Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 16546 del 11/06/2021

Cassazione civile sez. I, 11/06/2021, (ud. 16/04/2021, dep. 11/06/2021), n.16546

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 18352/2020 r.g. proposto da:

O.M.O., (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentato e difeso,

giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato

Nazzarena Zorzella, presso il cui studio è elettivamente

domiciliato.

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (cod. fisc. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore il Ministro.

– intimato –

avverso la sentenza della Corte di Appello di Bologna, depositata in

data 7.11.2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16/4/2021 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Bologna ha accolto l’appello proposto dal Ministero dell’Interno nei confronti di O.M.O., cittadino della Nigeria, avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale di Bologna con la quale era stato riconosciuto lo status di rifugiato in relazione al pericolo di persecuzione legato all’orientamento omosessuale

dichiarato dal richiedente.

La Corte di merito ha ricordato, in primo luogo, la vicenda personale del richiedente asilo non credibile, in relazione alla documentazione allegata che non dimostrava con certezza l’identità e la provenienza del richiedente stesso e che doveva considerarsi non probante in relazione al denunciato pericolo di persecuzione legato all’orientamento sessuale; ha comunque evidenziato che la valutazione di non credibilità dovesse esser estesa anche al dichiarato orientamento omosessuale che è perseguito nel paese di provenienza del ricorrente e che tale giudizio di non credibilità determinava il rigetto di tutte le domande, compresa quella di protezione umanitaria, in assenza dell’allegazione di ulteriori condizioni di vulnerabilità.

2. La sentenza, pubblicata il 7.11.2019, è stata impugnata da O.M.O. con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi. L’amministrazione intimata non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione degli artt. 112,132,342 e 345 c.p.c. e dell’art. 118 disp. att. c.p.c. e vizio di omessa pronuncia sull’eccezione di inammissibilità dell’appello.

1.1 Il motivo è infondato.

Non è riscontrabile il denunciato vizio di omessa pronuncia posto che la valutazione integrale dei motivi di gravame, ritenuti dalla corte di merito fondati, contiene già in sè l’implicita valutazione dell’infondatezza della eccezione preliminare di inammissibilità dei motivi stessi sollevata dall’appellato.

2. Con il secondo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, art. 101 c.p.c., in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 5,6,7,8 e al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 3 e art. 27, comma 1 bis, nonchè omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, in ordine alla valutazione di non credibilità del racconto.

2.1 Il motivo per come formulato è inammissibile.

2.1.1 In primis, è inammissibile la doglianza riguardante il giudizio di mancata valutazione della documentazione allegata ai fini della dimostrazione dell’identità del ricorrente, posto che la stessa non censura la ratio decidendi della decisione resa dal giudice di appello, e cioè la tardiva produzione della stessa, tardività che non può essere superata tramite l’attivazione dei poteri istruttori officiosi.

2.1.2 In ordine, poi, alla mancata audizione del richiedente nel corso del giudizio di appello, non può essere dimenticato che, secondo la giurisprudenza espressa da questa Corte, non è ravvisabile una violazione processuale sanzionabile a pena di nullità nell’omessa audizione personale del richiedente, atteso che il rinvio, contenuto nel D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35, comma 13, al precedente comma 10, che prevede l’obbligo di sentire le parti, non si configura come un incombente automatico e doveroso, ma come un diritto della parte di richiedere l’interrogatorio personale, cui si collega il potere officioso del giudice d’appello di valutarne la specifica rilevanza (cfr. Sez. 6, Ordinanza n. 3003 del 07/02/2018, cfr. anche: Sez. 6, Ordinanza n. 24544 del 21/11/2011).

2.1.2 Nel resto le doglianze propongono una nuova edizione del giudizio di merito sul profilo della credibilità del ricorrente, giudizio che è inibito alla Corte di Cassazione.

3. Con il terzo motivo si censura il provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, nonchè vizio di omesso esame di fatti decisivi.

3.1 Il motivo è anch’esso inammissibile.

Le doglianze si compongono solo di generiche valutazioni volte a far ripetere a questa Corte di legittimità lo scrutinio in ordine alla ricorrenza dei presupposti fattuali per il riconoscimento dell’invocata protezione umanitaria, valutazioni che, peraltro, neanche censurano la ratio decidendi del diniego dell’invocata tutela la quale, oltre a fondarsi sul giudizio di non credibilità del racconto in merito al riferito orientamento sessuale, evidenziano anche l’assenza di ulteriori profili di vulnerabilità allegati dal ricorrente.

Nessuna statuizione è dovuta per le spese del giudizio di legittimità, stante la mancata difesa dell’amministrazione intimata.

Per quanto dovuto a titolo di doppio contributo, si ritiene di aderire all’orientamento già espresso da questa Corte con la sentenza n. 9660-2019.

PQM

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 16 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 giugno 2021

 

 

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