesa assenza di pericoli.

Il motivo è infondato. La sentenza ha motivato espressamente quanto ad aver verificato le condizioni per la applicazione delle disposizioni in tema di permesso per motivi umanitari, dando atto in particolare della assenza di indicazioni concrete in ordine alla integrazione in Italia. Il ricorso, invece, non individua specifici errori di tale affermazione svolge solo argomentazioni generiche quanto alle regole applicabili della data materia.

PQM

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 6 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 giugno 2021

 

 

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