Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16549 del 02/07/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 16549 Anno 2013
Presidente: DI PALMA SALVATORE
Relatore: BERNABAI RENATO

ORDINANZA
sul ricorso 11483-2011 proposto da:
COMUNE DI VILLASOR 62002160925 Provincia di Cagliari) in
persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,
PIAZZA DELLA LIBERTA’ 20, presso lo studio dell’avvocato
CAROLEO FRANCESCO, che lo rappresenta e difende, giusta
deliberazione della Giunta Comunale del 7.4.2011 e giusta procura
speciale a margine del ricorso;
– ricorrente contro
MEDDA FRANCESCO, MEDDA LIDIA MDDLDI32T54M025P,
MEDDA CATERINA, MEDDA LUCIA, MEDDA MARIELLA,
MEDDA ORAZIO MDDRZ035T04M025P, MEDDA
NATALINA, MEDDA EDDA MDDDDE34B47M025Y,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA TASSO 39, presso lo

Data pubblicazione: 02/07/2013

studio dell’avvocato ARGIOLAS LUCIANO, rappresentati e difesi
dall’avvocato PODDI GIANFRANCO, giusta delega in calce al
controricorso;
– controricorrenti –

MEDDA ELENA, MEDDA GABRIELLA, elettivamente domiciliate
in ROMA, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentate e
difese dall’avvocato EFISIO PINTOR, giusta procura a margine del
controricorso;

controricorrenti

avverso la sentenza n. 536/2010 della CORTE D’APPELLO di
CAGLIARI del 26.11.2010, depositata il 09/12/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/
05/2013 dal Consigliere Relatore Dott. RENATO BERNABAI.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. ROSARIO
GIOVANNI RUSSO che ha concluso per l’inammissibilità della
rinuncia; nel merito si riporta alla relazione scritta.

Ric. 2011 n. 11483 sez. M1 – ud. 14-05-2013
-2-

contro

RITENUTO IN FATTO
– che è stata depositata in cancelleria la seguente relazione, in
applicazione dell’art. 380-bis cod. proc. civile:
Con la sentenza n. 536/2010 la Corte d’appello di Cagliati dichiarava
inammissibile l’appello proposto dal Comune di Villasor contro la decisione del

favore di Lidia, Edda, Camillo, Orazio, Francesco, Lucia, Natalina, Mariella e
Caterina Medda, della somma di euro 781.870 a titolo di risarcimento dei danni
derivanti della perdita della proprietà di alcuni terreni e di ulteriori euro 660.191 per
il risarcimento dei danni cagionati dal ritardato pagamento.
Motivava
– che l’atto di citazione in appello era stato notificato quando il termine di cui
all’ad. 327 c.p.c. era già trascorso;
– che non poteva condividersi l’assunto dell’appellante secondo cui sarebbe
incorso in errore scusabile, a causa della non leggibilità della data di deposito della
sentenza di primo grado, giacché dalla copia della sentenza in atti emergeva che,
invece, la data era sufficientemente chiara e leggibile;
– che, in ogni caso, una eventuale incertezza da parte del difensore del
comune di Villasor, avrebbe dovuto indurlo ad effettuare le opportune richieste
presso la cancelleria del Tribunale.
Avverso la sentenza proponeva ricorso per Cassazione il Comune di Villasor,
deducendo le seguenti censure:
1. violazione e falsa applicazione di nome di diritto in relazione agli artt. 24 e 11
cost. ed all’ad. 156, comma terzo, c.p.c.;
2. omessa e/o insufficiente motivazione in relazione alla scusabilità dell’errore in
cui il Comune potrebbe essere incorso a causa della non leggibilità della data di
deposito della sentenza di primo grado.
Resistevano con controricorso i Signori Lidia, Edda, Orazio, Francesco, Lucia,
Natalina, Mariella, Caterina, Elena e Gabriella Medda.
***

Così riassunti i fatti di causa il ricorso appare, prima facie, infondato.

Tribunale di Cagliari n. 3449/2008 che aveva condannato l’ente al pagamento, in

La Corte d’appello ha dichiarato inammissibile il gravame proposto dal
Comune di Villasor interpretando ed applicando correttamente il disposto dell’art.
327 c.p.c. nel testo all’epoca vigente; l’attuale ricorrente ha, infatti, notificato con
ben 31 giorni di ritardo, il 4 febbraio 2010, l’atto di appello che avrebbe dovuto
essere notificato entro il 4 gennaio 2010.
Quanto alla errata indicazione, nella sentenza impugnata, del 6 novembre

quella esatta del 4 gennaio 2010, occorre rilevare che trattasi di un mero errore di
calcolo, che non influisce in alcun modo sul dispositivo né inficia la motivazione
della decisione, avendo la stessa correttamente indicato il termine entro il quale
avrebbe dovuto essere proposto l’appello in un anno più 46 giorni.
Esente da vizi appare, inoltre, la sentenza nella parte in cui ha respinto
l’assunto dell’appellante secondo cui egli sarebbe incorso in un errore scusabile a
causa della non leggibilità della data di deposito della sentenza di primo grado,
posto che, con valutazione avente natura di merito, che sfugge ad un controllo di
legittimità in questa sede, la Corte d’appello ha ritenuto che la data del deposito
fosse, invece, sufficientemente chiara e leggibile e che, in ogni caso, l’attuale
ricorrente avrebbe potuto evitare tale errore con l’uso della normale diligenza,
effettuando, come già sottolineato dal giudice d’appello, le opportune richieste
presso la cancelleria del tribunale.

– che la relazione è stata comunicata al Pubblico ministero e notificata
ai difensori delle parti;
– che prima dell’adunanza in camera di consiglio il ricorrente ha
depositato atto di rinuncia, sottoscritto per accettazione dalle parti resistenti.

CONSIDERATO IN DIRITTO
– che la rinunzia appare ammissibile, perché tempestivamente espressa
entro il termine di preclusione – da identificare, non con la notifica agli
awocati della relazione, bensì con il successivo termine per l’esercizio di
un’ulteriore attività processuale – ed efficace, data la sua prevalenza su una

2009 quale data di passaggio in giudicato della sentenza del Tribunale, in luogo di

causa di rigetto dell’impugnazione già messa in evidenza dal relatore
nominato ai sensi dell’art. 377 cod. proc. civ. (Cass., sez. unite, 16 luglio
2008, n. 19.514);
– che, infatti, il procedimento in Camera di consiglio ex art. 380 bis cod.
proc. civ., dopo la novella di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006, appare
inequivocamente volto al rafforzamento della funzione nomofilattica della
cassazione alternativa alla decisione, che proprio la relazione preventiva è
volta a incoraggiare (Cass., sez. 3, 7 novembre 2008 n. 26.850);
– che dunque il giudizio dev’essere dichiarato estinto, senza statuizione
sulle spese processuali, stante l’adesione delle parti resistenti alla rinuncia.

P.Q.M.
– Dichiara estinto il giudizio.
Roma, 14 maggio 2013

Corte di legittimità, a sua volta agevolata da una definizione del giudizio di

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