Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1655 del 23/01/2017


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Cassazione civile, sez. II, 23/01/2017, (ud. 13/10/2016, dep.23/01/2017),  n. 1655

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. MANNA Felice – rel. Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25411/012 proposto da:

C.B., (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA COLA DI RIENZO 80 A, presso lo studio dell’avvocato LUCIO

NICOLAIS, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARCO

MORRA;

– ricorrente –

contro

C.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

CRESCENZIO 20, presso lo studio dell’avvocato MARCO SQUICQUERO, che

la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 542/2012 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 17/09/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/10/2016 dal Consigliere Dott. FELICE MANNA;

udito l’Avvocato NICOLAIS Giulia, con delega depositata in udienza

dell’Avvocato NICOLAIS Lucio, difensore della ricorrente che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato SQUICQUERO Marco, difensore della resistente che ha

chiesto il rigetto del ricorso e l’accoglimento del controricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione notificata il 24.1.2004 C.L. conveniva in giudizio la sorella, B., per lo scioglimento di una comunione ereditaria avente ad oggetto un appezzamento di terreno con fabbricato rurale, in comune di Fermo.

Nel resistere in giudizio la convenuta chiedeva ai sensi degli artt. 717 e 1111 c.c., la dilazione delle operazioni divisionali, fin visto l’esito dell’approvazione d’un piano particolareggiato, che avrebbe accresciuto il valore del bene.

Con sentenza non definitiva l’adito Tribunale di Fermo disponeva la divisione, formava due porzioni immobiliari con conguaglio di valore, ponendo a carico della convenuta la metà delle spese di lite. quindi, con separata ordinanza disponeva per l’estrazione a sorte dei lotti così ottenuti.

Impugnata in via principale da C.B., che contestava la ritenuta divisibilità del bene, il rigetto dell’istanza di dilazione e il regolamento delle spese, e in via incidentale da C.L., che di queste ultima lamentava, invece, la compensazione parziale, detta sentenza era parzialmente riformata dalla Corte d’appello di Ancona, con sentenza pubblicata il 17.9.2012, che accoglieva il solo gravame principale sulle spese.

In particolare, la Corte dorica osservava che nella specie la dilazione delle operazioni divisionali, ai sensi degli artt. 717 e 1111 c.c., non contrastava con l’ipotetico ed eventuale mutamento della destinazione urbanistica dell’immobile, e che ad ogni modo l’ormai decorso termine quinquennale previsto dalle citate norme rendeva inattuale la questione.

Quanto alle spese, rilevava che quelle necessarie alla divisione erano a carico della massa e che solo le spese derivanti da eccessive pretese o inutili resistenze di una delle parti potevano essere oggetto di regolamento da parte del giudice. Nello specifico, il giudizio di primo grado si era prolungato per la necessità d’integrare la c.t.u. svolta per formare i lotti piuttosto che a causa dell’opposizione dell’appellante alla divisione. Pertanto, compensava interamente le spese di primo grado, mentre poneva quelle dell’appello a carico di C.B..

Quest’ultima propone ora ricorso per cassazione contro tale sentenza, sulla base di due motivi.

Resiste con controricorso C.L..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Il primo motivo d’impugnazione deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, l’omesso esame d’un fatto decisivo per il giudizio e discusso dalle parti, costituito dalla presenza sul fondo oggetto di divisione d’un solo fabbricato rurale, planimetricamente ricompreso nel lotto B; fatto posto a base dell’impugnazione avverso la sentenza di primo grado, che invece aveva erroneamente affermato l’esistenza anche di un fabbricato, di minor valore, incluso nel lotto A.

1.1. – Il motivo è infondato.

Esso prospetta l’omesso esame di un fatto – il numero dei fabbricati nel compendio da dividere e nei relativi lotti – che sarebbe stato oggetto d’un errore in cui sarebbe incorsa la sentenza di primo grado; ma tra questo e i tre motivi d’appello non vi è continuità, nel senso che in tale grado di giudizio le censure riguardavano (a) la divisibilità del bene comune, (b) la divisibilità immediata senza pregiudizio agli interessi dei condividenti, ai sensi degli artt. 717 e 1111 c.c. e (c) il governo delle spese. Motivi su ciascuno dei quali la Corte distrettuale si è pronunciata.

E che nel giudizio d’appello non si sia discusso del numero degli immobili da dividere è ulteriormente dimostrato dalle conclusioni ivi assunte dall’appellante, odierna ricorrente, la quale chiese non già una diversa formazione dei lotti, ma solo una pronuncia che rigettasse la domanda di scioglimento della comunione, in attesa che gli strumenti attuativi del piano particolareggiato, modificando l’assetto urbanistico della zona, rendessero economicamente più appetibili i beni oggetto di divisione (v. pagg. 13 e 14 del ricorso).

2. – Il secondo motivo denuncia la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., in quanto la Corte territoriale, benchè avesse premesso che il giudizio di primo grado si era prolungato a causa della formazione dei lotti e non per l’opposizione dell’appellante alla divisione, tanto da accogliere l’appello principale di B. e rigettare quello incidentale di C.L., compensando le spese di primo grado, ha poi posto le spese del grado a carico della sola C.B. nonostante la reciproca soccombenza.

2.1. – Il motivo è infondato.

La soccombenza reciproca non impone la compensazione nè totale nè parziale, ma consente la condanna alle spese, che nel caso di specie è ben motivata.

Infatti, il principio della soccombenza va inteso nel senso che soltanto la parte interamente vittoriosa non può essere condannata nemmeno per una minima quota, al pagamento delle spese stesse, mentre qualora ricorra la soccombenza reciproca è rimesso all’apprezzamento del giudice del merito, non sindacabile in sede di legittimità, decidere quale delle parti debba essere condannata e se ed in quale misura debba farsi luogo a compensazione (v. ex multis, Cass. nn. 12295/01, 2124/94 e 13/88).

Nè vi è contraddizione tra la compensazione in primo grado e la condanna in appello. Sebbene sia vero che in caso di riforma, anche parziale, della sentenza di primo grado il giudice d’appello deve procedere ad un nuovo e unitario regolamento delle spese, è anche vero che la compensazione parziale di queste può anche essere espressa senza il ricorso a frazioni dell’intero, purchè – come deve ritenersi avvenuto nel caso di specie – siffatta diversa tecnica valga ad esprimere un governo delle spese complessivamente considerate.

3. – In conclusione l’appello va respinto.

4. – Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza della parte ricorrente.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente alle spese, che liquida in Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 13 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 gennaio 2017

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